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Milano, al Qt8 vendere casa è impossibile: tutta colpa di un ex ministro grillino...

Claudia Osmetti
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Più che un vincolo è una paralisi, nel senso che nel quartiere Qt8, periferia nord-ovest, il mercato immobiliare è fermo al palo. «Negli ultimi tre anni ho perso un terzo di potenziali clienti e il valore di vendita degli immobili è crollato del 10%» dice Andrea Turola, mediatore immobiliare con un'agenzia in via Enrico Noe. E chiariamo subito: non c'entra il Covid, non ha nulla a che vedere con la pandemia e dimenticatevi la crisi del mattone (che, per altro, a Milano non c'è mai stata).  

I vincoli urbanistici messi dall'ex ministro Bonisoli, hanno mandato in crisi il mercato immobiliare Il problema, semmai, ha una data ben precisa: il 3 giugno del 2019, quando la direzione generale del Mibac (acronimo che sta per Ministero della cultura e delle belle arti) ha deciso di sottoporre l'intero Qt8 a vincolo di "interesse culturale particolarmente importante". Un bel riconoscimento, messo così. Che rispondeva alla logica di valorizzare un'area simbolo del dopoguerra meneghino. Ma che, adesso, si sta tramutando in un incubo bollato per chi deve vendere (o comprare) casa in zona. A ben vedere, poi, non si salvano nemmeno le donazioni e le successioni. «Il vincolo impone diversi paletti che scoraggiano sia gli acquirenti che i venditori», spiega Turola: «Anzitutto dispone un periodo di prelazione di sessanta giorni nel quale, mentre le parti aspettano il silenzio-assenso dello Stato per completare il passaggio di proprietà, tutto deve rimanere sospeso. Cioè non possono essere versate le caparre e non ci possono essere le consegne anticipate. Questo significa che chi vende un immobile al Qt8 deve aspettare due mesi in più degli altri, ma non tutti possono permetterselo».

Esempio pratico (che più pratico non si può perché è un caso che Turola sta trattando proprio in questi giorni): il signor Mario (il nome è di fantasia) vuole cambiare casa e lasciare i suoi settanta metri quadrati al Qt8 per spostarsi in un appartamento più grande in un'altra zona di Milano. Ha trovato la nuova sistemazione e ha persino qualcuno che vuole comprargli casa. Sembra facile, ma non lo è per niente. Perché il signor Mario deve far coincidere i tempi, deve chiedere ai soggetti coinvolti nella sua trattativa di pazientare per due mesi, perché così gli impone la legge. E d'altronde come potrebbe, adesso, trasferirsi armi e bagagli? Il suo acquirente non lo ha pagato (non può farlo) e lui non può mica andare in albergo per otto settimane. Rischia, nel frattempo, che la casa nuova vada a qualcun altro, che magari ha disponibilità immediata e può pagare sull'unghia. «E' un calvario ed è scoraggiante» sbotta Turola.

Come se non bastasse ci sono i costi del notaio, che crescono anche dell'80% perché col vincolo aumentano pure gli atti da pubblicare: non basta il normale contratto, il rogito e così sia. Macché. Lì serve pure l'atto di azzeramento, che arriva allo scadere dei famosi sessanta giorni che tengono il signor Mario con il cuore in gola: e sono altre spese da mettere in conto, soldi che se ne vanno per bolli e burocrazia. «Non stiamo parlando di un quartiere del centro - continua l'esperto - qui i prezzi al metro quadro vanno da 1.500 a 3.500 euro. Chi abita al Qt8, in massima parte, non ha un reddito alto, è gente a cui una caparra può far comodo, specie di questi tempi».

Per inciso: quel vincolo targato Mibac (quando è stato deciso, il ministro competente era il grillino Alberto Bonisoli) non è mai andato a genio nemmeno a Palazzo Marino che, infatti, ha promosso quasi subito un ricorso al Tar per cambiarne i termini. Dev' essere un vincolo non monumentale, diceva già nel 2019 l'assessore all'Urbanistica di Milano, Pierfrancesco Maran, ma paesaggistico, altrimenti ci saranno anche «criticità per gli interventi nella manutenzione di strade ed edifici pubblici». «Ancora non si è sbloccato nulla su quel fronte - chiosa Turola - ed è un peccato, perché sarebbe una soluzione accettabile. Il vincolo paesaggistico è molto meno invasivo».

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