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Carlo De Benedetti, "far fuori Salvini per far cadere il governo": il suo piano

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Silurare Matteo Salvini per far cadere il governo di Giorgia Meloni. La strada l'ha già tracciata, Carlo De Benedetti, e passa dall'appoggio del Pd alla candidatura di Letizia Moratti a governatore della Lombardia contro il leghista Attilio Fontana. "Sono sicuro - spiega l'ex editore di Repubblica, oggi papà di Domani, in una intervista al Corriere della Sera - che un candidato del Pd non vincerebbe mai. Mentre contro Fontana la Moratti può farcela. Se il Pd l'appoggiasse, secondo me ce la farebbe".

 

 

 



Gran stratega, pragmatico ben oltre il limite del cinismo, l'Ingegnere riconosce alla ex sindaca di Milano, storicamente vicina a Silvio Berlusconi ma anche al mondo dell'ex Alleanza nazionale, "professionalità, capacità, onestà, passione, ambizione: tutte qualità. Il Pd in Lombardia non ha mai toccato palla. Ha sempre vinto la Lega. Un candidato del Pd in Lombardia non vincerà mai. Saggiamente Cottarelli ha rifiutato. L'altra volta ho sostenuto Gori, anche finanziariamente: ottima persona, ma la sua corsa è stata un disastro. La Moratti - prosegue De Benedetti - ha avviato una profonda revisione del suo passato berlusconiano. Oggi non c'è più il centrodestra; c'è una destra dura, anti-europea, di matrice post-fascista". Scegliendo l'ex sindaco di Milano, in molti nel Pd straccerebbero la tessera. "Perché non l'hanno fatto quando il loro partito governava con Salvini? E ora fanno gli schizzinosi? Come mai questo pudore improvviso?", domanda polemicamente l'editore. "Dopo la rotta del 25 settembre, ora la sinistra deve tornare a vincere. Per farlo servono coalizioni elettorali, che non sono necessariamente coalizione politiche. Lo scopo tattico di un partito all'opposizione è mettere in difficoltà il governo. E la Lombardia è una partita decisiva", perché "se Salvini perde la Lombardia, cade. E se cade Salvini, cade il governo". 

 

 

 

 

Resta il giudizio drastico di De Benedetti su chi questa spregiudicata manovra politica dovrebbe portarla a compimento, Enrico Letta. "Le democrazie moderne sono minate da due mali che le divorano da dentro: le crescenti disuguaglianze e la distruzione del Pianeta. Un partito progressista che non mette in cima al suo programma questi due punti non serve a niente, e infatti fa la fine del Pd; che ha conquistato la borghesia e ha perso il popolo". "Purtroppo queste non sono parole, sono fatti: con qualche eccezione, il Pd è un partito di baroni imbullonati da dieci anni al governo senza aver mai vinto un'elezione. La segreteria Letta è stata un disastro, perché in campagna elettorale non ha saputo indicare una sola ragione per cui si dovesse votare il Pd, ma solo ragioni per non votare gli altri. Per la sua arroganza e supponenza il Pd ha corso da solo e ha determinato la vittoria della destra, che alla luce dei risultati non era affatto scontata".

 

 

 

 

 

"Escludere a priori un accordo con i 5 Stelle - conclude De Benedetti - è stata una prova di arroganza, oltre che una stupidaggine". E nemmeno i possibili eredi di Letta, da Dario Nardella a Stefano Bonaccini o Elly Schlein, "mi sembrano in grado di scongiurare la morte progressiva del Pd".

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