Awanagana, "da mito dei dj a ministro dei Templari": le confessioni dell'"amico del principe Alberto"
«Mi son deciso, pensando di fare cosa gradita, a precisare una cosa perché ho visto che il mio nome e la mia immagine viene utilizzata in fantasiosi modi. Ben venga se il mio nome è utilizzato da associzioni sportive piuttosto che per canzoni, ma voglio che sia chiaro che mi dissocio fermamente da tutti quelli che mi usano per fini sessuali, o forum ambigui e via dicendo. Credo che questa mia dichiarazione fosse necessaria. Grazie». Questa dichiarazione è fatta in apertura del sito di Awanagana, noto musicista e conduttore radiofonico di Radio Montecarlo. Per «ragazzi come me», classe 1964, la voce e la compagnia di Awanagana, così come di altri epici conduttori come Leopardo o Federico l'olandese volante, fanno parte di una gioventù felice ed in qualche modo epica in cui la radio rappresentava un momento di vera libertà artistica. Maurizio Costanzo ha detto: «La televisione, come diceva Mc Luhan, non è figlia dell'immagine ma della parola, è figlia... della radio. Quando è arrivata la televisione tutti hanno detto: per la radio è finita! Non è stato così. La radio, qualunque cosa accada, cela farà sempre. Pubblica o privata ma principalmente privata, la radio ha una grande funzione di informazione e intrattenimento e permette di arrivare facilmente a un pubblico, come quello giovanile, altrimenti irraggiungibile». Così anche oggi, tra le mille trasformazioni della società, la radio rimane uno strumento fondamentale per informare e intrattenere.
Awanagana, perché questa frase in apertura del tuo sito?
«Perché, a mia insaputa, aprivano birrifici clandestini o attività poco chiare ed addirittura mi hanno riferito di siti porno o di pedofilia. Così ho voluto mettere un punto a tutto questo e dissociarmi in modo evidente».
Ma che significato ha Awanagana?
«Il suo significato sarebbe "auguro a te le cose che io non ho avuto nella vita", è un segno di gentilezza d'animo nei confronti del prossimo ed è uno dei nomi che i miei genitori mi hanno voluto mettere».
Ho sempre pensato che fosse un nome d'arte, invece non è così...
«Il mio nome completo è Antonio Awana-Gana Costantini Picardi, e anche oggi con grande mia soddisfazione c'è gente, molti dei quali ragazzini, che mi riconosce. L'altro giorno, ad esempio, due giovani al supermercato mi hanno fermato gridando "figo Awanagana!", ed io mi sento un po' un highlander, un immortale della musica, perché attraverso davvero tutte le generazioni, dai diciottenni ai settantenni come me».
Da tempo non ti sentiamo in radio: cosa stai facendo?
«Vivo a Monaco, dove ho un bellissimo rapporto con il Principe Alberto, persona davvero molto amabile. Faccio l'animatore in molte serate, suonando e cantando musica jazz».
Quando è nata la tua passione per la musica?
«Sai, sin da piccolo vedevo mio padre, un uomo molto severo ma con spiccate doti artistiche, amare la musica; faceva il commerciante, ma suonava la fisarmonica...».
Che famiglia era la tua?
«La mia famiglia è stata una famiglia fantastica: mio papà era del 1905, mentre la mamma del 1927, e se pensi che io sono del 1949 tra ognuno di noi ci sono ventidue annidi differenza. Era un mondo profondamente diverso e sono stato cresciuto da un padre che chiamavo per nome, Armando, e che solo qualche volta a me dava del tu».
In che senso?
«Se mio padre era in vena di affettuosità mi chiamava dandomi del "tu", altrimenti del "lei", a significare che qualcosa non andava, e anche del "voi", quando proprio non c'era davvero da scherzare».
Ci sono state frasi o momenti che ricordi del rapporto con tuo papà?
«Quando ho iniziato a lavorare e a guadagnare, mi disse: "Sappia che mai nessuno ha portato a casa i soldi", dandomi del lei! Oppure: "Lei non deve niente a nessuno, ma nessuno deve qualcosa a lei". Mio padre mi ha insegnato l'importanza della libertà; ed io sono infatti da sempre un uomo libero e poco gestibile, e questo la mia vita lo racconta in modo inequivocabile».
Quali scelte hai fatto legate alla libertà?
«Nella vita ho sempre amato essere libero e scoprire, senza pregiudizi, la vita. Così a diciotto anni vivevo a Parigi, in pieno Sessantotto. Poi, tornato in Italia, sono passato da essere un giovane anarchico fino a diventare un liberale legato al leader di allora, Malagodi. Finché un giorno uno zio, da parte di mamma, mi iscrisse al GOI (Grande Oriente d'Italia), la più antica e numerosa istituzione massonica in Italia».
E fa ancora parte di qualche loggia massonica?
«Assolutamente no, ne uscii quasi subito, anche se in gergo, non potendo uscire dalla massoneria, dicono che ti sei "messo in sonno"».
Come ti sei iscritto al GOI?
«Un giorno Edgard, fratello di mia mamma e generale di PS, mi disse che l'indomani mi aspettava in caserma. In un batter d'occhio mi trovai iscritto alla massoneria».
E oggi?
«Da anni faccio parte dell'Ordine dei Templari».
Quindi i Templari esistono ancora, Awana?
«Certamente: il mio nome è Fra Antonio AwanaGana Costantini Picardi. Quello dei Templari è un ordine, noi siamo cavalieri Monaco e Monaco cavalieri di origine cistercense sotto la regola di San Bernardo di Chiaravalle, e da Statuto abbiamo la sopravvivenza della umanità, la difesa del Cristianesimo è molto altro. Il nostro obiettivo è dare messaggi positivi e impegnarci nel sociale e in opere umanitarie, la nostra vita improntata a una grande spiritualità».
Difendere il Cristianesimo cosa significa? Rispetto al mondo musulmano, per esempio.
«Uno di Al Qaeda non potrà mai avere i nostri valori. Spesso quando guardiamo ad oriente siamo preoccupati ed io oggi, per l'ordine Templare, sono il ministro degli Esteri della nazione templare».
Addirittura nazione Templare?
«La nazione è stata riconosciuta dall'Onu e adesso stiamo trattando un chilometro quadrato di terreno per costruire lo Stato Templare».
Il tuo mondo professionale è pieno di invidie. Nei tuoi momenti di difficoltà c'è stato qualcuno che ti abbia dato una mano?
«No. Direi nessuno se non Corrado che, dopo il suo incidente in macchina, mi fece condurre, al suo posto, "Rally Canoro", manifestazione musicale fatta nelle piazze d'Italia».
Nella tua carriera di artista qualche incontro che ti ha lasciato il segno?
«Uno su tutti quello con Orson Wells, facevo la comparsa in un suo film. Era un omone grande e grosso che emanava autorevolezza, sempre con il sigaro in bocca. Aveva dato gli ordini per una scena dove dovevamo recitare fino a quando lo diceva lui. Ad un certo punto gridò: "Stop!". Tutti ci fermammo e lui ci rimproverò, ma in realtà chi aveva sbagliato era lui e, con onestà, lo riconobbe; era un uomo molto affabile, durante le pause parlava con tutti e mi disse: "Il lavoro è dignità"».
Quali artisti musicali del passato ricordi?
«Ricordo chi era vero, genuino; gente come Tony Santagata, scomparso pochi giorni fa, e Lino Patruno».
E dei cantanti di oggi chi ti piace ascoltare?
«Perché, ci sono cantanti oggi?».
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