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Maglie: chi è il Pd per bloccare Daniela?Il partito che si oppone alla pitonessa è lo stesso che ha scelto la Bindi

Maria Giovanna Maglie
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Giù le mani dalla pitonessa, e se tra i congiurati si palesasse, assieme agli irredimibili e irriformabili piddini, anche qualche democristiano doc del Pdl, fuori i nomi, e decidano gli elettori con chi stanno, se gli piace tubare e perdere un punto al giorno, oppure artigliare, se preferite avvolgere nelle spire, e sopravvivere, gli elettori e l'Italia.  La storia della Santanchè vicepresidente contestato del Pdl, con il Pdl che probabilmente si appresta a calare un nuovo paio di braghe pur di salvaguardare il pallido scudo crociato di Enrico Letta, le esternazioni illiberiste di Zanonato, e alla fine delle fiere il posto da ministri di tutti i ministri, è talmente grottesca che per difendere il deputato non serve avere né spendere per lei alcuna simpatia. In pratica un posto, una cadrega, che è del Pdl, la occupava Maurizio Lupi, ora ministro, non può essere occupata da chi decida il Pdl, naturalmente scegliendo tra i deputati eletti, perché bisogna piacere almeno un pochino ai deputati del Pd, tutti, sinistri e riformisti a quanto pare, visto che nessuno di loro ha espresso un parere diverso, figurarsi se lo ha fatto una femminuccia, tranne Paola Concia, che si è indignata, ma lei non è stata rieletta nonostante l'onda ufficiale di politically correct filo gay, chissà perché. Per piacere al Pd chissà che cosa bisogna fare, e qui evito di accennare a prestazioni corporali, certo bisogna essere almeno un po' democristiani di questi tempi, sennò si arrabbiano i Giuseppe Fioroni, una vita di trionfi tra Dc e Margherita, e i Pippo Civati, da rottamatore a filogrillino in un fiato, gente insomma che una storia politica solida ce l'ha e seria, altro che la Santanchè; si straniscono gli Orfini, uno di quelli che ha così ben guidato Bersani alla catastrofe, e poi si inquieta Guglielmo Epifani, uno che da segretario della Cgil ha bloccato qualsiasi tentativo di riforma del lavoro, uno che la mattina si abbevera alla Repubblica, quella di Mauro, non quella tricolore. Scrive Civati nel suo blog che «una vicepresidente che tira ogni giorno su tutto e tutti, e non ha problemi ad attaccare il governo ogni volta che non fa quello che dice Silvio, non è proprio l'ideale neppure per le larghe intese». Certo, ci siamo beccati la madonna dei clandestini, l'esegeta delle similitudini tra vittima e carnefice, che poi sarebbe tra ammazzato e assassino, ovvero Laura Boldrini, come presidente della Camera, finora mi pare più vista in giro a presentare un suo e di chiunque altro libro che in Aula a presiedere; finora così impegnata a incontri partecipi con la Fiom e risatine sarcastiche alle condanne del Cav da far sonoramente rimpiangere l'infatuazione per Fidel dell'onesto Bertinotti. Non dimentichiamoci che in passato abbiamo gioito della tolleranza super partes di Rosy Bindi. Certo, ci siamo beccati Piero Grasso al Senato, e se fino a due mesi prima di insediarsi faceva il magistrato dell'antimafia, oggi ci spiega che ci sono maggioranze alternative a quella attuale, e guai ai falchi del Pdl, benevenuto a un altro fan occulto di Grillo, o almeno dello scouting tra i grillini. Lo scouting basta che non lo faccia il Cav diventa legittimo, quasi un sacramento. Però la Santanchè è «la pitonessa» perché è una dirigente ed eletta del Pdl che non fa l'ammuina ormai considerata carta di legittimazione nazionale, insomma una che fa la sua parte, e se c'è da criticare non si immola sul moloch delle larghe intese, sul totem del non sparate sul pianista, non disturbate i lavoratori. Il guaio è che qui non si sente suono di musica né se vede effetto del lavoro, e allora, almeno in Parlamento, ben venga qualcuno dotato delle due caratteristiche che l'Italia miseranda delle larghe intese vorrebbe cancellare: la fedeltà al capo, finché il capo resta quello, invece del tramestio congiuratorio o semplicemente gossipparo, del costante fuoco amico che è in qualche parte responsabile della situazione attuale, anche di quella giudiziaria; la schiettezza sulle cose che il governo Letta non fa anche quando racconta di farlo, perché in una repubblica parlamentare il ruolo degli eletti è proprio questo, non quello di far demagogia e far perdere tempo sugli F35 al ministro della Difesa. Nel partito di cui Silvio Berlusconi è presidente e che ha salvato dalla sconfitta, addirittura dalla scomparsa, tornando in campo dopo un anno in cui ha lasciato fare, la Santanchè è berlusconiana per davvero, pensate che scandalo. Per altro, quando decise in passato di criticarlo, lo fece a viso aperto, non sussurrando nei salotti come se fossero confessionali. Detto del Pdl, il Pd faccia sapere, magari con pizzino, se sta nell'alleanza o no, se il partito più disastrato e diviso del mondo in attesa della resa dei conti del congresso, o del tiro al piccione, come lo definisce  Matteo Renzi, si sente ancora portatore di supponente superiorità antropologica, tanto da censurare i candidati altrui in realtà solo perché sono formidabili avversari. Mi suonano le parole di una loro eletta, Marianna Madia: a livello nazionale «un sistema che non chiamerei neanche di correnti, ma di piccole e mediocri filiere di potere che sono attaccate così al potere e non vogliono cedere di un millimetro», a livello locale «associazioni a delinquere». Parlava del Partito democratico, sia chiaro. Maria Giovanna Maglie

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