Di Battista, la foto da turista nel campo dei jihadisti
Dagli anni Novanta è considerato la base di Al Qaeda in Libano. È il campo profughi palestinese di Ein el-Hilweh, nella parte meridionale del paese, poco lontano da Sidone. Negli scorsi giorni è stato una delle tappe del viaggio di una delegazione italiana che ha portato viveri, abiti, denaro in cinque campi, incluso quello che costituisce la base operativa del gruppo terroristico Asbat an-Ansar.
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Membri della comitiva l’ex parlamentare 5 Stelle, oggi viaggiatore e blogger, Alessandro Di Battista, la deputata grillina Stefania Ascari e Mohammad Hannoun, fondatore di quella Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese finita negli anni passati al centro di numerose inchieste perle attività di raccolta fondi destinati alle famiglie dei kamikaze palestinesi e, poco più di un anno fa, oggetto di una segnalazione dell’Antiriciclaggio a seguito di presunti finanziamenti ad Hamas. Il viaggio, durato dal 10 al 15 gennaio, ha toccato anche i campi di Al Jalil, Sabra e Shatila, Burj el Barajneh e delle vedove, dove sono stati consegnati pacchi viveri, gasolio per il riscaldamento, pane, abbigliamento invernale, coperte e materassi, farmaci.
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INFERNO
La situazione nei campi, come ha testimoniato in alcuni post sui social la Ascari, resta drammatica per sovraffollamento, igiene, condizioni abitative di enorme degrado. Molti sono ancora quelli sorti nel 1948, in seguito alla nascita dello Stato di Israele e in questi decenni sono rimasti pressochè abbandonati a sé stessi tanto da parte dell’Autorità palestinese quanto degli altri Paesi arabi. Negli anni sono stati teatro di scontri sanguinosi tra fazioni palestinesi e di orrende stragi. Spesso rifugio di gruppi terroristici che li hanno trasformati in loro roccaforti. In questo, Ein el-Hilweh spicca fra tutti. E sorprende che una delegazione umanitaria della quale ha fatto parte anche una deputata del Parlamento italiano lo abbia incluso tra le sue destinazioni.
LA STORIA
Fondato nel 1948, è dagli anni Ottanta sotto il controllo di Fatah, il movimento fondato da Yasser Arafat, le cui fazioni si sono disputate il predominio sull’insediamento con scontri sanguinosi, seguiti nei primi anni Duemila da quelli coi militanti di Asbat an-Ansar, il gruppo fondamentalista sunnita nato nei primi anni Novanta che ha fatto del campo la sua base operativa e che è stato inserito nell’elenco delle organizzazioni terroristiche da numerosi Paesi tra cui gli Stati Uniti, l’Australia, il Regno Unito, gli Emirati Arabi e dalle Nazioni Unite.
Un rapporto del Consiglio di sicurezza dell’Onu risalente al 2018 lo descrive come «associato con Al Qaeda per aver partecipato a finanziamento, alla pianificazione e all’esecuzione di attività insieme a, sotto il nome di, o per conto di Al Qaeda». E indica in circa 300 i membri del commando di Asbat an-Ansar residenti nel campo, che nel 2016 le autorità del governo libanese hanno deciso di recintare con un muro per poter più efficacemente chi entri e chi esca da quella che, di fatto, è una città di circa 120mila abitanti. Ci si chiede se la 5 Stelle Ascari fosse al corrente di tutto questo, quando ha deciso di mettere piede in un luogo che tanti Paesi e istituzioni considerano un covo di terroristi, tenuto conto della sua carica di deputata del Parlamento e, dunque, di rappresentante delle istituzioni italiane.