Antonio Socci, il test che umilia Di Maio e Di Battista: la prova, sono analfabeti
Ma davvero i (cosiddetti) populisti grillini e le (cosiddette) élite ora si contrappongono sulla "sgrammatica"? In effetti gli esponenti del M5S fanno spesso a pugni con la lingua italiana, come dimostra un recente intervento alla Camera della deputata grillina Teresa Manzo C' è poi la guerra del congiuntivo. Nei mesi scorsi è stato Luigi Di Maio a scivolare, ripetutamente, sui verbi. Poi Di Battista: «Lei non mi interrompi», «che le banche scrivino le manovre finanziarie», «mi facci finire» (che ricorda il «batti lei» di Fantozzi). Leggi anche: Di Maio asfaltato anche da Trump: il viaggio negli Stati Uniti? Brutta fine Così ieri Aldo Grasso, in un corsivo sulla prima pagina del Corriere della Sera, ha tratto le sue ironiche conclusioni: «Il congiuntivo è solo un modo verbale che appartiene alla cultura radical-chic, un inutile orpello anti-populista? Parrebbe di sì. La sgrammatica (si dice?) produce nuove parole d' ordine contro la perfida élite, insegna a non vergognarsi dell' errore e a prefigurare una vita in brutta copia». Ma siamo proprio sicuri che ci sia una contrapposizione così netta sul congiuntivo tra populisti grillini e radical-chic? In questi giorni, per esempio, è stato il nuovo segretario della Cgil, Maurizio Landini, a Piazzapulita, a far notizia sul congiuntivo: «vadi in qualsiasi posto di lavoro, vadi in un centro commerciale, vadi in un ospedale, vadi in un' azienda vadi...». Era inevitabile che quel «vadi» ricordasse a tutti «Il secondo tragico Fantozzi», la scena in cui la contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare deve varare la nave: «Vadi, contessa, vadi...». Ma Landini è un populista o un radical-chic? E i grillini non sono poi culturalmente di sinistra come i radical-chic? La contrapposizione schematica di Grasso non torna più. Del resto la cronaca non è avara di congiuntivi sbagliati pure da esponenti eccelsi dell' élite. La rete non perdona e conserva le tracce. Qualcuno, implacabile, segnala per esempio il congiuntivo sbagliato da Massimo Cacciari e poi - a ruota - da Massimo Franco in una puntata di Otto e mezzo. C' è cascato anche il premier Conte, che pure è docente universitario e appartiene all' élite («si arricchischino», «non so perché i giornali scrivino»). E ci sono cascati i più veementi polemisti anti populisti, come Giuliano Ferrara che pure accusa i grillini di attentato al congiuntivo («a Roma è in stato patologico un intero progetto antipolitico fondato sul pressapochismo, la demagogia, l' inettitudine, l' obliquità, l' uso sbagliato del congiuntivo»). Come segnalò tempo fa Filippo Facci, una volta, sul Foglio, proprio Ferrara è riuscito a scrivere in poche righe: «Penso che quella è stata ed è una guerra giusta», «Penso che è una benedizione» e un «Penso che la guerra americana non ha decretato il terrorismo». Anche usare il congiuntivo per contrapporre l' Italia colta che ha studiato (radical-chic) all' Italia plebea che non ha studiato (populista) è del tutto sbagliato. Come ricordava Oriana Fallaci, che era molto affezionata al congiuntivo, non c' è un solo contadino toscano che sbagli un congiuntivo, pur avendo appena la quinta elementare (confermo per conoscenza diretta). D' altra parte un libro di qualche tempo fa, "Viva il congiuntivo", sosteneva che spesso certe espressioni verbali che consideriamo sbagliate potrebbero essere accettabili scelte stilistiche che intendono riprodurre la lingua parlata. Citavano frasi di tre scrittori moderni (che direi radical-chic) dai loro libri. Antonio Tabucchi: «entrambi facendo finta che non erano affatto rivali». Sandro Veronesi: «Io dovrei credere che l' unica persona importante nella vita di mio figlio è l' intercettatore delle sue telefonate». E Alessandro Baricco: «tutto è relativo, questo già lo si sapeva, meglio che guardo per terra, meglio che guardo il tubo». Prendete nota: i congiuntivi sbagliati dai radical-chic non sono errori, ma licenze poetiche. di Antonio Socci