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Ci tagliano le pensioniper pagare il ribaltone

Enrico Letta visto da Benny

Mario Giordano
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E se oltre alla fregatura  economica ci fosse pure quella politica? Il piano Amato per  portarci via (di nuovo!) un pezzo della nostra pensione potrebbe rivelarsi in realtà ancor più clamoroso di quello che abbiamo raccontato ieri. E cioè potrebbe essere il primo passo per la formazione di un nuovo eventuale governo Pd-grillini (o Pd-dissidenti grillini che dir si voglia, ancor più probabile dopo il fallimento dell'incontro Alfano-Letta).  Infatti le somme sottratte ai lavoratori, con un balzello sui loro contributi previdenziali,  finiranno di sicuro in un «fondo comune», come prevede il piano Amato, ma non è detto  che siano davvero utilizzate per l'equità previdenziale. Al contrario, esisterebbe già un progetto per finanziare attraverso quel tesoretto il famoso «reddito minimo di cittadinanza» che tanto piace ai parlamentari del Movimento 5 Stelle. E che sarebbe  il prezzo richiesto  per la loro partecipazione a una nuova maggioranza col Pd. Lo ha confermato indirettamente il ministro Enrico Giovannini, che ieri a Rimini ha sfidato i grillini in modo esplicito: «Ragioniamo», ha detto in un'intervista rilasciata a Linkiesta, «sulla creazione di un reddito minimo d'inserimento». Sempre il ministro ha parlato poi di «intervento redistributivo sulle pensioni ma anche sull'assistenza, sull'intero sistema del welfare», confermando i nostri timori. Lo vedete come porta lontano la (sedicente) lotta alle pensioni d'oro? Siamo partiti da qui, in effetti, dal ministro Giovannini che si sveglia un bel giorno e si accorge che esistono financo vitalizi mensili da 90mila euro al mese (sempre Mauro Sentinelli) e poi altri da 45mila euro (Vito Gamberale) e poi altri ancora che rendono l'ingiustizia previdenziale tanto evidente quanto insopportabile. E allora che fa Giovannini? Scopre un piano appena presentato da Amato (31mila euro di pensione al mese, uno che di ingiustizia previdenziale se ne intende) e lo propone come suo.  Il piano prevede di aumentare le pensioni più basse attraverso la creazione di un «fondo comune per l'equità» che dovrebbe essere finanziato attraverso i contributi prelevati ai nababbi dell'Inps ma anche (e qui sta il primo inganno) attraverso i contributi di tutti i lavoratori. Insomma, con la scusa delle pensioni d'oro si fa cassa mettendo, come al solito, le mani nelle tasche nostre. Questo è quello che ha svelato Libero nell'edizione di ieri, rompendo le uova nel paniere ai malintenzionati. Infatti  oltre i muri del silenzio della Capitale, l'argomento è stato a lungo dibattuto: fuori dai palazzi soltanto indifferenza, dentro un brulicare di contatti, telefonate, scambi di mail, un vortice di consultazioni e fibrillazioni varie. Dalle quali salta fuori e giunge fino alle nostre orecchie una novità ancor più sconvolgente, e cioè che  il progetto completo prevede ben di meglio. E cioè di peggio. Non soltanto, infatti,  i quattrini per il fondo comune sarebbero prelevati in gran parte dai contributi dei lavoratori, alias, dalle nostre povere pensioni anziché da quelle dei Paperoni dell'Inps, ma  sarebbero poi destinati non all'equità previdenziale ma a scopi generici.  E, in particolare, alla soddisfazione delle mire politiche dei Cinque Stelle, attraverso il finanziamento del reddito di cittadinanza. O, nella versione Giovannini, al reddito di inserimento. Il piano sarebbe infatti stato congegnato nelle stanze del ministero del Lavoro dove, fanno notare i bene informati, lo staff tecnico è rimasto quello che c'era con Cesare Damiano (tutti, dunque, molto vicini all'ala sinistra del Pd) e che ha attraversato indenne l'era di Elsa Fornero, nonostante il medesimo staff fosse il principale responsabile del pasticcio degli esodati. A proposito di Fornero: dove sono andati a finire i soldi ricavati dalla sua riforma previdenziale, varata come primo atto del governo Monti?  Di quel risparmio costato lacrime e sangue agli italiani chi ha davvero beneficiato? Nessuno ha mai saputo rispondere con precisione alla domanda. E questo dimostra un assunto fondamentale: quando si vuole fare cassa in Italia bisogna per forza passare dal sistema pensionistico. Ma una volta che i soldi sottratti agli italiani attraverso il sistema pensionistico finiscono nel calderone generale, ognuno li può utilizzare come vuole. Dunque, riflettete. Se uno volesse  davvero favorire la nascita di un governo Pd-M5S, magari con la benedizione di Napolitano, si troverebbe di fronte un ostacolo insormontabile: i grillini chiedono infatti  il reddito di cittadinanza. Come finanziarlo? Dove attingere?  Ovvio: dalla grande cassa dell'Inps. La strada è obbligata. Ma si può chiedere agli italiani un ulteriore sforzo a cuor leggero? No, bisogna farglielo digerire nel modo giusto. Ecco che, all'improvviso, si scopre l'esistenza delle pensioni d'oro. Scandalo, meraviglia, sorpresa a scoppio ritardato. Ma questo scandalo, pensa che coincidenza, arriva al momento giusto per ricoprire con la veste candida dell'«equità»  quello che è un turpe prelievo forzoso a danno dei contribuenti. Quante volte del resto i nobili propositi sono stati usati per coprire le peggiori schifezze? Diceva Vilfredo Pareto: «Quando ci si dichiara solidali con altri, generalmente è per prendergli qualcosa».  E pensare che ai suoi tempi Amato non era ancora operativo… Certo che, in questo modo,  per gli italiani tartassati sarebbe una doppia o forse tripla o quadrupla beffa: i pensionati d'oro, infatti,  continuerebbero a dormire fra i loro guanciali profumati, i lavoratori che già vedono massacrato il loro futuro previdenziale dal sistema contributivo  dovrebbero tirare ancor di più la cinghia, i pensionati al minimo continuerebbero a percepire il loro assegno da fame. E il “fondo comune”, ben nutrito con i nostri contributi, diventerebbe invece pura merce di scambio politico, che il Pd  potrebbe usare per avere l'appoggio dei grillini in un nuovo governo, in modo da evitare elezioni anticipate. Un piano diabolico, si capisce. Eppure stanno cercando di realizzarlo davvero. Fidatevi: lo so che a pensare male si fa peccato. Ma, purtroppo, il più delle volte la si azzecca.

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