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Pansa: fa schifo la Casta che ci scava la fossa

Giampaolo Pansa

Il Paese avanza a grandi passi verso un baratro non solo economico, ma morale. E in Parlamento che fanno? Ci danneggiano

Andrea Tempestini
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In questi giorni abbiamo parlato e scritto molto di Nelson Mandela, ma quasi nessuno ha osservato che anche l'Italia avrebbe bisogno di leader politici simili a lui. Credo che lo abbia ricordato soltanto il saggio Romano Prodi, in un'intervista al  Mattino  di Napoli. Mettendo in luce la vera forza di quel grande leader: l'essere un uomo di pace dopo aver combattuto con le armi e aver pagato con quasi trent'anni di carcere il suo desiderio di libertà. Un capo che voleva unire nella concordia il proprio popolo, e non dividerlo.   L'Italia del 2013 non è certo il Sudafrica prima di Mandela, ma sta correndo alla cieca verso un disastro non soltanto economico, ma anche morale. Nessuno è esente da colpe. Però bisogna essere schietti e dire che la responsabilità più pesante spetta ai partiti politici, a tutti i partiti. Abbiamo un disperato bisogno di leader ragionevoli, responsabili, con la testa sul collo, che non puntino a spaccare il paese, che non spingano gli italiani a odiarsi, ma a lavorare insieme. Invece che cosa accade?   Accade che più la crisi politica si aggrava, più la Casta dei partiti fa l'impossibile per scavare la fossa non tanto a se stessa, ma soprattutto a noi. Anche all'ultimo dei tantissimi italiani che non hanno nessun potere, non stanno in Parlamento, non scrivono sui giornali, non vanno mai a concionare alla tivù.  La Casta ha preso di mira milioni di signor Rossi e di signore Bianchi. E ha deciso di rendergli impossibile l'esistenza. Basterebbe questo, per concludere che la maledetta Casta fa schifo. Ecco quello che dovrebbero riconoscere anche i politici per bene. Non mancano di certo, ma vengono risucchiati nel vortice melmoso di un sistema partitico che sembra pronto per la fucilazione alla schiena.   Siamo di fronte a un caos omicida, diventato infernale dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittimo il Porcellum. Lo sapevamo che sarebbe finita così. Tanto è vero che da anni la Casta aveva in progetto un nuova legge elettorale. O mentiva sostenendo di averla, poiché il Porcellum in realtà faceva comodo alle due grandi parrocchie, quella di centrosinistra e quella di centrodestra. Dal momento che entrambe speravano di incassare, con poca fatica, l'enorme premio di maggioranza.  Adesso la cuccagna non è più possibile, ma questo sarebbe il male minore. È facile rimediare con un nuovo sistema elettorale da concordare tra le diverse forze presenti in Parlamento. Anche nell'ultima Repubblica delle Banane sarebbe un lavoro da poco. Siamo di fronte a una legge ordinaria che può essere varata in una settimana, con un voto alla Camera e uno al Senato. Tutto qui. Ma la nostra è ormai una repubblica delle banane marce, e non riesce neppure a risolvere un problemino da niente come questo.  E allora all'italiano qualsiasi non resta che rabbrividire davanti allo spettacolo nauseante che vediamo recitare tutti i giorni. La nuova Forza Italia ha già deciso che sono 148 i deputati di sinistra abusivi, eletti con il premio di maggioranza che la Consulta ha condannato. Il capogruppo di Fi a Montecitorio, Renato Burunetta, si è affrettato a dichiarare che sono tutti decaduti e le loro poltroncine vanno riassegnate  al centrodestra, che così sarebbe risarcito della sconfitta nelle elezioni di febbraio.  Anche il partito di Berlusconi si è sempre guardato dal condannare il Porcellum. Non soltanto perché l'aveva inventato con la complicità della Lega, ma perché sperava di servirsene. Adesso il Cavaliere i suoi cavalierini sembrano diventati l'Armata dei crociati che si avventano con lo spadone contro il drago di quella legge maledetta. Nel frattempo Berlusconi, disarcionato dalla Cassazione, si è costruito un nuovo nemico.  È nientemeno che il presidente della Repubblica. «Napolitano mi odia e congiura contro di me!» strilla il leader di Forza Italia. E non mi stupirei se, a forza di gridarlo, Berlusconi finisca con il convincersi che è vero. Tanto da affiancarsi alla proposta di Beppe Grillo che da un pezzo chiede di mettere sotto accusa il capo dello Stato. Sull'impeachment si è detta subito d'accordo Daniela Santanchè. Confesso che la facevo più furba, la signora.  Anche il Mussolini delle Cinque stelle sta forzando la mano per scavare la fossa a se stesso e, purtroppo, a tutti noi. La politica italiana ha fatto un altro passo verso il baratro grazie alla proposta che Grillo ha lanciato ai suoi tifosi: schedare i giornalisti che non sono disposti a cantare le lodi delle Cinque stelle e del suo Leader Maximo.  Scrivo per la carta stampata da più di cinquant'anni e ho imparato che noi pennivendoli dobbiamo essere pronti anche a prenderci i pomodori in faccia. Pure io ne ho ricevuti molti, per gli articoli e i libri che ho scritto. E tanti mi sono arrivati dall'Unità, la testata della collega messa sotto torchio dal blog grillesco. Ma la mossa di Grillo mi sembra ripugnante: una schedatura da stato di polizia, con tanto di foto segnaletica. Un altro sintomo della malattia mortale che rischia di uccidere la classe dirigente di questo disgraziato paese.  L'Ordine dei giornalisti dovrebbe spedire al supercomando grillista tutte le foto tessera degli iscritti. In questo modo il Duce delle Cinque stelle potrebbe fabbricarsi senza sforzo un suo casellario penale con le facce di chi destinerà alla galera, il giorno che diventerà il Dittatore della Repubblica delle banane marce del tutto.  Ci salveranno le primarie del Pd che iniziano questa mattina? Confesso che ci credo poco. È probabile che a vincere sarà Matteo Renzi. La domanda del giorno è se vincerà poco o tanto. E quanto sarà l'afflusso ai gazebo. Ma a decidere la sorte del Partito democratico non saranno questi dettagli.   Tutto dipende dalla saggezza che il vincitore dimostrerà di avere. Sul conto di Renzi mi sono già espresso: non mi piace e basta. Però i nostri vecchi ci insegnavano che spesso l'incarico fa l'uomo. Nel senso che lo migliora e lo rende adatto al compito. Dunque non resta che aspettare. Sperando di non andare incontro a un'altra sciagura.  Comunque vada, quel che s'intravede del futuro italiano spaventa anche me. Invece non so quanto spaventi i membri della Casta politica. Da un pezzo non guardo più i talk show delle tante emittenti televisive pubbliche e private. Leggo che i loro ascolti vanno in picchiata, come i vecchi Stuka tedeschi nella seconda guerra mondiale. E non capisco perché la Rai, la Sette, Mediaset e soprattutto Sky si ostinino a propinarli al loro pubblico.  È in queste parate a ciclo continuo, dalla mattina alla sera, che la Casta dà il peggio di stessa. Deputati, senatori, capetti di questo o quel partito, piangono di continuo sulle sorti dell'Italia. Urlano che siamo vicini allo sfascio. Spiegano che una crisi si somma a un'altra e poi a un'altra ancora. Ma non c'è nessuno che abbia il coraggio di dire: è anche colpa mia, sono stato un disastro come parlamentare o dirigente di partito, dopo quest'ultimo giro mi ritiro a vita privata, farò l'idraulico, la maestra di scuola, il romanziere, il pappone… L'autocritica è sempre un tabù. Guai a farla. Guai persino a evocarla. Ma prima o poi questa pacchia finirà. Non ricordo chi tanti anni fa abbia ammonito: temete l'ira dei calmi! L'Italia è un paese paziente, un mulo abituato a prendersi randellate e a non ribellarsi mai. Preghiamo il Padreterno che lo conservi così. di Giampaolo Pansa

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