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Ginevra Bompiani, la comunista che ci insegna la democrazia? Oggi difende gli scafisti

Giovanni Sallusti
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Se qualcuno pensa che l’enormità proferita nel salotto di Piazzapulita -“gli scafisti sono poveri cristi”- da Ginevra Bompiani (scrittrice, editrice, traduttrice, accademica, ma soprattutto se stessa, annoverata nell’intellighenzia italica a priori e per lignaggio) sia la più ardita della sua non breve carriera, non ha ben presente il personaggio. Roma, 6 maggio 2019, Casa internazionale delle donne a Trastevere. Presentazione del cartello elettorale iper-gauchista “La Sinistra”, che per le Europee ha riunito Rifondazione Comunista, L’Altra Europa per Tsipras e Sinistra Italiana. «Non stiamo entrando nel fascismo, ma nel nazismo. Salvini è peggio del primo Ventennio. Non lo stiamo combattendo abbastanza». Testi (allucinati) e musica (psichedelica) della candidata di punta del gruppetto tardomaoista (che nelle urne raccoglierà inspiegabilmente solo l’1,75%): Bompiani Ginevra.

Perché la figlia del grande Valentino è così, irresistibilmente incline a deragliare, a fare quel che in altri contesti socio-antropologici sarebbe archiviato come sparata da bar, ma messo in scena con l’allure di chi andava a cena con Italo Calvino, ha vissuto tra una metropoli europea e l’altra, frequentava la “comune” milanese installata nell’appartamento di Giairo Daghini, filosofo e fondatore di Potere Operaio, beh in questo caso diventa acuta e meditabonda provocazione. «Parole, semplicemente», ha premesso prima di snocciolare davanti a un Formigli più che compiacente, deferente (per un radical-chic qualsiasi interloquire con la Bompiani è come per un calciatore di serie C palleggiare con Messi), la sua stralunata teoria sulla differenza tra «bande di trafficanti» criminali e «scafisti poveri cristi».

Sono parole, il gioco di società in cui Ginevra eccelle da decenni è smontarle e rimontarle secondo la necessità ideologica del Salotto, che dal Sessantotto in poi sostituisce il Partito come orizzonte di riferimento della sinistra. Lei è a Parigi, quando esplode questa ossimorica contestazione dell’alta borghesia, ci si ritrova come nel suo ambiente naturale, ha «l’incontro che mi ha cambiato con la vita», quello con Gilles Deleuze, pensatore ispiratore del movimento “anarco-desiderante”, propugnatore di un “pensiero rizomatico” e di una “pop-filosofia”. Sostanzialmente, Deleuze garantisce una fondazione intellettuale a quello che Ginevra vuole fare nella vita: cazzeggiare con le parole, in nome di qualche rivoluzione sempre di là da venire.

Sarà anche per questo che di lì a poco fonda Rivolta Femminile, a suo dire «il primo vero movimento femminista italiano», insieme alla pittrice Carla Accardi e alla critica d’arte Carla Lonzi. Capisaldi del gruppo: il rigoroso “separatismo” rispetto al sesso maschile e la pratica delle sedute di “autocoscienza” tra sole donne. Il separatismo in ogni caso (e per fortuna) non è da prendere troppo alla lettera: suo compagno fin dalla metà degli anni Sessanta è il filosofo (ancora, perdonerete, ma a scorrere la biografia di Ginevra è dura imbattersi in operai) Giorgio Agamben, che poi diventa suo marito. Oggi sono divorziati, ma in ottimo rapporto e spesso in comunanza di idee.

 


PANDEMIA
Durante il Covid, Agamben ha via via trascinato le sacrosante critiche a certe derive liberticide della politica verso lidi complottistici, arrivando a parlare di epidemia “inventata”. Non volendo essere da meno, Ginevra nel suo libro “La penultima illusione” ha spiegato che i governi italiani non si sono occupati dei migranti in arrivo sulle nostre coste perché troppo presi a gestire la pandemia farlocca. Sul tema, ci ha tenuto a renderci edotti, ha anche litigato con un’altra icona dell’aristocrazia radical, compagna di candidatura con La Sinistra a quelle sfortunate Europee: Luciana Castellina.

 



In ogni caso, le due si sono ritrovate sul putinismo di stretta osservanza (ovviamente lo chiamano “pacifismo”, suona meglio nel salotto e non fa andare di traverso la tartina). «L’Italia, per ragioni a me misteriose, si fa manipolare da Zelensky, ma sappiamo che è un Paese suddito dell’America e della Nato, quindi non ha tanta scelta», è una profonda analisi geopolitica svolta di recente da Ginevra su La7, ovviamente al caldo della protezione assicurata dai missili della medesima Nato (Mosca non risulta nella mappa delle capitali dove ha vissuto, ha sempre preferito l’Occidente). Ma non è il caso di rimarcare le contraddizioni, sono solo parole, ricordiamoci di Deleuze e di quel Maggio formidabile, è solo cazzeggio. Gli scafisti sono poveri cristi, Salvini è come Hitler, e passami un’altra tartina, quella col caviale. 

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