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Tra le righe Mauro e Travaglio ammettono che quella contro il Cav è una sentenza politica

Marco Travaglio ed Ezio Mauro

Lucia Esposito
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"Il reato commesso da Berlusconi e sanzionato da tre gradi di giudizio è scomparso nessuno chiede conto all'ex premier del tesoro illegale di 270 milioni di euro costruito a danno della sua azienda e dei piccoli azionisti per giocare sporco nel campo della giustizia, della politica, dell'economia, alterando regole, concorrenza e mercato". Parole del direttore di Repubblica che nell'editoriale che firma oggi, mercoledì 21 agosto dal titolo "Il mondo rovesciato" lamenta il fatto che non si parli del reato ma solo di un possibile salvacondotto, la strada da seguire per rifare agibilità politica al Cavaliere. Mauro sottolinea come la sentenza contro Berlusocni abbia innsescato un dibattito su come trovare "un'uscita di sciurezza dalla condanna definitiva del Cavaliere, piegando il diritto, la separazione dei poteri e la Costituzione, cièoè l'uguaglianza dei cittadini.  E tutto questo con una minaccia quotidiana che dice così: la politica e le istituzioni sono talmente deboli che la disperazione conclusiva di Berlusconi può tenerle prigioniere, piegandole per poi farle sopravvivere deformi per sempre. Napolitano ha già risposto che le sentenze si eseguono". Il concetto del reato di frode fiscale ingoiato dal dibattito sul salvacondotto è stato ribadito più volte da Marco Travaglio nei suoi editoriali-sermoni. Ma la risposta alle osservazioni di Mauro e Travaglio è chiusa tra le righe dei loro stessi  articoli: loro stessi ammettono che non si parla del reato commesso da Berlusconi. Sarà forse perché si tratta di una sentenza politica? Di un giudizio contro il Berlusconi politico? 

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