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Marco Travaglio sul "Fatto" nasconde gli stipendi d'oro M5s? Ecco le cifre, che disastro per Giuseppe Conte

Marco Travaglio

Tommaso Montesano
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Il boccone era troppo ghiotto: Renato Brunetta. Per i motivi più svariati: la provenienza politica (l'odiata Forza Italia di Silvio (Berlusconi); l'essere ministro (e tra i più apprezzati) nel governo di Mario Draghi che ha spazzato via quello dell'amato Giuseppe Conte; l'occupare la scrivania di Palazzo Vidoni, dove prima sedeva la grillina Fabiana Dadone. Così Il Fatto Quotidiano, ieri mattina, ha sparato in prima pagina una delle notizie delle sue. Filone: la "lotta alla casta". Il titolo in prima pagina è accattivante: «Paga doppia per la Panucci, braccio destro di Brunetta». Sottinteso: proprio lui, Brunetta, fustigatore dei vizi altrui, è di manica larga col cedolino del suo capo di gabinetto, ex direttore generale di Confindustria. Da pagina uno si passa a pagina sette. Titolo: «Brunetta, tesoro: Panucci si raddoppialo stipendio». Quindi, nell'articolo, i dettagli: ad agosto, l'indennità di diretta collaborazione di Panucci è passata da 68mila a 124.400 euro. Da sommare ai 75.600 euro previsti a titolo di trattamento economico fondamentale (cifre lorde). «In un sol colpo, il suo compenso complessivo si è attestato a quota 200mila euro rispetto ai 145mila pattuiti a inizio dell'incarico, che pure non eran spicci», chiosa il quotidiano diretto da Marco Travaglio.

 

 

 



Insomma, «a Palazzo Vidoni è scoppiata un'altra grana», laddove la prima sarebbe la nomina, poi saltata per il passo indietro del diretto interessato, di Renato Farina come consulente del ministro. Fatto sta che di «grana» non si tratta. Anzi, a guardare i compensi - presenti e passati degli altri capi di gabinetto (sia del governo Draghi, sia del governo Conte bis), siamo in presenza piuttosto di «tanto rumore per nulla», come fanno notare da Palazzo Vidoni: «Ogni pretesto è buono per portare avanti la crociata» contro un ministro che agli occhi del Fatto ce l'ha proprio tutte. Non ultima quella di essere in qualità di ministro più anziano- il "supplente" del presidente del Consiglio, Mario Draghi, qualora l'ex governatore della Bce salisse al Colle dopo Sergio Mattarella. Altro che scoop, ribattono dall'ex ministero della Funzione pubblica. La verità è che i trattamenti economici degli "esterni" alla Pubblica amministrazione, titolari di uffici diretta collaborazione, «sono costruiti progressivamente e allineati a quelli del personale di ruolo di funzione corrispondente (ovvero dirigente generale)».

 

 

 


E qui arrivano in soccorso i dati, reperibili sul sito del governo, sugli altri capi di gabinetto dei ministri senza portafoglio. Tanto per cominciare Stefano Firpo, braccio destro del ministro dell'Innovazione Vittorio Colao, è sui livelli di Panucci. E poi Sebastiano Cardi e Raffaele Piccirillo, rispettivamente capi di gabinetto di Luigi Di Maio (Esteri) e Marta Cartabia (Giustizia), superano di circa 40mila euro annui il compenso di Panucci. Ma non è finita qui: il predecessore dell'ex direttore generale di Confindustria, ovvero l'ex capo di gabinetto della grillina Fabiana Dadone, Guido Carpani, guadagnava 35.730,36 euro in più di Panucci. Peccato che non si ricordino paginate dal Fatto Quotidiano

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