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"Con la morte di Zuzzurroè morto anche Gaspare"

Gaspare e Zuzzurro

Nino Formicola: "Andrea porta via anche una parte di me. Adesso dovrò ridebuttare a 60 anni. Vi racconto come è nato il commissario: sotto un rubinetto..."

Andrea Tempestini
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Nino Formicola e Andrea Brambilla, Andrea Brambilla e Nino Formicola. Gaspare e Zuzzurro, Zuzzurro e Gaspare. Una cosa unica, un rapporto (professionale e non solo) stretto, un'amicizia lunga 40 anni. I funerali di Andrea Brambilla si svolgeranno questa mattina alle 11 nella chiesa San Vincenzo di via San Calocero, a Milano. Gaspare, prima dell'ultimo saluto, racconta il suo amico. E si racconta. Gaspare, come sta? «Ho il nulla nella testa. È ancora tutto come se Andrea fosse presente, qui con me». È stato con lui fino all'ultimo? «Sì, all'Istituto tumori dove era ricoverato dal 7 ottobre. È difficile spiegare cosa provo. Ero preparato da febbraio, sapevo della situazione. Ma quando succede è tutto diverso. Ti senti nudo». Cosa le resta di questi ultimi giorni di Andrea? «Io credo che sapesse di dover morire, immaginava dove porta un tumore ai polmoni. Ma pensava di avere più tempo. Voleva fare ancora molte cose, non si è mai buttato giù. Anzi...». Dica. «Voleva inserire battute sulla malattia nello spettacolo Non c'è più il futuro di una volta 2.0 che stavamo per mettere in scena, era pronto a sdrammatizzare. Come aveva già fatto dopo l'incidente del 2002 e i tre mesi di coma: siamo tornati in scena con Che botta». Non c'è più il futuro di una volta 2.0 era un lavoro autobiografico. «La storia di due comici che non vuole più nessuno. Fin quando un produttore tv propone di tornare al piccolo schermo. Andrea faceva quello disinteressato, spiegava che non ne vale la pena perché la tv  non fa più cultura, mentre io - il più cretino - facevo quello che spingeva per accettare perché se non appari in video non esisti». Gaspare, perché quello sguardo? «Stamattina quando ho sentito i telegiornali mi è montata addosso una rabbia...». Come mai? «Ci hanno descritti come miti della comicità che hanno segnato il mondo, come fenomeni. Ma tutta questa gente dove era prima, quando siamo stati isolati? I comici devono morire perché ci si renda conto di cosa siano stati?». Ne parlavate tra di voi dell'emarginazione dalla tv? «No. Non abbiamo mai guardato il passato. Non ci siamo mai sentiti dei divi. La tv non ci voleva? Chissenefrega. Siamo tornati al teatro, casa nostra». Dove avete iniziato. Gaspare, noi invece torniamo indietro al vostro incontro. «Primi anni '70, Andrea fa il comico e io sono spettatore. Ci conosciamo e iniziamo a collaborare come autori». Feeling immediato? «Siamo come il bianco e il nero, il dolce e salato. Opposti. Ma le nostre idee vanno subito d'accordo. E sarà sempre così». Come nasce il Commissario Zuzzurro? «Nel '75 scriviamo insieme la parodia di un giallo: Mistero e foglie di spinaci. Andrea fa il commissario, io copro cinque ruoli diversi. Poi fondiamo il gruppo “La compagnia della Forca” con Columbro e Barbara Marciano. Facciamo un provino per la trasmissione tv Non stop e ci trovano interessanti, ma vogliono solo il commissario. Columbro e la Marciano si tolgono, Andrea insiste per farmi fare qualcosa». E nasce il duo. «Roma, luglio 1978 in pieni giorni dei mondiali di calcio, siamo al  “Cabaret Bach”  e ci dicono che verrà a vederci Bruno Voglino della Rai. Riempiamo la sala di amici, fa un caldo bestiale e io bagno i capelli sotto il rubinetto, che si appiccicano come fossero incollati. Andrea per ridere si tira su i suoi. Lo sketch funziona». Presi. «Ma non ho un nome d'arte. Allora Andrea chiede al proprietario del locale: “Tu come ti chiami?”. “Gaspare”. E Voglino sulla scheda Rai scrive: Gaspare e Zuzzurro». Coppia fenomenale e una gag storica: «Ce l'ho qui la brioche». «Sempre odiato i tormentoni, infatti l'abbiamo detta poche volte». Da dove viene? «Da una mia cazzata. Diretta ad Antenna 3 in cui giochiamo con gli oggetti davanti a 1500 spettatori. Mi accorgo di averne dimenticato uno nei camerini e mollo Andrea da solo davanti al pubblico. Non sa che dire e allora improvvisa una telefonata ricordando quando la mamma prima di andare a scuola gli faceva una testa così chiedendo: “Hai preso tutto?”. E se ne esce con: “Ce l'ho qui la brioche!”. Il pubblico ride, il regista Recchia si esalta: “Funziona!”. E l'anno dopo ci convincerà a usarla anche a Drive In». Altro vostro successo storico è Emilio. «Modo nuovo di fare la tv. Sono gli anni delle idee e di Berlusconi che dà fiducia. Proponiamo Emilio e il Cavaliere è perplesso per il cast da follia: la Cenci, Orlando, Pistarino, Gnocchi, Faletti, Teocoli. Ma ci dice: “Se siete convinti, fatelo”». Ed è boom. «Ma ogni domenica sera Berlusconi chiama Andrea e gli dice: “La Cenci è brava, ma non riusciamo ad affiancarle qualche altra ragazza?” Capito? Voleva più donne». Avevate un buon rapporto con Berlusconi? «Ottimo. Quando è entrato in politica noi siamo usciti dalla tv...». Voi siete stati sempre maestri di improvvisazione. «Andrea in questo era bravissimo. Lo lasciavi solo davanti a una platea e tornavi che tutti ridevano. Abbiamo fatto uno spettacolo in cui all'inizio la gente proponeva argomenti. E improvvisavamo inventando uno storia. Ma quella volta al Ciak...». Cioè? «Sul più bello va via la luce in tutto il teatro. Black out. Noi facciamo finta di niente e continuiamo al buio facendo credere che sia nel copione. E quando, dopo mezzora, confessiamo la verità nessuno ci crede». Già, il teatro. Sul palco avete avuto una carriera strepitosa. «Che molti hanno nascosto. Pochi sanno, per esempio, che Neil Simon è venuto dagli Usa per conoscerci o che nel '97 abbiamo incassato 6 miliardi con Rumori fuori scena di Michael Frayn». Gaspare, chiuda gli occhi e pensi a un Zuzzurro felice. «In Friuli, a mangiare e bere. Era grande appassionato di vino bianco e  whisky». Cosa le manca di lui? «Tutto. Ha iniziato a mancarmi quando, quel pomeriggio dello scorso febbraio, ho saputo della diagnosi. Quella sera abbiamo recitato insieme: io sapevo, lui no». Cosa farà ora Nino Formicola? «Zuzzurro e Gaspare da adesso non ci sono più. Mai più. E io dovrò reinventarmi, dovrò debuttare a 60 anni. E il primo lavoro lo inizierò cantando I'm an absolut beginner di David Bowie». intervista di Alessandro Dell'Orto

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