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Giangrande, "una casa adatta a me grazie ai lettori di Libero"

Giuseppe Giangrande

Anna Maria Piacentini
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Era il 28 aprile del 2013 quando due colpi di pistola colpirono Giuseppe Giangrande, inviato di rinforzo a Roma dal Battaglione Carabinieri Toscana per attività di ordine pubblico. A sparare davanti a Palazzo Chigi, Luigi Preiti, condannato in seguito a 16 anni di prigione, mentre Giangrande ricoverato d'urgenza in condizioni molto gravi ha dovuto seguire un lungo periodo di degenza tra la vita e la morte per una lesione della colonna vertebrale e mesi di riabilitazione all'ospedale di Montecatone ad Imola. Grande coraggio ed elevato senso del dovere, si legge durante la cerimonia di consegna di una medaglia d'oro al valor civile, e nell'altra consegnata dalla Croce Rossa Italiana. Collocato in congedo con il grado di Maresciallo a seguito delle gravissime ferite riportate, oggivive su una sedia a rotelle, ma la forza e il coraggio non lo hanno mai abbandonato. La direzione del nostro giornale dopo i tragici fatti aveva fatto un annuncio: «Aiutiamo questo carabiniere». Avevano risposto migliaia di persone donando piccole e grandi somme che sono state consegnate a Giangrande ad Imola. Ora Giuseppe e la figlia Martina vogliono ringraziare la raccolta fatta da Libero: «Finalmente compreremo una casa a misura delle nostre nuove esigenze».

Giangrande, sua figlia in tutti questi anni ha conservato con amore il denaro donato dai lettori di Libero, in attesa che lei potesse riprendere in mano la sua vita.
«Ci è voluto del tempo, sembrava che nulla potesse darmi la forza di ricominciare. Ora stiamo trattando un open space a mia misura è molto grande e mi facilita nei movimenti con la sedia a rotelle, così potrò passare gli ultimi anni della mia vita in tranquillità. Martina non mi lascia mai e ha deciso che se un giorno si sposerà continuerà a vivere insieme a me con la sua nuova famiglia. Sono orgoglioso di lei. E di Libero a cui dobbiamo molto. Quelle pagine scritte sul nostro dramma erano piene di vita. Vorrei ringraziare tutti i lettori anche per l'affetto che mi hanno dato, questo mi ha aiutato molto nei momenti bui delle mie giornate».

Che sono stati tanti...
«Si, è così. Tutto è cominciato quel giorno a Roma. Sono stato sparato, ma ho evitato il peggio, poteva accadere di tutto, anche una strage se la pistola di Preiti non si fosse inceppata. Il vero bersaglio erano i politici, voleva fare un gesto eclatante. Non l'ho fatto passare oltre le transenne e ha premuto il grilletto contro di me».

Perdonerebbe Preiti?
«Assolutamente no! Non si può perdonare un uomo che ha fatto tanto male anche a mia figlia. So che ha scritto un libro... ci vuole coraggio. Chiese il rito abbreviato, gli hanno dato 16 anni e altri 3 di libertà vigilata. Sono cambiati i tempi, ora ci vuole la pena certa e il carcere».

Della sua "vecchia" vita, che cosa le manca di più?
«Il mio lavoro. Ero uno sbarbatello quando sono entrato nell'Arma e non mi sono mai pentito di averlo fatto. Neanche adesso, rifarei tutto. È l'Arma che mi ha cresciuto, ci sono stato 33 anni anche con missioni all'estero».

Un carabiniere deve essere apolitico, però la realtà si guarda, giusto?
«Ed io sono un ottimo osservatore. Ho fatto delle scelte ed è giusto che sia apolitico. Però questo nuovo Governo ha formato una squadra dove non c'è nulla da ridire. riusciranno a mantenere anche i ritmi che si sono prefissi. Qui nessuno racconta barzellette».

Eppure, volevano già attaccare la Meloni...
«Non possono farlo, la Meloni è una che ha fatto la gavetta e per mantenersi agli studi anche i lavori più diversi. Questo significa avere il coraggio delle proprie azioni».

Guardando l'Italia attuale, che cosa la infastidisce?
«Il poco rispetto per un portatore di handicap, mancano le cose basilari, c'è gente a cui non interessa nulla. Una carrozzina non è un bene di lusso, ma una necessità. E non si possono spendere circa tremila euro per poterla usare. Spesso bisogna acquistarla. Questo è un grande problema».

È vero che da lezioni agli studenti?
«Sì, ai ragazzi delle superiori. Insegno come evitare le trappole che possono incontrare in internet, parlo di bullismo, dei pericoli della droga. Purtroppo, molti giovani non sono controllati dai genitori e questo è un grave errore, c'è troppo lassismo».

Giuseppe, cosa farà a Natale?
«Il direttore d'orchestra, ma in cucina. Dirigo i lavori per la cena del 24. Ci sarà anche mia sorella ad aiutare Martina. E gli amici di sempre. Approfitto per augurare un felice Natale a. Direttori e ai lettori di Libero. Ed un Nuovo Anno felice. I sogni possono sempre avverarsi. Per tutti».

E poi c'è lei, Matina. La figlia di Giusepope Giangrande. Bella, intelligente, piena d'amore per il padre. Poteva fare qualunque cosa, ma ha scelto di dedicare tutta sé stessa ad aiutare il padre, di cui va fiera. Senza la sua forza, oggi nulla sarebbe così perfetto.
Martina, ci siamo: casa nuova, vita nuova...
«Sono davvero felice. Porterò con me tutti ricordi, le foto i passaggi della nostra vita. E non accetterò compromessi».

In che senso?
«Chi in futuro vorrà me come moglie dovrà prendere tutto il pacchetto compreso papà. Vivremo insieme, sempre. Ora è più rilassato e apparentemente pronto a tornare sotto i ferri. Si dovrà operare ai muscoli delle braccia per poter muovere le mani. C'è anche la scelta della casa nuova che deve essere grande, ma con gli 4,4 aiuti che ci ha dato Libero tutto sembra più facile. Non finirò mai di ringraziare il tuo giornale».

È vero che Preiti ha avuto il coraggio di scrivere un libro sull'accaduto?
«Sì e me lo ha fatto inviare, ma non l'ho letto, non mi interessa. Ho fatto tanti sacrifici per vedere sorridere ancora mio padre. Gli ultimi anni sono passati tra rianimazioni, tracheotomia, riabilitazione e sofferenze. È stata una battaglia. Non riuscirà più a camminare: come si dimentica e come si perdona?

Ora sei fidanzata?
«No, ho tante amiche. Insieme formiamo un gruppo di ragazze omogeneo a cui non interessa fare le fidanzate, siamo sole ma vogliamo essere rispettate come donne. Però so cosa vorrei dalla vita».

Per esempio?
«Un mondo più colorato. Infatti, con il tempo che in passato mi è rimasto a disposizione mi sono messa a studiare. Mi è sempre piaciuto lo sport, ho investito in vari e selezionati corsi, ed ho superato gli esami per diventare personal trainer con qualifica internazionale. Inizierò a lavorare nel Nuovo Anno, senza rinunciare alle mie responsabilità».

Cosa sogna Martina?
«Sono figlia di un carabiniere, ho vissuto molti drammi nella mia vita, anche la perdita della mamma. Vivo con coraggio e determinazione ogni momento. Non è facile, ma devo farcela. Per il futuro? Sogno una famiglia felice. Arriva il Natale e l'augurio più grande va ai lettori di Libero e a mio padre, che non lascerò mai!».

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