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Papa Francesco meglio di Fabio Fazio: la sua prima volta in tv

Renato Farina
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Se potete, cercate su Raiplay la puntata di ieri di A Sua immagine, la trasmissione della mattina festiva di Rai Uno. È stato uno spettacolo dell’altro mondo in questo nostro povero mondo. Verrebbe voglia di dire che se dalla Rai se n’è andato Fabio Fazio, il nuovo acquisto che comincia per F è un guadagno. Ritiro la battuta, non è giornata per la polemica, non si concilia con il mestiere di Bergoglio, il quale non è alla caccia dello share e del gradimento mediatico. Non si tratta di una gara a chi è il più bravo a comunicare, e avanti un altro. Non è questo il gioco.

Il fatto bello e importante è aver potuto constatare e fare esperienza, aprendo la finestra della televisione, che l’umanità non è morta, si può vivere con speranza per sé, e per i figli e i nipoti. Sperare per tutti. Viene in mente il capitolo del Vangelo di Luca, il 19, quando il Nazareno non si accontenta di essere visto da Zaccheo, il capo dei ladri di Gerico, mentre cammina e parla su e giù da Monti Tabor e Sinagoghe, ma si auto-invita per mangiare a casa sua. Perché ha qualcosa di molto importante da far sapere a lui e alla sua famiglia: non siamo nati per essere concime dei vermi dopo una vita a far del male al prossimo e a noi stessi, ma per una vita buona, piena di senso, con uno scopo positivo.

I RECORD
È andata così. È stata la prima volta di un Papa che entra in uno studio televisivo e partecipa a una trasmissione. Così è stato detto e ripetuto, ed è vero. Mai successo in tutta la storia del Papato e delle tivù. La notizia è però davvero questa? Che abbia battuto un altro record? L’ennesima perlina nella collezione delle «prime volte» di questo Pontefice? La tentazione che anche chi scrive ha avuto è di dover registrare, adulando o criticando, l’ennesima «prima volta» del vescovo di Roma venuto dall’Argentina. Tra l’altro c’è n’è sarebbe un’altra di prima volta: è stato annunciato che, a Dio piacendo, salute permettendo, il Papa sarà protagonista a settembre di un altro inedito: visiterà la Mongolia, dove di cavalli ce n’è tanti, e di magnifici, ma di cristiani quasi nessuno. Eppure non è mai tempo di sconti agli apostoli, e la loro missione, fino all’estrema soglia della loro esistenza è di annunciare «fino agli estremi confini del mondo» che Dio è presente qui e ora, portato da povere persone, ma che hanno una strana letizia anche a 86 anni, portate in giro con la carrozzina. Non è roba da segnalare nelle classifiche delle prime volte, quasi che Bergoglio sia in competizione con i predecessori nel mettere in bacheca novità. La notizia è il come, il perché, quest’uomo abbia voluto entrare nella tivù e, cioè, in casa di Zaccheo.

LA COMUNICAZIONE
Il fatto in realtà è accaduto sabato 27 maggio, quando la seicento bicolore è arrivata a Saxa Rubra, e ne è sceso Francesco, sistemandosi sulla sedia da invalido, che usa ormai da un anno e più per il dolore al ginocchio. Lo aspettava all’ingresso, vestita d’azzurro, Lorena Bianchetti conduttrice di A Sua immagine.Il metodo di Francesco non è stato quello di andar lì a farsi intervistare, ma a entrare in una trasmissione a far compagnia alle persone che gli presentavano la loro storia, carica di dolore per la perdita di una bambina amatissima, per la persecuzione del bullismo, per la vergogna di un delitto compiuto. Come il saggio che umilmente conosce e condivide le pene degli altri si è seduto lì. Ha spiegato qual è oggi il compito di qualsiasi forma di comunicazione, che sia televisiva, internettiana, cartacea, ma vale anche nelle assemblee di condominio, nelle call in smart working, qualunque tema sia all’ordine del giorno: «Mandare via i diavoletti che rovinano la vita della gente. Custodire l’umanità, aiutare a far nascere l’amicizia».

Noi siamo abituati a ripetere quel che ormai si insegna alle scuole elementari, citando il teorico della comunicazione canadese Marshall McLuhan: «Il mezzo è il messaggio». Dipende dal messaggio. Ci sono messaggi che usano il mezzo ma lo travolgono, non si lasciano imprigionare da esso, ma ne spezzano le logiche di condizionamento, e neppure lo usano come una spada per imporsi ad uno spettatore che non può far loro che subire. Giovanni Paolo II guardando la telecamera in Nicaragua, circondato da un governo ostile, picchiando impotente la mano sul leggio perché non riusciva a pronunciare neppure una parola con la bocca impastata dal Parkinson, spaccava la televisione, rompeva lo schermo, entrava in un a faccia a faccia con il singolo seduto sul divano di casa, gli allargava l’orizzonte spingendolo al largo, «non abbiate paura, aprite le porte a Cristo». Francesco attraversa lo schermo con la tenerezza, scioglie le barriere, accarezza la televisione, chi la fa e chi la guarda.

GESTI E SGUARDI
Qui in brevi cenni i contenuti a parole, ma contava il gesto, il modo, lo sguardo. Si mischia con la vita quotidiana di persone comuni. La guerra. «Con la pace si guadagna, sempre. Forse poco, ma si guadagna. Con la guerra si perde tutto, e i cosiddetti guadagni sono perdite». Davanti al dolore. «Quello che mi muove è la tenerezza, voler accompagnare il dolore. Anche io sono stato accompagnato nel dolore. Una delle cose imparate quando ho avuto questa malattia a 21 anni è che davanti al dolore servono i gesti, non le parole». Le apparizioni. «Ci sono state apparizioni vere. Ma la Madonna ha sempre e solo segnalato dov’era Gesù. Quando la devozione Mariana è incentrata troppo su sé stessa, qualcosa non va. Questo è molto chiaro. A me la Madonna piace vederla così, col dito verso l’alto, che indica Gesù».

Il bullismo: «I bulli fanno finta di essere vincitori ma è una vittoria finta. È una vittoria sul dolore degli altri.La vera vittoria è armoniosa, non è aggressiva, ma è mite. Oggi non si si educa tanto alla mitezza, perché si fa intendere che essere mite è essere stupido. No, la mitezza ha una forza grande. Chi non è mite non è un vincitore, è uno sconfitto perché non è capace di carezzare». L’educazione: «Serve che i genitori crescano i figli con l’affetto, con un abbraccio. Far sentire che la dolcezza, l’amore è più forte di quella aggressione. Non c’è via di uscita. O scegliamo la via dell’amore e della tenerezza, o la via dell’indifferenza. Accarezzare, accarezzare i figli. E questo è un compito che va più ai nonni che ai genitori. I nonni che accarezzano». L’humor. Lorena Bianchetti: «Santità, una domanda molto personale: da bambino aveva un programma preferito in televisione?". Francesco: «Vedi cara.... Ti rispondo raccontando un grande segreto del Papa, lo vuoi sapere?». «La prego Santità, ce lo dica!». Francesco: «Quando ero bambino la televisione non era ancora stata inventata». Ieri l’ha reinventata Bergoglio.

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