Occhio che arriva la tassa sull’oro, strilla il partito politico-sindacal-mediatico della patrimoniale, e ci sarebbe da ridere, se non fossero in ballo le risorse della manovra e le vite degli italiani. La musica la dirige il leader (neanche tanto) occulto del campo largo, Maurizo Landini, il quale sproloquia nei numerosi spazi che il mainstream giornalistico e televisivo si affretta a mettergli a disposizione di catenine della nonna, orologi di famiglia e altre amenità assortite. A fare da cassa di risonanza ci pensa il Titolista Collettivo, che con l’abituale carenza di fantasia varia da Spunta la tassa sull’oro a Una nuova tassa sull’oro fino a Tassa sull’oro per sostenere la manovra (scritto da chi, fosse per lui, la sosterrebbe sic et simpliciter con la dodicesima aggressione al patrimonio, e tanti saluti al ceto medio). Il gioco però viene scoperto da una pagina dadaista avvistata sul Corriere della Sera. Titolo: “Spunta una tassa sull’oro” (ovviamente). Sommario: «Aliquota ridotta dal 26 al 12,5%». Et voilà, il principio di non contraddizione schiacciato nella collisione tra il racconto e la realtà.
Anzitutto, non esiste alcuna nuova tassa, ritentate. Esiste la rimodulazione di un’imposta già presente, perdipiù verso il basso, quindi semplificando bisognerebbe riscrivere capovolti gli articoli degli ultimi due giorni: il governo abbassa la tassa sull’oro. In realtà, non si tratta nemmeno di una tassa, ma di una rivalutazione agevolata dell’oro da investimento (dalla proposta sono espressamente esclusi monili e prodotti da gioielleria, lo diciamo al Landini intento ad agitare lo spauracchio dei regali delle Cresime in pericolo, tutto pur di non parlare di operai). Si parla di lingotti, monete, oro allo stato grezzo, spesso privi di documentazione fiscale che consenta di determinarne il valore al momento dell’acquisto. In questo caso, il proprietario si troverebbe a pagare un’imposta del 26%, nel momento in cui volesse vendere.
Ebbene, l’idea, condivisa in particolare da Lega e Forza Italia, è di offrire la possibilità di sottoporre a perizia l’oro in questione, e sull’importo rivalutato far pagare un’aliquita del 12,5%. Una volta “affrancato” così il valore, ogni futura vendita verrebbe tassata al 26% solo sulla plusvalenza. In effetti, una volta descritto l’oggetto del contendere (che poi sarebbe il dovere primario del cronista, ma sono anticaglie, nell’era in cui la riveritissima Bbc tarocca i discorsi del presidente degli Stati Uniti), risulta chiaro perché non piaccia alla gioiosa macchina da rivolta sociale landiniana, e ai relativi media d’appoggio. Anzitutto, non è un’iniziativa che aggredisce il patrimonio, ma è una libera scelta offerta al contribuente, dentro una relazione civile e trasparente tra questi e il Fisco, impensabile per chi coltiva come modello di tale relazione la Ddr, quando va bene.
Maurizio Landini contro Meloni e governo: "Mi sono rotto le scatole"
"Lo sciopero del 12 dicembre non solo è giustificato ma è necessario". A dirlo è Maurizio...Dopodiché, si trasformerebbe un bene sostanzialmente immobilizzato in un bene “liquido” e almeno potenzialmente circolante nella catena dell’economia reale, puro pragmatismo liberale che equivale al fumo negli occhi per chi ha speso una vita a costruire il castello ideologico della ricchezza come colpa. Infine, tutt’altro che secondario, il provvedimento potrebbe garantire risorse per abbassare il carico fiscale sui dividendi delle società, o sugli affitti brevi, o su entrambi, ed è proprio ciò che gli aedi del saccheggio fiscale temono più di ogni altra cosa: dimostrare che esistono alternative al saccheggio. In ogni caso, è agli atti: la nuova tassa sull’oro è l’ennesima patacca sinistra. Forse dovremmo iniziare a tassarle: ci sarebbe abbastanza gettito per un paio di manovre.




