È una magnifica ossessione, e per guarire, invece del lettino dello studio del dottor Sigmund Freud, è meglio il Senato col ministro degli Interni Matteo Piantedosi. Altro che taccuino e la riservatezza professionale, meglio la massima pubblicità mediatica, perché col buttarla in caciara qualcosa ci esce sempre. È più forte di loro: vedono quello che non c’è e pretendono di convincerne tutti, e quando gli altri non ci credono salgono più in alto per urlare più forte, perché a sinistra qualcuno che ascolta si trova sempre. Il senatore Michele Fina (Pd), già autore di un’interrogazione sull’Operazione Quercia dei paracadutisti tedeschi sul Gran Sasso il 12 settembre 1943 per liberare Mussolini, finita in precipitosa e imbarazzata ritirata (l’interrogazione, non l’operazione), ci riprova in soccorso dei quattro moschettieri del gruppo consiliare di opposizione di Orsogna, Chieti, che da settimane strepitano con la fideistica crociata progressista contro la croce uncinata al Museo della guerra (e dove, se no?). Bandiera esposta sopra cimeli e reperti militari tedeschi.
Bandiera del Terzo Reich, non del Partito nazista: la differenza non è da poco, ma non abbastanza da non far tracimare le onde retorico-ideologiche dei dilettanti della storia su richiami a fascismo e nazismo, ferita ai valori democratici e costituzionali, e altra paccottiglia spacciata per oro zecchino di impegno democratico. La questione, già ampiamente dibattuta in Consiglio comunale, è rientrata nell’armadio delle bagatelle e dei battibecchi politici di provincia, abbastanza stantii e pure patetici. Ma dopo aver pure messo in croce (non necessariamente uncinata) i ricercatori dell’Associazione Erma che hanno fornito i loro reperti storici per poter aprire un museo dedicato alla memoria delle tremende pagine del 1943-1944 - e della battaglia tra paracadutisti tedeschi e fanteria neozelandese che provocò un bagno di sangue e la quasi totale distruzione della cittadina - quattro consiglieri hanno pensato bene di “ricorrere a papà”. Che ha subito spalancato le braccia amorevoli.
Pesaro, il sindaco Pd vieta di giocare a calcio in strada: l'ultima follia progressista
L'ordinanza del sindaco di Pesaro Andrea Biancani ha destato molto clamore. In sostanza il primo cittadino ha vietat...Invece di un saggio tacere una paternalistica ramanzina per aiutarli a crescere politicamente su temi seri, ecco la richiesta al ministro Piantedosi di «chiarire l’accaduto» (ma quale?) e di «ribadire l’impegno dello Stato nella tutela della memoria storica e nella lotta contro ogni forma di apologia del nazifascismo» (e dove sarebbe?). Nel museo di Orsogna ci sono le bandiere delle altre nazioni che combatterono in Abruzzo lungo la Linea Gustav, e sono ovviamente quelle del 1943. Altrimenti non sarebbe storia e occorrerebbe bucare al centro il tricolore perché porta lo scudo dei Savoia e oggi l’Italia è una repubblica. Il vessillo di guerra, che peraltro richiama immediatamente gli orrori del nazismo (altro che apologia!), sarebbe «un’offesa alla memoria del paese», evocando «sdegno e senso d’allarme della cittadinanza». E se un senatore, ligio più alla militanza che a logica e buon senso, ritiene di dover rivolgere un’interrogazione sul nulla al ministro dell’Interno, allora c’è davvero poco da fare. Se una bandiera storica deve essere rimossa da un museo, indichi il senatore Fina dove va allora esposta. E si faccia parte diligente della rimozione di tutte le bandiere con la svastica da tutti i musei sulla seconda guerra mondiale in Europa, a partire dal Memorial in Normandia. Se l’ha visto conosce l’ingresso e sa, se non c’è stato vada e vedrà: o avrà da fare e da dire per qualche secolo, o basterà appena qualche minuto per rivedere le sue ferree convinzioni indotte dagli indignati, sdegnati e offesi a tempo perso al municipio. Quanto a Orsogna e agli orsognesi, non se ne parla neanche al bar. A riprova dell’importanza epocale del tema.