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Vittorio Feltri contro Andrea Scanzi: o "L'ultima volta che ho fatto sesso? Con la suora di sua zia"

Caterina Spinelli
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Premessa. Le beghe tra giornalisti non hanno nulla di interessante. Titillano il capezzolo, la testa è troppo, sono degli idioti che si beccano tra loro per credere di esistere. Stavolta tocca però rendere noto ai lettori di Libero qualcosa che vi riguarda direttamente. Tale Andrea Scanzi, che forse avrete notato tirare peti verbali accolti festosamente dalle moine ricciolute di Lilli Gruber, ha inondato di insulti e di falsità il foglio per cui versate quotidianamente l' obolo di un euro e mezzo e soprattutto tempo e fiducia. Tutte e tre merci preziosissime, che mi commuove sapere da voi riservate al lavoro di questa compagnia di asini che mi onoro di guidare insieme con Pietro Senaldi. Mi preme dirvi: mesciamo per voi vino sincero, se talvolta sa di tappo, è colpa mia. Le critiche sono bene accette, perfino le più aspre. Tuttavia chi ci accusa di adulterare il prodotto, avvelenandovi e aggirando la vostra buona fede, non ha il diritto di filarsene via come un verme sul web tra gli applausi dei suoi simili. In Tribunale c' è posto. Premessa finita. L' altro ieri Andrea Scanzi ha vomitato menzogne mal scritte su Il Fatto Quotidiano a proposito di Libero e dei suoi cronisti. Recita testualmente Scanzi che «(Feltri) con una mano sdraia l' ultimo gin e con l' altra butta là l' ennesimo scritto a casaccio per poi dar la colpa al Senaldi. Vittorio fa la cazzata e i ceffoni li prende Senaldi». Lo userei come «foglia di fico»: cioè, per vigliaccheria, lo costringerei a firmare miei articoli, così da preservarmi intatto da attacchi e critiche. È una bugia fattuale e uno sfregio morale: i pezzi di Senaldi sono inconfondibili, scrive troppo meglio di me. E non creda lo gnomo di poter dribblare e farsi scusare con il pretesto che la sua sarebbe satira. Satira un par di balle. Questa sì che è viltà. Mascherare livore e fake news dietro un vocabolario che manipola e degrada lo stile di Marco Travaglio, per cavarsela in Tribunale. Il tema che ha dato pretesto alla balla di questo gigione da tastiera è stato la polemica sulle virtù amatorie di Nilde Iotti, adombrate con allegria da Giorgio Carbone nonostante si fosse sorbito l' omonimo pippone sceneggiato della Rai. Carbone è un signore che da cinquant' anni fornisce recensioni inappuntabili e di competente finezza. L' ho voluto con me, avendone saggiato nei decenni la prosa. Senaldi ed io ci vantiamo di averne ospitato lo scritto, in realtà pregevolissimo, e vituperato dalle code di paglia perché ha osato accostare un mostro sacro a virtù apprezzate non solo dai proletari. Orrore. Tabù infranto? Arriva Scanzi con lo scotch. Finché se la prende con me, uno magari soprassiede. Invece costui tira acido in faccia pure ai colleghi di Libero convinto di potersi nascondere tra le gambe di Travaglio e di qualche giudice. Li squalifica professionalmente chiamandoli «giornalisti» dove le virgolette funzionano come una negazione. Li deforma fisicamente, giudicandoli di «fattezze sghembe» tali per cui «l' ultima volta che hanno fatto sesso è forse coincisa con la conferenza di Jalta». Se si riferisce a me, confermo: esatto. Ed è stato con sua zia suora. Ma la prossima sarà con lui, se ho capito bene, frequentando amorevolmente i grillini, qual è la sua pertinenza preferita. Avendo letto l' articolo di Scanzi troppo tardi, mi ero limitato sul momento ad un tweet: «Risulta che il Fatto Quotidiano abbia perso in ottobre, rispetto allo scorso anno, l' 11 per cento delle copie vendute. Consigliamo a Travaglio: se vuole riguadagnarne altrettante basta che perda il buttafuori Andrea Scanzi». Lo ribadisco sulla carta. Leggi anche: Vittorio Feltri ancora contro Scanzi: "Assomiglia a un testicolo" Ebbene Scanzi, al posto di difendere il Fatto che fa? Il genio della latrina mi chiama Littorio: ha scopiazzato un nomignolo il cui inventore (Marco Travaglio) l' ha mandato in prescrizione da anni, ma forse Scanzi pensa che Bonafede ne consenta il recupero. E fin qui pace, i giochi littoriali li ha vinti anche Giorgio Bocca. Soprattutto si vanta di vendere un sacco di libri più di me. Mi fa piacere. Più ne vende, più accumula denari per arricchirmi. di Vittorio Feltri

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