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Felicia Kingsley, la donna che ha scalzato il generale Vannacci

Lucia Esposito
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Ci voleva Una ragazza d’altri tempi per far rotolare Il mondo al contrario dalla classifica, ci voleva la regina del romance - dei romanzi d’amore - per imporre il dietrofront al generale Vannacci (ventiquattromila copie vendute contro sedicimila).

Lei è Felicia Kingsley, pseudonimo di Serena Artioli, trentacinque anni, quattordici libri dal 2016 per oltre un milione e ottocentomila copie, la scrittrice numero uno in Italia che da sola, nei primi otto mesi del 2023, ha venduto più di 600mila copie. Continuando a raccontare Felicia attraverso i numeri, aggiungiamo che è seguita da duecentomila follower tra Instagram e Tiktok ed è stata tradotta in dodici lingue. Alcuni titoli dei suoi libri (tutti pubblicati da Newton Compton) sono diventati slogan adolescenziali come «Non è un paese per single», oppure «La verità è che non ti odio abbastanza». Se in questi giorni, passando davanti a una libreria italiana, vedete una coda di ragazzine in paziente attesa, sappiate che non attendono l’ultima rockstar ma è praticamente certo che dentro ci sia Felicia Kingsley che firma le copie del suo ultimo libro. Aspettano quattro o cinque ore pur di vederla e, nell’attesa, parlano dei protagonisti dei racconti, si scambiano opinioni e numeri di telefono.

Lei è di Carpi, perché firma con uno pseudonimo straniero?
«Non c’è nulla di esotico né di calcolato. Ma è una mera questione burocratica».

Quale?
«Ho autopubblicato il mio primo libro su Amazon (proprio come il generale Vannacci, ndr) quando mi ero appena iscritta all’ordine degli architetti e non volevo che ci fossero problemi. Tra l’altro, Felicia Kingsley non è neanche un nome facile da pronunciare... Ma, davvero, non avrei mai pensato che potesse diventare famoso e che qualcuno dovesse pronunciarlo».

Ha appena scalzato Vannacci dalla testa della classifica dei libri più venduti. Allora è vero, per dirla con Dante, che l’amore muove il Sole e le altre stelle?
«Quando scrivo non penso alle classifiche. L’amore è un tema universale e piace a tutti rispetto agli argomenti divisivi del libro del generale di cui ho letto solo alcuni stralci, quindi non ho elementi sufficienti per giudicare. Con un libro d’amore tutti possono sognare, sperare, identificarsi nei protagonisti, ma anche codificare le proprie esperienze».

Qualcuno ha insinuato che in fondo «Una ragazza d’altri tempi» non è così lontana dal mondo passatista disegnato dal generale.
«Solo chi non ha letto il libro può affermare ciò. Rebecca, la protagonista, non è affatto una donna del secolo scorso. Questo libro racconta la storia di una ragazza di oggi, una brillante studentessa di Egittologia. Durante una rievocazione storica in costume accade qualcosa di inspiegabile e lei si ritrova sbalzata nel 1816. Apprezza le feste, i balli di quel periodo ma non accetta passivamente tutte le ingiustizie e si arrabbia per i diritti negati alle donne».

Come nasce un suo romanzo? Ci può spiegare il suo segreto?
«La prima fase è quella della progettazione. Costruisco l’edificio».

Come un architetto?
«Esattamente. Faccio un’analisi “swot”, uno strumento che mi permette di valutare i punti di forza, le debolezze, le opportunità e le minacce che si nascondono nel progetto».

Poi?
«Elaboro la sinossi e strutturo i personaggi principali. Infine, mi dedico alla scrittura».

Quanto tempo impiega?
«In alcuni casi, dal concepimento alla realizzazione sono passati anche due anni, in altri sono bastati quattro mesi».

Si rende conto subito se il romanzo funziona?
«Sì. Se mi inceppo nella scrittura vuol dire che c’è un errore. Allora torno indietro, risolvo quel problema, e riprendo a scrivere. È successo anche per il mio ultimo romanzo».

Quale era l’errore?
«Inizialmente la protagonista era una ragazza del 1816 ma questo non mi permetteva di esprimere pienamente il mio pensiero e di far sentire la voce narrante».

Da piccola sognava di diventare architetto o scrittrice?
«Una vee-jee di Mtv».

Quando ha cominciato a raccontare storie?
«Da bambina. Giocavo con Barbie e costruii una città intera perché la casa non mi bastava. Quando tornavo dalla spesa, raccoglievo i cartoni vuoti dei supermercati e li usavo per costruire pezzi della mia città. I miei genitori dissero “farà l’architetto”, ma la scuola, il supermercato, i negozi e gli uffici mi servivano per inventare più storie. Creavo trame anche con le statuine del presepe».

Quale dei suoi libri preferisce?
«Non è facile rispondere. È come chiedere a una mamma quale figlio preferisce. In questo momento direi l’ultimo perché è appena nato».

C’è qualche pregiudizio rispetto al genere romance?
«Tolga pure il “qualche”. Ormai sono abituata... La cosa che più mi fa arrabbiare è che spesso chi critica non ha neanche letto un mio libro».

Lei che cosa legge?
«Di tutto, adesso aspetto che esca Ken Follett».

Ma fa ancora l’architetto o vive solo di scrittura?
«Vivo grazie ai libri ma non sono J.K. Rowling. Con i diritti di Harry Potter possono vivere più generazioni. Ecco, non è il mio caso».

Descrive storie d’amore passionali, di quelle che tolgono il fiato, ma nella sua vita c’è un principe azzurro?
«La mia è una relazione normalissima. Ho un compagno e un figlio di due anni».

Può dire di aver trovato il principe azzurro?
«Ho trovato un principe, ma non so di che colore sia».

L’età delle sue lettrici si è abbassata. Inizialmente erano trentenni, adesso anche adolescenti. Come lo spiega?
«Grazie alla mia presenza sui social. Durante il Covid le piattaforme erano l’unico punto di contatto con il mondo esterno e così tante ragazzine si sono avvicinate ai miei libri. Inoltre, sono una scrittrice molto facilmente contattabile».

Che cosa le dicono i lettori?
«Molte ragazze mi ringraziano perché con i miei libri riescono a superare momenti brutti».

Vedere le code di teenagers in attesa per una sua firma fa sperare: i giovani non vivono solo di cellulari ma riescono a perdersi dentro le pagine di un libro.
«Le adolescenti hanno davanti una vita, tutto è da costruire e, attraverso le mie storie, sognano, immaginano il loro futuro. Molte mi accusano di aver fatto aumentare le aspettative sul principe azzurro».

È vero?
«Sì. Dico che nessuna deve accontentarsi. A scendere in basso si fa sempre in tempo... Bisogna puntare in alto e prendersi ciò che si desidera».

Il prossimo libro?
«Ce l’ho già in testa, ma non anticipo nulla perché deve prendere ancora forma».

Sarà ambientato nel passato?
«No, torno nel presente».

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