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Otto e Mezzo, Lilli Gruber umilia David Parenzo e Luca Telese: un grosso caso a La7

Gianluca Veneziani
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Se fosse un cartoon, sarebbe Lilli e i due Vagabondi, a caccia disperata di ascolti. La stagione post-agostana di La7 è cominciata con un rimbalzo di audience nella fascia che viene dopo il tiggì della sera. E non si tratta di una coincidenza. Fino al 5 settembre in quel blocco di palinsesto c'era In onda, il programma condotto da Luca Telese e David Parenzo. Dal 7 settembre in quello spazio è tornata invece Lilli Gruber alla guida di Otto e mezzo. Risultato? La rete ha guadagnato l'1,7% di share e circa 500mila spettatori. Nella stagione estiva il programma dei due giornalisti, con sguardo compiaciuto verso il governo giallorosso, ha portato a casa la media imbarazzante del 4,92%, ritrovandosi spesso sotto la soglia del milione di spettatori e con punte al ribasso del 3,6%. 

 

Un tracollo rispetto alla scorsa stagione, quando il programma procedeva col vento in poppa e raggiungeva la media del 6,39%: un punto e mezzo di share dilapidato dall'anno scorso. In onda non è più sulla cresta dell'onda... Viceversa il talk show della Gruber finora ha tenuto una media del 6,65%, con una crescita dello share al 7% di media nella seconda settimana (gli ascolti di quest' ultima sono in linea con quelli del 2019, quando la media era stata del 7,14%). È interessante comprendere le ragioni della débâcle di In onda sia in rapporto all'anno precedente che in confronto al programma della Gruber. È vero, nel 2019 a spingere Telenzo, mostro mitologico nato dalla fusione tra Telese e Parenzo, c'erano stati fattori contingenti, come la crisi di governo in pieno agosto: nei giorni in cui Salvini aveva mandato a ramengo l'esecutivo gialloverde, In onda era diventato un'onda anomala di ascolti, toccando il 10,1% di share e 1 milione e 831mila spettatori subito dopo la resa dei conti in Senato tra Conte e Salvini. 

 

Quest'anno viceversa l'estate del post-lockdown, con la gente desiderosa di uscire dopo essere stata rintanata in casa per mesi, ha indubbiamente penalizzato il programma nel numero complessivo di spettatori. Detto questo, però, è facile ravvisare una ragione di natura politica nel ridursi di In onda a una bonaccia senza sussulti. Con il nuovo esecutivo in carica, Telese e Parenzo sono diventati i migliori cantori delle sorti magnifiche e progressive di Conte & Co., una specie di sostituti di Casalino, portavoce aggiunti del premier, a sua insaputa. Basta vedere l'intervista, a dir poco inginocchiata, fatta a luglio alla Azzolina, con tanto di scenetta imbarazzante di lei accomodata sul banco monoposto e i due a non permettersi di farle una domanda scomoda (di scomodo, in quella puntata, c'era solo il banco a rotelle). 

La verità è che gli spettatori fuggono nel momento in cui vedono un'accondiscendenza tanto indolente al potere, neppure ideologica o figlia di una convinzione profonda, quanto occasionale, animata quasi da pigrizia (non vogliamo pensare si tratti di opportunismo): ci sono questi a comandare, e allora non facciamogli troppo le pulci, è la logica... L'esatto opposto della vecchia idea del giornalista come guardiano del potere. Il tutto per di più accompagnato da un'atmosfera ridanciana, neanche da salotto buono, ma da bar dello sport o da buvette della politica, in cui a ridere però sono soltanto i conduttori. Ben altra tempra, va riconosciuto, è quella della Gruber che continua a ospitare i soliti volti, da Carofiglio a Travaglio, da Severgnini a Cacciari, che imposta l'intera trasmissione come un tre contro uno (l'uno è sempre un malcapitato di centrodestra), e che si atteggia a depositaria di ogni verità politicamente corretta, con tono un tantino saccente. 

Ma nondimeno è una validissima professionista, in grado di fidelizzare lo spettatore e di tenerlo attaccato al video, o perché costui la pensa come lei e se ne fa ammaliare, o al contrario perché non la regge e guarda il programma per incazzarsi. Di certo la Gruber può sperare di trasformare il nome del suo programma, Otto e mezzo, in una promessa di share. Viceversa Telese e Parenzo possono intendere il nome del talk solo come una supplica alla rete. Vi prego, fateci andare ancora... in onda. 

 

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