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Angelo Becciu, Renato Farina: rovinato senza lo straccio di una prova, la conferma otto mesi dopo

Renato Farina
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Mercoledì 9 giugno 2021, data storica, da segnarsi, a 150 anni da Roma capitale d'Italia, c'è stata una manovra congiunta della guardia pontificia e dei militari italiani in Italia. Non era mai successo, di certo non dopo la Breccia di Porta Pia. Rispetto ad allora mancavano gli zuavi, perché il loro glorioso corpo è stato sciolto, così come i bersaglieri con le loro piume di gallo cedrone. Mentre nelle rispettive tombe si rivoltavano Pio IX e Giuseppe Garibaldi, uniti per la prima volta da sentimenti comuni, sono arrivati in Sardegna in sette, quattro fiamme gialle e tre papalini, per un blitz che sarebbe dovuto essere rapido e silenzioso. Ma con la solita riservatezza quest' atto coperto da segreto istruttorio è finito istantaneamente a scelti cronisti romani di giudiziaria. In particolare la più pronta a riferire la notizia è stata Adnkronos. E si è capito chi era il bersaglio dell'operazione multinazionale o se vogliamo ecumenica: il cardinale Angelo Becciu, che ha appreso a mezzo stampa di essere ufficialmente indagato «per più ipotesi di peculato, commesse in qualità di pubblico ufficiale vaticano, attraverso il trasferimento di fondi pubblici vaticani alla cooperativa sociale a responsabili tà limitata Spes» gestita dal fratello Antonino a Ozieri, diecimila abitanti, provincia di Sassari. Nonostante sin dal 24 settembre scorso, il vescovo monsignor Corrado Melis avesse messo a disposizione tutte le carte ai superiori, senza riceverne alcuna richiesta informale o formale, ieri gli ufficiali di polizia giudiziaria dei due Stati si sono presentati nella sede episcopale, sequestrando il sequestrabile, qualsiasi nota e noterella tra il 2011 e il 2021. Anche alla Caritas.

 

 

Già che c'erano - non si sa se la guardia pontificia o quella di finanza - hanno interrogato due fedeli che stavano pregando in chiesa. Mi scuso, se nella mia prosa si percepisce una colonna sonora da operetta balcanica, perché in realtà qui dentro si consuma la tragedia di una persona che può essere simpatica o antipatica, ma di certo ha subìto e sta ancora subendo un trattamento che nulla ha che fare con i principi giuridici standard che dovrebbero correre in Europa. Qui si parla ovviamente di Angelo Becciu. Rivediamo un poco la vicenda, che i nostri lettori conoscono bene essendo stata oggetto di una inchiesta di Vittorio Feltri.

L'ATTO DI ACCUSA
Il 24 settembre 2020 l'allora ministro per le Cause dei Santi si reca da Francesco per una tranquilla udienza di tabella (così si dice in Vaticano). Entra alle 18 e 02 nello studio del Papa. In 22 minuti il Pontefice gli rovescia addosso le cateratte dello Stige. L'accusa è quella che ha sul tavolo: una copia dell'Espresso secondo cui esistono documenti inoppugnabili che documentano lo schifo di denaro destinato ai poveri e invece usato dal cardinale sardo, in precedenza sostituto alla Segreteria di Stato (numero 3 ma in realtà collaboratore più stretto del numero 1), per arricchire i fratelli. Becciu viene destituito da ogni incarico, Bergoglio gli lascia la porpora, ma per così dire la devitalizza come un dente cariato: non potrà accedere al conclave né ai raduni dei cardinali, i concistori. Insomma: un cardinale allo stato vegetale, un uomo deprivato della sua reputazione dall'autorità morale più al tache esista. Nessuna difesa possibile. Nessuna comunicazione ufficiale di inchiesta da parte dei promotori di giustizia (leggi pm) vaticani. Essendo state le accuse anticipate dall'Espresso, l'avvocato Natale Calli pari ha proceduto in sede civile, contestando il reato di diffamazione per conto del piccolo prete di Ozieri, con puntuale risposta ai supposti illeciti.

 

 

Centomila euro erano stati assegnati, stante le prerogative del suo ufficio e la caratteristica dell'Obolo di San Pietro, alla Caritas di Ozieri, e i denari erano ancora nelle mani del vescovo. Come non detto. Dopo otto mesi vissuti a bagnomaria nell'acido muriatico della globalizzazione mediatica, con il sollievo solitario il giovedì santo di una visita carica di affetto di Francesco, Becciu attendeva qualcosa, un proscioglimento formale, oppure un'accusa chiara. Senza accusa non ci si può difendere, ma si muore soffocati dalle dicerie pretesche che sono le peggiori. Tanto condannate in altissimis quanto di fatto favorite dall'apparato lumachesco. Il solito Espresso aveva scritto il 2 marzo 2021 che «si stanno per chiudere le indagini sul cardinale Angelo Becciu» e il 25 maggio che esse erano «al giro di boa», che è pure il nome di un serpente. Ed ecco le perquisizioni. E involontariamente le carte uscite dal segreto istruttorio rivelano il fiasco. Non avevano e non hanno prove. Le cercano adesso disperatamente. Lo ammettono candidamente: ci è necessario recuperare «tutta la documentazione contabile e fiscale (...), essendo l'esame di tale documentazione indispensabile per la dimostrazione della sussistenza delle ipotesi di distrazione di fondi pubblici per le quali Becciu è attualmente indagato». Estraggo due parole: «Documentazione indispensabile». Cioè: ipotesi, sospetti. Dopo otto mesi cercano le prove. È una confessione. Quello che ha indotto il Papa alla defenestrazione seduta stante con annesso sput***to galattico, in realtà è un castello costruito sulla sabbia, un tipo di costruzione su cui a quanto pare Gesù Cristo ha avuto a suo tempo parole piuttosto definitive. 

 

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