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Padre Georg, l'anti-Papa: il suo vero piano, terremoto in Vaticano

Francesco Capozza
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Sconcerto, imbarazzo, incredulità, rabbia. Sono i sentimenti che dilagano, in un crescendo d'intensità insospettabile per certi ambienti, nel quartier generale di Santa Marta, l'hotel-residenza dove il Papa argentino ha deciso di risiedere fin dall'inizio del pontificato, nella primavera del 2013. Quella palazzina, ristrutturata da Giovanni Paolo II per accogliere più comodamente i cardinali durante la Sede Vacante e i Conclavi, è stata per dieci anni- fino alla morte di Benedetto XVI avvenuta lo scorso 31 dicembre - contrapposta (soprattutto da chi ha voluto raffigurare la Chiesa guidata da due Papi contemporaneamente) all'altro edificio dai toni tenui all'interno del recinto vaticano: il Monastero Mater Ecclesiae, luogo ove il Papa emerito e il suo fedele collaboratore di sempre, Mons. Georg Gänswein, hanno alloggiato in religioso silenzio.


SILENZIO INTERROTTO
Un silenzio ora bruscamente interrotto dalle numerose interviste, dichiarazioni alla stampa italiana ed estera e dalla pubblicazione dei primi stralci del libro di padre Georg in uscita il 12 gennaio dal titolo inquietante: "Nient' altro che la verità". Una verità che di ora in ora si preannuncia più scomoda per il pontefice regnante e per la sua cerchia. Come quella, riportata nel tempestoso volume in uscita, secondo cui Ratzinger avrebbe ordinato al suo segretario di distruggere «tutti i fogli privati, di ogni tipo e senza eccezione, né scappatoie» non appena avesse chiuso gli occhi per sempre.

Cosa ci sia in quelle carte evidentemente così scottanti non è dato sapere, ma c'è chi, Oltretevere, abbozza qualche ipotesi, come un cardinale che, pur volendo rimanere nell'anonimato, ci confida: «Sicuramente correzioni dottrinali, sotto forma di appunti, a tante decisioni prese da Bergoglio e a dir poco inopportune». Di certo «nulla sul caso Orlandi, Benedetto XVI non aveva niente da nascondere su questo».

 

 

FOGLIO DI VIA
Man mano che le agenzie di stampa e alcuni quotidiani rilanciano brani, virgolettati e confessioni dell'uomo che per trent' anni è stato l'ombra del papa tedesco, la temperatura all'interno del fortino di Santa Marta si innalza vertiginosamente. E anche sulla stessa Santa Marta Gänswein ha voluto dire la sua, dedicando nel suo libro ampi retroscena a quei giorni del 2013, quando Bergoglio decise di non prendere possesso dell'appartamento papale di rappresentanza al terzo piano del Palazzo Apostolico, dove tutti i suoi predecessori, prima e dopo la parentesi ottocentesca al Quirinale, hanno abitato. «Rimasi scioccato dalla decisione di Francesco di non risiedere nell'appartamento pontificio», soprattutto perché, afferma Gänswein, «i pellegrini erano rincuorati nel vedere le finestre del Papa illuminate fino a tarda sera, creava conforto spirituale».

D'altronde, affonda padre Georg, «il numero stanze adibite alla persona del Pontefice è lo stesso che Bergoglio ha a disposizione a Santa Marta», in pratica smontando la tesi secondo la quale Francesco si sarebbe sentito annichilito dall'enormità e dalla solennità di quegli ambienti. Proprio all'interno del Palazzo Apostolico Mons. Gänswein dispone ancora di un suo appartamento in qualità di prefetto della Casa pontificia seppur «dimezzato», come ha scritto egli stesso nel solito volume in uscita e come già Libero aveva rivelato due giorni fa. Nonostante abitasse da anni nel Monastero al fianco di Benedetto, fino ad oggi ha avuto nella sua disponibilità anche un alloggio di rappresentanza ma ora, dopo tutti questi attacchi a viso aperto a Bergoglio, c'è chi è pronto a scommettere che «sarà interdetto da entrambi i luoghi, credo sia pronto per lui un vero e proprio foglio di via».

 

 

Quando Francesco prenderà, se la prenderà, una decisione definitiva sull'eventuale ricollocazione di padre Georg non è assolutamente prevedibile, di sicuro non sono passate inosservate le parole pronunciate ieri dal Pontefice nell'omelia della Messa per l'Epifania. Riprendendo un passaggio di un vecchio discorso di Benedetto XVI, Bergoglio ha detto: «Adoriamo Dio e non il nostro io, adoriamo Dio e non i falsi idoli che ci seducono con il fascino delle false notizie». Un passaggio, quest' ultimo, che in molti hanno interpretato come una velata risposta all'ultimamente assai loquace Gänswein.

Sempre all'ex segretario di Ratzinger è sembrata diretta l'altra citazione, questa volta all'Angelus, quando Bergoglio ha sottolineato che «il Signore s' incontra così, nell'umiltà e nel silenzio». Che le schermaglie siano in atto da entrambe le parti appare ormai evidente.

PEDINA
Resta però, per i profani, l'interrogativo sul perché il fido collaboratore di Ratzinger abbia deciso, e così presto, di dichiarare guerra a Papa Francesco. I motivi ce li spiega con chiarezza un porporato tra i più navigati: «C'è in atto un tentativo, a mio avviso maldestro, di continuare la fantomatica guerra dei due papi per interposta persona in cui Gänswein è la pedina ideale da muovere per l'ala più conservatrice della Chiesa». Tuttavia, a sentire l'eminentissimo, «Gänswein rischia di farsi male, molto male. Le sue dichiarazioni sono ritenute inaccettabili dalla cerchia più ristretta del Papa, gliela faranno pagare» e conclude: «Chi lo sta usando è tutelato dalla veste di porpora che indossa, lui non ha alcun paracadute". Come e quando si concluderà questo stillicidio forse lo scopriremo presto, nessuno però si sarebbe mai aspettato che questa "sacra guerriglia" si sarebbe scatenata con la tomba di Ratzinger appena murata. 

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