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Dario Fabbri, rivelazione su Putin: "Tradito, ecco chi vincerà la guerra"

Gianluca Veneziani
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Come è possibile che, dopo sei mesi di guerra, nonostante la disparità di forze, Putin stia faticando dannatamente nell'avanzata in Ucraina? Forse la risposta, oltre che nella resistenza militare degli ucraini, va trovata nella popolazione civile, ossia nell'ostilità dei cittadini all'arrivo dei russi, e quindi in un errore strategico da parte di Mosca. Lo Zar credeva di essere accolto come un liberatore. Ha dovuto fare i conti con una realtà molto diversa. Ce lo spiega Dario Fabbri, analista geopolitico, direttore della rivista Domino, edita da Mentana, e già ospite fisso nei primi 100 giorni di guerra del direttore di Tg La7.

Fabbri, chi sta vincendo e chi sta perdendo la guerra?
«Bisogna distinguere i piani. Sul piano tattico i russi stanno vincendo la guerra parzialmente, perché l'obiettivo iniziale era rovesciare il regime a Kiev, intento evidentemente non raggiunto. D'altro canto, una controffensiva di Kiev non si è ancora verificata, e l'Ucraina sta cedendo tre quarti di Donbass e tutto il territorio a nord della Crimea, che rappresenta una buona fetta del Pil nazionale. Ciò ci dà l'idea di come l'Ucraina stia perdendo malamente la guerra, sebbene sia riuscita in alcuni successi tattici. Sul piano strategico, è vero che la Russia sta ottenendo territorio e popolazione russofona e che le sanzioni non le fanno male come immaginiamo. Ma il problema è che Mosca rischia di trovarsi espulsa dal sistema economico occidentale, il che vuol dire fare il socio di minoranza della Cina, un'umiliazione enorme per i russi».

Quali sono stati i principali errori strategici della Russia?
«Il più grave è stato scambiare la condivisione della lingua con un'appartenenza sentimentale. L'Fsb, i segreti esterni russi, avevano fatto valutazioni sbagliate, comunicando al Cremlino che gli ucraini, in quanto russofoni, fossero sentimentalmente legati a Mosca. Questo spiega l'iniziale fallimento che poi ha complicato tutto: se tu invadi un Paese di 40 milioni di persone con 150mila uomini e la popolazione ti è ostile, non c'è possibilità di occupare il territorio».

Quanto potrà durare la resistenza di Kiev?
«Gli ucraini non possono che continuare a combattere finché ce la fanno, sennò dovrebbero cedere ai russi tutto ciò che quelli chiedono. La durata della guerra dipenderà dai russi: nell'ultimo mese le truppe di Mosca sono avanzate di soli 10-12 km. Prima si lanciavano oltre le linee nemiche, ora preferiscono muoversi solo con l'artiglieria, ma ciò rende la loro avanzata più lenta. Comunque, finché i russi sono convinti di potercela fare, Putin andrà avanti perché ha l'esigenza di fornire all'opinione pubblica del suo Paese il raggiungimento dell'obiettivo, cioè la presa di tutto il Donbass».

Come sono cambiati i rapporti tra le grandi potenze?
«La Russia si è indebolita: l'idea di superpotenza militare che aveva coltivato in questi anni è andata perduta, vistala carenza tecnologica delle sue forze armate. Gli Usa hanno visto sì una Nato moribonda riprendere fiato, ma rischiano di affrontare una Cina resa più forte dal fatto di essersi mangiata il meglio della Russia, e cioè gas e grano. La Cina, dal suo canto, studia ciò che accade: ha visto le carenze dei russi e prende appunti, per non ripetere gli Dario Fabbri stessi errori in un futuro scontro con gli Usa. Intanto è felice di vedere la Russia cadere nelle sue braccia e gli Usa distratti sul fronte europeo. Quanto all'Ue, non si può dire se esca rafforzata o meno: è solo un forum dove gli Stati cercano di mediare i loro interessi. Semmai si può parlare dei singoli Paesi: Polonia e Regno Unito si sono rafforzati, ricordando agli americani quanto sia indispensabile il loro ruolo in funzione anti-russa. Ne escono indebolite Italia o Germania che avevano puntato quasi tutto sull'approvvigionamento energetico da Mosca e ora devono reiventare se stesse. La Francia è forse la vera sconfitta: ha sostenuto l'idea che non convenga all'Europa una Russia espulsa dal continente e ha rilanciato il dialogo con Mosca in funzione anti-americana, ma finora è prevalsa la linea dura di Biden. Inoltre Macron era contento che la Nato fosse moribonda, perché ciò voleva dire creare le forze militari europee, comandate dai francesi. Adesso che la Nato torna di moda, per i francesi questo è un tremendo sviluppo».


Questione uccisione di Dugina. Per il Cremlino la responsabile è un'attentatrice ucraina, per gli ucraini potrebbero essere stati i partigiani russi anti-Putin. Qual è la tesi più verosimile?
«È impossibile avere certezza di ciò che è successo. Di sicuro, non è vero che Dugin sia il braccio destro di Putin, anzi i due si disprezzano al punto che lo stesso Dugin, poco tempo prima dell'attentato, aveva scritto che il regime di Putin ha le ore contate. Ho dubbi sulla paternità ucraina dell'attentato perché non mi fido mai quando un'intelligence, come ha fatto quella russa, subito dà la versione ufficiale degli eventi. Non è da escludere, a mio avviso, che responsabile dell'uccisione possa essere una fazione vicina a Putin che ha mandato un avvertimento a una fazione dei servizi vicina a Dugin e ostile al presidente russo. Comunque, l'attentato non è un segnale di chissà quale sommovimento interno. Almeno finchè non perderà malamente la guerra, difficile vedere un piano per destituire Putin. Oggi oltre l'80% della popolazione russa è con lui. Se tu lo fai cadere, come tieni il potere avendola stragrande maggioranza della popolazione contro dite?».

Si parla di influenza russa sul voto italiano. Ci sono riscontri su questo o è solo campagna elettorale?
«Io personalmente non ce li ho, in politica tali accuse volano spesso. Che i russi provino a influenzare il voto è probabile. Ma che ciò diventi una reale influenza è tutto da dimostrare. Spesso sottovalutiamo la libertà dell'elettorato che vota come vuole».

È giusto porre un tetto al prezzo del gas? O la Russia potrebbe non accettare di vendere a quel prezzo?
«La Russia ha bisogno di vendere quanto noi di comprare, quindi si potrebbe avvicinare anche al nostro prezzo. Il punto però è che la Russia può sostenere un mancato introito molto più di quanto noi possiamo sopportare un mancato approvvigionamento di gas. Siamo noi a rischiare un autunno molto freddo. Nell'immediato perciò la Russia sta già vincendo la guerra del gas più di quanto stia vincendo la guerra del fuoco, sul campo. Sul lungo periodo però no, perché Mosca sarà costretta a vendere in gran parte il suo gas alla Cina, mentre noi siamo in grado di diversificare le fonti energetiche».


Sul prossimo numero di Domino si legge però di un'Italia che rinvia colpevolmente le sfide strategiche.
«Sì, e la crisi energetica è solo una. C'è anche quella demografica. Nel 2070 il nostro Paese avrà perso 10-12 milioni di persone e continuerà a invecchiare. E poi c'è il tema del ruolo nel Mediterraneo: l'Italia si sogna mitteleuropea, quando invece dovrebbe trovare una collocazione strategica nel mare nostrum».

I partiti italiani sono attrezzati per affrontare tali sfide?
«Mi piacerebbe pensarlo, ma al momento nel dibattito elettorale questi temi non ci sono».

Tornando alla guerra, continuerà a lungo, ma più bassa intensità?
«È una guerra carsica: può inabissarsi e riemergere tra qualche anno. Anche se si arrivasse a un cessate il fuoco, il rischio che ricominci è più che plausibile».

Qual è l'esito più probabile?
«Che la Russia non riconsegni i territori. Se Mosca si prende tutto il Donbass, potrà dire agli ucraini: sedetevi al tavolo con noi o continuiamo, anche se ciò potrebbe essere solo un bluff».

In caso di sconfitta russa, il regime putiniano potrebbe invece crollare?
«Sì, i russi fanno la rivoluzione non per diritti politici o condizioni economiche, ma quando la popolazione percepisce che il regime si fa umiliare all'estero o perde una guerra. La prima rivoluzione è del 1905, quando tutta la flotta russa venne distrutta dai giapponesi; e anche la rivoluzione del 1917 si scatenò quando la Russia stava per perdere la prima guerra mondiale. In questo caso, se Mosca perdesse il Donbass, la Crimea e vedesse un pezzo del proprio territorio occupato, è verosimile che scoppi una rivoluzione. Putin in primis ne è consapevole».

A lei mancano le maratone pomeridiane con Mentana?
«Con Enrico mi sento molto spesso. Ora è il mio editore...». 

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