Vittorio Feltri: la manina o è un giallo o una barzelletta. Di Maio e Salvini parlano tanto ma combinano poco
Un po' di sano realismo per capire la situazione politica. Premessa. La Borsa regge, lo spread tutto sommato si mantiene a livelli accettabili e altri indicatori economici e finanziari non sono negativi. Cosa vuol dire? I mercati e gli stessi cittadini, nonostante le sparate del governo (specialmente della massiccia parte grillina), non tremano di paura davanti a certe follie imbarazzanti, per esempio quella relativa al reddito di cittadinanza, troppo oneroso per le vuote casse dello Stato. In altre umili parole, pochi di coloro che contano nel Paese credono nella realizzazione dei programmi onirici di Di Maio. Leggi anche: "Fregatevene dello spread". Becchi, perché ci guadagneremo In effetti, il ministro del Lavoro, dopo aver promesso al proprio elettorato mari e monti, ha dovuto rinunciare sia alle spiagge sia alle vette, rimanendo nella più piatta pianura. Voleva chiudere l' Ilva e l' ha obbligatoriamente tenuta aperta; si era impegnato a ostacolare il gasdotto pugliese che, invece, si farà perché indispensabile. Infine si è accorto che il reddito di cittadinanza non si può elargire per mancanza di fondi e ora sta cercando il modo per ridimensionare le somme da distribuire a chi non sgobba. Meglio così. Restano in piedi alcuni interrogativi inquietanti, per esempio il livellamento verso l' alto delle tariffe relative alla responsabilità civile delle assicurazioni. Il quale danneggerebbe gli automobilisti del Nord e agevolerebbe quelli del Sud, dediti all' imbroglio, cioè coloro che simulano incidenti e si fanno rimborsare le spese dalle Compagnie, costrette a pagare danni inesistenti. Per togliere le penalizzazioni ai meridionali, sarebbe necessario aumentare gli oneri a carico dei settentrionali. Se passasse simile assurdo provvedimento, Salvini verrebbe schiacciato dalle proteste dei suoi supporter, e addio primato alle urne europee. Pare evidente che tale schifezza sarà cancellata per mano leghista. Un'ultima questione, le provvidenze ai giornali, quattro soldi in favore della stampa non speculativa, per esempio il quotidiano dei vescovi, l'Avvenire e Libero. Giggino pretende di depennarle forse perché odia la libertà di pensiero, ritenendo il proprio l' unico accettabile. Ignora che in quasi tutte le Nazioni del continente usa sostenere in modesta misura le pubblicazioni che contribuiscono al dibattito politico. Ma non è il punto. È un fatto che l' abolizione delle prebende editoriali non è contemplata nel cosiddetto contratto tra pentastellati e leghisti, per cui ci appelliamo a Salvini affinché si opponga al taglio insensato. Per quanto riguarda la mannaia pronta a colpire le pensioni destinate a chi ha versato i contributi per una vita, occorre affidarsi alla Corte costituzionale. Le leggi retroattive sono illegali. Nonostante ciò, gli italiani, quelli che hanno un peso, non si stracciano le vesti, essendo persuasi che Di Maio e soci, pur essendo sprovveduti, non lo siano completamente. Pertanto si rassegneranno a comportarsi bene, evitando di sfasciare l' esecutivo. Tanto è vero che, almeno finora, non si è registrata la temuta catastrofe. Sperèm. P.s. Per ciò che concerne il decreto fiscale che, secondo Giggino, sarebbe stato truccato da una manina misteriosa, la quale avrebbe introdotto nel testo elementi non concordati dalla maggioranza, non siamo in grado di capire cosa sia successo nelle austere stanze del governo. Due sono le ipotesi: o il ministro del Lavoro è stato imbrogliato o è stato lui a imbrogliare le carte. La seconda mi sembra la più probabile. Ma al di là di questo giallo, che forse è una barzelletta, rimane un problema di difficile soluzione: chi è il più cretino del reame? Un sospetto lo avrei, però non lo svelo perché penso ce l' abbia anche il lettore. In ogni caso il documento in questione, taroccato o no, non è mai arrivato al Quirinale. La comica continua. di Vittorio Feltri