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Matteo Salvini, il sardo Christian Solinas è l'uomo del trionfo della Lega

Matteo Legnani
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«Fortza Paris!». L' urlo di guerra dei "sassarini" - quell'«avanti insieme! pronunciato quando venivano fuori dalle trincee per offrire il petto al piombo nemico» - per Christian Solinas incarna decisamente qualcosa di più del motto identitario di una fondamentale campagna elettorale per la sua terra: è il programma di riscatto, a vocazione autonomista, portato nell' isola dai reduci dell' eroica Brigata Sassari dopo il rientro dalle trincee della prima guerra mondiale. Lì dove ne morirono 17mila. «Ecco, ora noi sentiamo per intero la responsabilità - dopo cent' anni - di realizzarlo e di realizzarlo per davvero questo progetto». È convinto di poterlo fare a partire da domenica 24 febbraio, quando la Sardegna deciderà il suo prossimo governatore e lui - candidato del centrodestra di rito salviniano ma con alle spalle i novantotto anni di storia del Partito sardo d' azione di cui è segretario - potrà dimostrare «il sogno di una comunità che non lascia indietro nessuno: questo è il senso di andare avanti tutti insieme. Dai nostri pastori in lotta, ai nostri intellettuali, ai nostri disoccupati che spero siano presto occupati...». C' è il mito capacitante del "sardismo" e del genius loci, a cui Salvini ha affiancato da un anno e con successo il suo Alberto da Giussano, nella scommessa che la coalizione ha fatto su Christian Solinas. Quarantadue anni, cresciuto a Capoterra, centro del cagliaritano, piccolo imprenditore («partita Iva nell' agricoltura, con le gioie e i dolori che causa a tanti italiani...»), una compagna storica al suo fianco e un' amicizia d' eccezione su cui il riserbo è totale: quella con Francesco Cossiga. Insistendo, alla fine ci racconta un aneddoto: «Si è sempre stupito del fatto che andassi da lui ad approfondire molti temi senza chiedergli nulla - ricorda -. Mi disse una volta, non troppi anni fa: "Guarda Christian, visto che hai fatto questo percorso in questo modo, evita di citarmi troppo quando non ci sarò più perché ti faranno pagare ciò che non sono riusciti a fare pagare a me"». In effetti nella sua carriera politica non si scorgono scorciatoie di sorta: «Ho fatto l' amministratore percorrendo tutte le tappe: dai consigli comunali, passando agli enti e poi al consiglio regionale fino al Senato della Repubblica...». Già assessore regionale ai Trasporti della giunta Cappellacci, quando Berlusconi era il Re Mida anche nell' isola, Solinas è riuscito infine a riportare nel marzo scorso, dopo un' assenza di ventidue anni, il Partito sardo d' azione in Parlamento. Per approfondire leggi anche: Matteo Salvini, giudici scatenati contro la Lega: sì al ricorso, vietate le elezioni in Sardegna? Tutto questo grazie all' alleanza con la Lega. «Siamo riusciti a guadagnare sul campo il seggio qui in Sardegna - ci tiene a precisare -, dove alle Politiche abbiamo ottenuto l' 11%: il dato più alto del Carroccio di tutto il centrosud». Ma come nasce questa intesa con la Lega "nazionale"? Il rapporto, in realtà, è antico. «La prima volta che la Lega espresse il suo senatore con Umberto Bossi, nell' 87, ci fu un fatto particolare: divise lo studio del Senato con il segretario del Partito sardo d' azione, che era Carlo Sanna - ricorda -. Da lì fu confronto costante, tant' è che il Senatur mutuò gran parte della struttura organizzativa della Lega dai nostri statuti e regolamenti». Trent' anni dopo il ritorno in comunione, nel solco degli insegnamenti identitari dell' ideologo Antonio Simon Mossa sull' Europa delle regioni e dei popoli contro quella delle tecnocrazie. «La stima personale con Matteo nasce subito - continua -, fin da quando abbiamo iniziato a confrontarci su cosa ognuno voleva fare reciprocamente nel suo partito: un percorso nato in tempi non sospetti, quando ancora nessuno presagiva che la Lega avrebbe ottenuto questi risultati». Gli sfidanti - Come è avvenuto per il suo collega e amico Marco Marsilio, neoeletto governatore dell' Abruzzo, la scommessa di Solinas adesso è lasciare le prestigiose stanze di palazzo Madama per affrontare la trincea della Regione. Favorito nei sondaggi («ma non attento a questi»), dovrà vedersela con il centrosinistra uscente, che si presenta però con il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, e con il MoVimento 5 Stelle che dopo il caos del ritiro del vincitore delle regionarie Mario Puddu (condannato per abuso di ufficio), ha riproposto la consultazione scegliendo, fra mille polemiche, Francesco Desogus e che oggi teme nell' isola la riedizione della débâcle abruzzese (dopo aver conquistato il 42% alle Politiche). L' argomento degli sfidanti non appassiona più di tanto Solinas. «Il Pd qui ha governato per lungo tempo occupando tutti i gangli del potere. Ha di fatto consumato la sua credibilità politica e i sardi gli presenteranno il conto con queste elezioni», racconta rispondendo così alla domanda sull' assenza dei big dem in campagna elettorale: «Nessuno vuole più intestarsi le sconfitte». Sui grillini, poi, la valutazione è tranchant: «A me pare che dal punto di vista dei programmi abbiano aperto una fotocopisteria i 5 Stelle in Sardegna: hanno ripreso interi brani senza che ci sia una coerenza interna, un programma organico e complessivo di sviluppo», mentre manca «un' idea di Sardegna, oltre alle solite analisi su cosa c' è che non funziona». La sua idea di Sardegna, invece, contempla una sintesi ragionata fra l' allaccio economico al treno nazionale e gli asset autonomisti: la zona franca, l' esigenza della continuità territoriale, la valorizzazione della lingua sarda come elemento di crescita. Sul turismo, poi, il progetto è «importare consumatori qualificati di bellezza», dato che «abbiamo un mercato potenziale di un miliardo di persone che passeranno per l' Europa e che potremo attrarre in gran numero nei prossimi anni». Ma al centro delle preoccupazioni, ovviamente, vi è il tema della protesta dei pastori. Una vicenda - esplosa pubblicamente sul prezzo del latte per la trasformazione - che rischia di arrivare davanti ai seggi e che Salvini stesso ha scelto di seguire personalmente e ad oltranza. «La condizione che stanno vivendo i nostri pastori è drammatica - assicura Solinas -. Ricordo a tutti che il pastoralismo è un valore riconosciuto dall' Unesco ma è soprattutto il grande riferimento storico-tradizionale di tutta la Sardegna». Davanti al «silenzio assordante» della giunta regionale di Pigliaru «ho sentito il bisogno di chiedere a Matteo Salvini e al ministro dell' Agricoltura Centinaio di impegnare direttamente lo Stato per trovare una soluzione». L' idea del candidato, una volta assicurato un prezzo equo e remunerativo a litro per i pastori, è mettere le aziende degli allevatori nelle condizioni di poter operare al meglio con quello che chiama il grande "piano per la ruralità": «Che significa, tra le altre cose, elettrificazione e viabilità migliori per le aziende ma anche ridurre la burocrazia sul pagamento dei premi che attualmente scontano ritardi addirittura superiori all' anno». La canzone - Per riportare la Sardegna a destra (e un sardista al governo della Regione trent' anni dopo Mario Melis) Solinas è sostenuto da undici liste, ossia da tutto il centrodestra e da diversi soggetti autonomisti. Non è mancata qualche polemica a proposito, come quella sul posizionamento del Partito sardo d' azione, in passato alleato persino del Pci. «Questa storia della rottura dell' alleanza con il centrosinistra è demodé - sorride -, perché da quindici anni ininterrottamente si fanno alleanze programmatiche con il centrodestra. Dico di più: oggi il sardismo e i suoi valori trovano ampia condivisione nel perimetro culturale e politico del centrodestra». Ma queste a suo avviso sono solo schermaglie residuali. Da parte sua è certo della riedizione dell' exploit della Lega, accanto alla lista del presidente targata Psd' Az, che potrebbe significare anche qui lo storico sorpasso nei confronti di Forza Italia ma anche un' ulteriore "picconata" - per citare ancora Cossiga - alla stabilità dell' alleanza giallo-verde. Ufficialmente, però, su questo non si sbilancia: «La Sardegna sicuramente darà un risultato indicativo sui rapporti di forza e sarà, è altrettanto vero, la verifica sul campo di più ampie dimensioni prima del voto europeo». Per Solinas, dunque, l' aria di un cambiamento identitario c' è tutta. Glielo ripete in testa, in questa lunga campagna svolta su e giù per l' isola, un verso di Pierangelo Bertoli. «Una vecchia canzone che segnò gli anni del cosiddetto vento sardista. Aveva ragione lui: "Eppure il vento soffia ancora..."». di Antonio Rapisarda

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