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Francesca Albanese "finanziata da Gaza": l'accusa all'inviata Onu

Francesco Specchia
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Dimissioni, dimissioni. E, alla fine, siamo arrivati alla inevitabile, estenuata richiesta di dimissioni per Francesca Albanese. «Special rapporteur» preferita per cuori antisemiti, palafreniera di Gaza baciata da innaturale fama televisiva, «relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati», la dottoressa è Albanese la donna che girella il mondo a dipingere gli israeliani come volenterosi della Hitler-Jugend. Hiller Neuer, il direttore esecutivo di Un Watch –l’organizzazione che monitora le azioni dell’Onu, spesso sbilenche rispetto alla sua Carta- in una lettera rivolta al segretario generale Antonio Guterres chiede della signora l’«immediata rimozione» dal ruolo. E questo perché «il suo recente viaggio in Australia come relatrice speciale è stato finanziato da noti gruppi di pressione palestinesi in quel Paese, l’Associazione australiana degli Amici della Palestina e l’Australia Palestine Advocacy Network, oltre a Free Palestine Melbourne e Palestinian Christians in Australia».

E questo, sempre secondo Un Watch, violerebbe l’articolo 3 del codice di condotta previsto dalle procedure speciali del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a cui devono attenersi tutti gli «esperti indipendenti» di diritti umani che lavorano per l’organizzazione. Il primo comma del suddetto articolo prescrive infatti di «agire in maniera indipendente», «liberi da qualsiasi tipo di influenza estranea, incitamento, pressione, minaccia o interferenza, diretta o indiretta, da parte di qualsiasi soggetto, sia esso parte in causa o meno, per qualsiasi motivo». Ecco. Albanese avrebbe qualche problemino con l’imparzialità (tra l’altro è la stessa accusa già mossagli qualche settimana fa a causa dell’incarico di consulenza del marito a sostegno dell’Autorità Palestinese).

 

 

 

Per inciso, nel suo famigerato viaggio australiano, l’inviata avrebbe ribadito l’intento israeliano di «spazzare via Gaza e i suoi abitantI». Un discorso, il suo, assai infiammato e poco consono al ruolo di inviato terzo dell’Onu; roba che ha fatto sobbalzare anche il giornalista del Guardian Daniel Hurst nel chiederle spiegazioni sul concetto di «dominio» di Gerusalemme. Albanese, piccata col cronista, ha insistito, invece, sui concetti di «regime di apartheid» e di «inesistente diritto alla difesa» di Israele stessa.

 

 

 

Neier, nella sua relazione, ha riportato altre amenità dialettiche dell’Albanese, alla quale dev’essere scappata un po’ la frizione: «L’America è soggiogata dalla lobby ebraica», «Hamas (considerato dal consesso internazionale gruppo terroristico, ndr) ha il diritto di resistere». Da lì la richiesta ufficialmente al Segretario Onu Guterres di, appunto, dimissionarla. Dal canto suo Albanese smentisce tutto “via X”: «Ancora un’altra scia di affermazioni vergognosamente false mi dà fastidio. Il mio viaggio in Australia è stato pagato dalle Nazioni Unite come parte delle attività del mio mandato. La continua diffamazione contro il mio mandato potrà essere ben remunerata, ma non funzionerà. È solo una perdita di tempo che dovrebbe essere utilizzata per contribuire a fermare la violenza nei Territori Palestinesi Occupati». Smentito il finanziamento, non emerge alcuna parola a commento dei contenuti ferocemente antiebraici della nostra. Le Nazioni Unite non commentano, as usual... 

 

 

 

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