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Pd, dopo l'addio di Civati c'è il "piano Vendola": gruppi autonomi di Sel e dissidenti e anti-renziani. Come cambiano i numeri al Senato

Giulio Bucchi
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L'addio di Pippo Civati al Pd, ufficializzato oggi, potrebbe essere essere la tessera necessaria a far scattare il domino in Parlamento. Con un Partito democratico sempre più spaccato (in questo senso l'Italicum è stato un punto di svolta, e ora arrivano riforma della scuola e del Senato), l'idea sussurrata da molti "dissidenti" in Transatlantico è quella di creare gruppi autonomi, magari l'embrione di una scissione vera e propria al momento molto difficile. Lo stesso Civati aveva spiegato di voler formare "nuovi gruppi parlamentari ulivisti", ma servono 20 deputati e 10 senatori. Numeri non semplici da raggranellare, nonostante la fiducia sulla legge elettorale abbia dimostrato che l'area del dissenso interno al premier Matteo Renzi sia forse anche superiore. Ma un conto è dissentire e un altro fuoriuscire. L'offerta indecente di Vendola - Per ora, dunque, Civati e qualche altro eventuale ribelle sono destinati a finire nel Gruppo Misto, a meno che non prenda corpo l'offerta di Nichi Vendola. Il leader di Sel, come ricorda Ettore Maria Colombo sul Giorno, si è già detto "pronto a sciogliere i gruppi di Sinistra Ecologia e Libertà per unire tutti quelli che sono di sinistra e contro Renzi". Al Senato uno scenario plausibile vede i 7 vendoliani (attualmente nel Misto) insieme ai civatiani Lucrezia Ricchiuti, Corradino Mineo e Walter Tocci formare un gruppo autonomo in grado eventualmente di attrarre anche tutti quei dissidenti dem con un piede sulla porta. A Palazzo Madama i numeri per il governo sono come noto assai più risicati che alla Camera. La maggioranza gode al momento di un massimo di 174 senatori, e la soglia minima per poter governare è di 161.

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