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Ecco come cambia l'articolo 18

Andrea Tempestini
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La riforma del Lavoro procede alla ridistribuzione delle tutele dell'impiego. Tra gli obiettivi del governo, quello di contrastare l'uso improprio degli elementi di flessibilità  relativi a certe tipologie contrattuali e quello di adeguare la disciplina dei licenziamenti collettivi e individuali. Per quel che concerne i licenziamenti individuali, in  particolare, si interviene modificando l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori relativo al reintegro dei licenziati. Nel dettaglio resta inalterata la disciplina relativa ai  licenziamenti discriminatori, si modifica il regime di quelli disciplinari e di quelli economici: le ultime due fattispecie prevedono un regime sanzionatorio differenziato a  seconda della gravità dei casi in cui sia accertata l'illegittimità del licenziamento. Nei casi più gravi si concretizza la reintegrazione, altrimenti è previsto un pagamento di un'indennità risarcitoria. Infine viene reintrodotto uno specifico rito per le controversie giudiziali che riguardano l'impugnativa dei licenziamenti. Segue un analisi caso per caso. LICENZIAMENTI PER MOTIVI DISCIPLINARI Com'era - Si intende licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, fondato sulla violazione di obblighi contrattuali contenuti nel codice disciplinare. Il licenziamento disciplinare è possibile anche in presenza di un illecito penalmente perseguibile compiuto dal lavoratore. Prima della riforma, in caso di annullamento del licenziamento, il giudice disponeva il reintegro sul posto di lavoro. Com'è - Come detto, il licenziamento per motivi disciplinari resta sostanzialmente identico, almeno nei presupposti. La riforma indica che l'accertamento dell'inesistenza del giustificato motivo soggettivo fa scattare comunque la risoluzione del contratto obbligando il datore di lavoro al versamento di una indennità dai 15 ai 24 mesi. Se il giudice, però, accerta che il fatto contestato non è stato commesso dal lavoratore, può disporre il reintegro e l'indennità a favore del lavoratore pari a quanto dovutogli al momento del licenziamento. LICENZIAMENTI PER MOTIVI ECONOMICI Com'era - Presupponeva un giustificato motivo oggettivo, ossia esigenze tecniche, organizzative o produttive che costringono l'impresa alla soppressione di uno o più posti di lavoro entro il limite di quattro unità. Anche in questo circostanza, in caso di annullamento, il giudice dispone il reintegro. Com'è - La riforma muta le conseguenze dell'eventuale annullamento da parte del giudice: l'accertamento dell'inesistenza dei presupposti del licenziamento, infatti, comporta il versamento di un'indennità risarcitoria tra le 15 e le 24 mensilità. E' previsto anche il reintegro in caso di manifesta insussistenza del fatto che ha determinato il licenziamento. LICENZIAMENTI PER MOTIVI DISCRIMINATORI Anche in questo caso le conseguenze restano quelle dell'attuale articolo 18: condanna del datore di lavoro qualunque sia il numero di dipendenti occupati a reintegrare il dipendente al posto del lavoro e a risarcire i danni retributivi - con un minimo di 5 mensilità -, nonchè a versare i contributi previdenziali e assistenziali in misura piena. Il dipendente, inoltre, può chiedere al datore di lavoro, al posto del reintegro, il pagamanto di un'indennità pari a 15 mensilità. La tutela nei confronti del licenziamento discriminatorio resta piena e assoluta.  

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