Beppe Grillo da anni abusa di un'espressione, convinto di essere simpatico. Lo "psiconano" è un classico del suo repertorio. Marco Travaglio, per non essere da meno, usa la parola "nano" associandola a ogni aggettivo possibile. Tutti a ridere. Poi c'è Umberto Bossi, che in una sua famosa esternazione intimò: "Brunetta nano di Venezia, non rompere i coglioni". L'insulto latente va avanti da un pò, silenzioso e grave. Ed è entrato nell'uso comune, come un neologismo immune da implicazioni sociali. Adesso qualcuno si è stancato. In Italia le persone affette da acondroplasia o altre forme di nanismo si stima siano 2500, una ogni 25 mila nati. Claudio Arrigoni, sul blog Invisibili del Corriere della Sera, raccoglie le lamentele di chi convive con questa patologia. "Non si può fare a meno di indicare in maniera dispregiativa caratteristiche fisiche per criticare o fare politica? Che cosa c’entra usare “nano” come fosse un insulto per ridicolizzare una persona? Essere bassi non è una malattia, solo una condizione. I rischi di esclusione sociale sono grandi, la stigmatizzazione dietro ogni angolo". Basta con la ridicolizzazione - L'uso di "Nani e ballerine" viene adottato ormai anche in politica per indicare persone servili e stupide. Non stupisce, allora, che in Italia la quasi totalità delle persone con acondroplasia si sottoponga ad allungamento degli arti. "C’è molto da fare sul piano culturale, oltre che dell’integrazione sociale", spiega Marco Sessa, presidente di Aisac (Associazione per l’informazione e lo studio dell’acondroplasia e problematiche legate alla bassa statura): "Facciamo una battaglia per essere considerati persone ma poi tante stigmatizzazioni entrano nella quotidianità. Vogliamo solo vivere come tutti, con difetti e pregi, ma senza ridicolizzazioni”. Il confine tra battuta e offesa ancora non è chiaro a tutti.