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Piero Angela, l'inedito consiglio ai giovani: "Non fermatevi, diventate filosofi della scienza"

Piero Angela
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Esce oggi per Mondadori il nuovo e ultimo libro di Piero Angela, «La meraviglia del tutto». È una summa del pensiero del grande divulgatore scientifico scomparso nel 2022, frutto di un dialogo con l’amico, allievo e storico collaboratore Massimo Polidoro. Per gentile concessione pubblichiamo un estratto dedicato ai giovani e al loro futuro.

Dopo avere volato con la fantasia, prima di chiudere questa parte dedicata ai futuri che ci potrebbero attendere, vorrei tornare a parlare di un futuro più immediato, per il quale tanto ti sei speso: vale a dire quello di bambini e ragazzi che oggi sono qui e vanno a scuola. Mi sembra il minimo che posso fare. Ogni tanto penso di aver avuto la fortuna straordinaria di vivere nel periodo migliore di tutta la storia dell’umanità: sono nato l’anno dopo che Lindbergh attraversò l’oceano e sono stato testimone dei grandissimi progressi fatti dalla nostra specie. E ora le nuove generazioni si trovano ad affrontare le conseguenze di questo progresso. Io non la vivrò questa nuova epoca, non è roba mia, ma sarà la sfida più importante che loro dovranno affrontare. Sei molto amato dai ragazzi, gli incontri pubblici sono affollati di giovani, si formano lunghissime code per ascoltarti.

 

 

 

Ricordo che qualche anno fa, a Torino, migliaia di ragazzi che volevano entrare per ascoltare una tua lezione-conferenza non trovando più posto hanno cercato di sfondare il portone, e l’università ha dovuto organizzare in fretta e furia una proiezione in streaming per tutti coloro che erano rimasti fuori. Come una rockstar, Piero! Sono manifestazioni di affetto che mi fanno un enorme piacere. Quello che mi colpisce di più è che sono amato dai giovani di tutte le età e le categorie professionali e culturali. È una gratificazione che mi dà molta felicità. Ma dobbiamo essere vicini ai ragazzi, perché vivranno un secolo per niente facile. Dobbiamo aiutarli ad arrivare preparati. Sai, ho già detto che mio padre era nato nel 1875, cioè cinque anni dopo la breccia di Porta Pia, quando c’erano ancora Garibaldi e Vittorio Emanuele II. Un’epoca in cui non esisteva nemmeno la bicicletta! Dalla sua generazione alla mia si è passati dall’economia del grano a quella del petrolio, dalla candela alla stazione spaziale.

Ecco, i giovani di oggi conosceranno nella loro vita un cambiamento molto più grande di questo. Il progresso tecnologico accelera enormemente, creando sia enormi vantaggi sia nuovi problemi. Questo vuol dire che i giovani come prima cosa dovranno imparare a non subire la tecnologia, ma a gestirla e a esserne padroni. Proprio una delle cose che hai spiegato molto bene in questa conversazione. Sì, ma c’è anche un altro problema, e questo è forse il più importante di tutti. Oggi nessuno è in grado di dire a un ragazzo di 12 o 13 anni come sarà fatto il mondo quando avrà 25 o 30 anni. Vale a dire che noi non siamo in grado di prevedere che cosa accadrà tra quindici o vent’anni. Non sappiamo neanche con che tipo di società avremo a che fare.

Questo che cosa significa? Che non è importante che oggi un giovane si metta a studiare la fisica, la matematica o la geologia, per dire. Ma è fondamentale che si dedichi a capire proprio la cultura scientifica, che significa comprendere il senso profondo di queste discipline e anche che tipo di trasformazioni producono e produrranno nella nostra società. Mi riferisco a quella “filosofia della tecnologia” di cui mi trovo spesso a parlare, grazie alla quale imparare a governare i processi in modo consapevole e illuminato. Anche perché la scuola, come abbiamo visto, non è sufficiente. I giovanissimi di oggi, nel corso della loro vita, passeranno non una ma molte volte “dalla candela alla stazione spaziale” e ciò vuol dire che non è pensabile che esista una scuola capace di prepararli per domani. Ciò che i giovani, ma non solo i giovani, devono imparare è la “sintassi” o, se preferisci, devono “prendere la patente” per poter guidare loro stessi la macchina.

 

 

 

Naturalmente dovranno prendere più patenti nel corso della loro vita, perché dovranno di volta in volta imparare a “guidare” più macchine. In passato la scuola serviva a dare un’indicazione, a tracciare un itinerario. Oggi ogni studente deve imparare a leggere anche fuori dai programmi scolastici, ad andare oltre la scuola. Ciò vuol dire che per vivere il domani dobbiamo apprendere quel “metodo scientifico” di cui abbiamo parlato. A distinguere, cioè, ciò che è vero da ciò che è falso, ma soprattutto ad avere umiltà verso la conoscenza, che è sterminata.

 

 

 

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