La banana per sua costituzione è un alimento che crea dibattito. No, non diremo che è l’unico frutto dell’amore, ma che Maurizio Cattelan ci ha creato attorno uno dei principali temi artistici di questo tempo sì. Perché il giallo della buccia - Comedian nel nome dell’opera ideata dell’artista padovano ed esposta a Miami - non è solo potassio, ma una provocazione continua. Quindi quando a Roma, su un’impalcatura affacciata sulla Fontana di Trevi, è apparsa una pubblicità della Chiquita in cui la mano di donna, con le unghie rosse, stringe una banana con la scritta “non si scioglie” la pudicizia del Corriere della Sera è emersa senza timidezza.
Ma come alle pendici del secondo monumento più visitato della Capitale, 5 milioni di visitatori all’anno, uno sfregio del genere? «La collocazione della banana gigante», scrive il Corsera, «in un contesto tra i più visitati e instagrammati desta qualche perplessità». Al comitato reprimende non sfugge che «romani e turisti» restano colpiti dal «contenuto allusivo rimarcato con ristatine, ammiccamenti e battute». Ci chiediamo, ma non è che l’allusione è nell’occhio di chi guarda la pubblicità? Perché cosa c’è di morboso in cinque dita che stringono un frutto. Nulla. La scritta che non si scioglie, forse? Nemmeno quello, la campagna vuole indicare come le banane vadano bene per ogni occasione. Altrove leggiamo “non fa briciole”, sui social che possiamo mangiarla in modalità “addentatore”, “schiacciatore”, “inzuppatore” o “affettatore”. Ma non ditelo al quotidiano di via Solferino o lo shadowban per Chiquita è cosa certa.
Il Corriere non vuole darsi pace e investiga sulla concessionaria che ha piazzato lì quel poster. «One», la società in questione, «è attiva sul mercato da 15 anni supportando i brand “nell’ideazione e realizzazione di campagne ed eventi”. Obiettivo: “Stupire, meravigliare e coinvolgere il maggiore numero possibile di persone”». Operazione riuscita possiamo dirlo. Poi nel mirino finisce anche l’iter amministrativo e l’Ufficio affissioni del Campidoglio.
Perché «il Regolamento comunale della pubblicità e delle pubbliche affissioni vieta “l’esposizione pubblicitaria il cui contenuto contenga stereotipi e disparità di genere, veicoli messaggi sessisti, violenti o rappresenti la mercificazione del corpo femminile”». Prendetevi 10 secondi e guardate l’immagine. Non vedrete niente di tutto questo, la buoncostume anche questa volta ha il pomeriggio libero. Le indagini le rimandiamo al prossimo caso.