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Sergio Marchionne e Biden, "quello che non ha potuto dire da vivo"

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Massimo Gramellini racconta il Sergio Marchionne che nessuno conosceva. O meglio, quel lato che il dirigente della Fiat non ha potuto raccontare. Prima della scomparsa nel 25 luglio 2018, l'ex dirigente sportivo avrebbe voluto trasferirsi in una casa tra le montagne svizzere, dove non c'era campo per i telefonini, e lì avrebbe dettato le sue memorie a un giornalista. A lui - spiega la firma del Corriere della Sera -avrebbe raccontato di suo padre maresciallo dei carabinieri, del nonno materno infoibato e dello zio ucciso dai tedeschi.

 

 

Poi Marchionne avrebbe raccontato, oltre che della sua adolescenza, del suo ingresso in Fiat nel lontano 2004. Un altro capitolo - si legge - "lo avrebbe dedicato alla sua luna di miele con i sindacati, quando con il lancio della nuova 500 e l'acquisto della Chrysler la sua popolarità raggiunse l'apogeo e i torinesi lo applaudivano per la strada". In conclusione del suo libro la crisi finanziaria del 2008, con l'uscita dalla Confindustria, la fine della concertazione e la conseguente perdita di immagine presso le classi popolari. 

 

 

Proprio Gramellini, ricorda, gli fece notare che tutti dopo il libro aspettavano una sua discesa in campo. La risposta? "Quando andai a trovare quel gran signore di Monti a Palazzo Chigi, mi disse che stava tenendo in caldo la poltrona per me... Scherzava, spero. La politica in Italia è troppo complicata e al tempo spesso troppo poco seria". Insomma, Marchionne non sarebbe mai entrato in politica, eccetto in caso di candidatura dell'amico Joe Biden: "Non so se prima o poi si candiderà alla presidenza degli Stati Uniti, anche se suo figlio, in punto di morte, gli ha fatto promettere che lo farà... - disse senza poter sapere che alla fine Biden è diventato addirittura presidente -. Una volta mi ha chiesto se sarei stato disposto a fargli da ministro o da consulente per le attività industriali. Ecco, a Joe non sarei proprio capace di dire di no". 

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