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Stipendi da fame? La Cgil inizi a risarcire tutti i lavoratori con i suoi contratti

Stabiliamo per legge che spetti a Landini ristorare i dipendenti inguaiati dai suoi accordi e poi stiamo a vedere che succede
di Sandro Iacomettimercoledì 24 dicembre 2025
Stipendi da fame? La Cgil inizi a risarcire tutti i lavoratori con i suoi contratti

3' di lettura

Ha ragione Maurizio Landini. La norma inserita nella manovra (e poi stralciata) che proteggeva le aziende dagli effetti delle cause di lavoro sui salari troppo bassi è sbagliata. Ma non per quello che dice il leader della Cgil. Bensì perché non inchioda le sigle alle loro responsabilità. La materia è complessa. Cerchiamo di semplificare: la legge stabiliva che se un giudice condanna un’impresa per uno stipendio ritenuto sotto la soglia dignitosa prevista dall’articolo 36 della Costituzione non avrebbe dovuto pagare anche gli arretrati, cosa che è invece puntualmente successa in tutti i contenziosi degli ultimi decenni, nel caso la paga sia quella stabilita da un Contratto collettivo nazionale (CCNL). Versione di sinistra e sindacato rosso: via libera allo sfruttamento dei lavoratori, Carta calpestata e contratti pirata sdoganati.

È davvero così? In realtà ci sono un po’ di cose che non funzionano. La prima riguarda le imprese. Nel momento in cui un’azienda adotta un CCNL regolarmente registrato al Cnel e quindi valido a tutto gli effetti, perché mai dovrebbe pagare di tasca propria nel momento in cui un lavoratore ritiene che la sua paga sia troppo bassa e un Tribunale gli dà ragione? Delle due l’una o aboliamo la contrattazione nazionale o decidiamo che tutti gli accordi debbano passare da un vaglio di legittimità delle toghe. Così i magistrati dopo aver deciso le politiche sull’immigrazione, quelle sulle grandi opere, quelle sullo sviluppo urbano delle grandi città e financo quelle sull’educazione dei figli, potranno finalmente mettere becco anche sui nostri stipendi.

È questo che vuole Landini? C’è da dubitarne. Ma lui la risolve facile. In gioco, secondo l’ex leader Fiom, non ci sono tutti i contratti, ma solo quelli non firmati dalla Cgil. In altre parole, ci sono i buoni e i cattivi. E se le aziende si affidano a quest’ultimi è giusto che paghino. Il teorema, però, è tutto da verificare. Se è vero che le sentenze più recenti hanno messo sotto accusa gli accordi stretti con sindacati meno rappresentativi, è altrettanto vero che tra le intese bocciate più volte dai giudici ci sono anche altri CCNL, come il famigerato contratto sulla Vigilanza privata-Servizi fiduciari siglato nel 2013, guarda un po’, dalla Filcam Cgil. Un caso? Tutt’altro. Sotto la soglia dei 9 euro, considerata dallo stesso Landini invalicabile per un salario “minimo” dignitoso, ci sono almeno una ventina di contratti che hanno il timbro del sindacato rosso. E alcuni di essi, come quello sulla Vigilanza privata, si muovono ancora sul terreno dell’incostituzionalità. Fermiamoci un attimo. Se Landini firma un contratto da fame e un giudice se ne accorge, deve pagare l’impresa perché il nostro alfiere della rivolta sociale ha deciso che qualunque altra soluzione è contro i lavoratori?

Adesso, al di là delle balle sui sindacati maggiormente rappresentativi che siglano i cosiddetti “accordi leader”, è così. E diverse sentenze (una per tutte Tribunale di Catania del 21 luglio 2023) certificano che l’azienda è stata costretta a sborsare gli arretrati anche senza “pirati” in giro. Il punto è: se non lo fa l’azienda, chi risarcisce il lavoratore sottopagato? La risposta è semplice. Se un magistrato decide che la paga non è dignitosa non è l’impresa a doverci rimettere, ma chi ha siglato il CCNL, associazioni datoriali e sindacati, sia i buoni sia i presunti cattivi. Stabiliamo per legge che spetti a Landini ristorare i dipendenti inguaiati dai suoi contratti e poi stiamo a vediamo che succede.