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Luigi Di Maio a un passo dalla fine, congiura per farlo fuori: la verità sul viaggio di Alessandro Di Battista

Davide Locano
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Qual è il colmo per un politico anti-casta? Un viaggio catartico in India, il Paese dei paria e dei bramini, preparatorio al rientro in politica, già tentato a gennaio, dopo il ritorno dal semestre sabbatico in Sud America, e fallito subito a febbraio, causa disastro grillino in Abruzzo. Non è una barzelletta ma è il progetto estivo di Alessandro Di Battista, l' uomo incapace di stare fermo, con compagna e poppante al seguito. Il simpatico cazzaro grillino giura che sarà l' ultima zingarata, poi a più di 40 anni, deciderà cosa fare da grande. La settimana scorsa diceva che avrebbe seguito un corso di falegnameria, poi deve aver capito che l' idea gli avrebbe segato le gambe e l' ha lasciata cadere come un truciolo di legno. Quindi Dibba riparte, e come sempre lo fa più per disamore verso Di Maio che per amore d' avventura. Quando a inizio 2018 perse la corsa per la leadership di M5S, stabilì che lo si sarebbe notato di più se non si fosse fatto candidare né vedere per un po'. Optò per non bruciarsi il secondo mandato e aspettare sulla riva del fiume il cadavere di qualcuno, neppure lui sa di chi. Leggi anche: Di Maio e l'Olocausto, tragica figura di palta RAGAZZO PON PON La lontananza gli ha giovato, faceva il santone in amaca a Puerto Escondido e le tv se lo contendevano. I guai sono iniziati con il ritorno, quando ha scoperto che Cinquestelle aveva ritagliato per lui il ruolo di cheerleader di Di Maio, costringendolo a pirlare in giro con il vicepremier. Capodanno in comune in Trentino, comprensivo di vaniloquio di Capodanno in piumino sulle nevi, viaggio a Strasburgo stile Thelma e Louise, con tanto di orazione funebre per la sede dell' Europarlamento, derubricato a marchetta francese, drammatica campagna d' Abruzzo, puntata a Parigi per una foto-non opportunity con Giggino e i gilet gialli. Non che da solo sia andata meglio. Dopo che a Di Martedì il pubblico, solitamente adorante nei confronti del Che Guevara all' amatriciana, gli ha confezionato un' accoglienza simile a quella che la tribuna sinistrorsa de La7 normalmente riserva a Romani e Gasparri, costringendolo a elemosinare quegli applausi che l' anno scorso gli piovevano addosso prima che aprisse bocca, Dibba ha deciso che era già arrivato il momento di staccare nuovamente la spina. Per fare cosa, è il quesito che tormenta i suoi fan residui? Difficile rispondere, visto che non lo sa neppure l' interessato. Di certo c' è che, per il momento, Dibba fa l' indiano, e non solo nel senso che è in partenza per le Indie. Fedele al significato dell' espressione popolare, il pasdaran pentastellato fa finta di non vedere quel che gli accade intorno, a partire dai comportamenti e dalle richieste di Cinquestelle. Di Maio e soci volevano candidarlo a Bruxelles, un po' perché convinti che avrebbe portato voti, molto per toglierselo di torno, confinandolo in un esilio dorato. Ma lui non è fesso, e ha declinato. Allora il Comintern grillino ha provato a coinvolgerlo almeno come comiziante e mandarlo in giro per palchi in campagna elettorale, che resta la cosa che Dibba sa fare meglio. L' interessato però ha risposto ancora picche. Non vuole mettere la faccia su un' altra sconfitta certa, per di più senza ricavarne nemmeno un seggio; e poi non sa che dire, visto che, da Grillo a scendere, il programma di M5S per le Europee è oscuro a tutti. E quel poco che si conosce, è entusiasmante quanto un discorso di Speranza. VIA DAL GOVERNO Dove il silenzio di Dibba è eloquente, è sull' attività di governo dei suoi compagni. E questo è forse l' aspetto più genuino del bavaglio che l' ex gemello di Di Maio si è imposto. Il non più verde pasdaran pentastellato ha fatto un passo indietro perché, tatticamente, attende che altri si brucino e coltiva la speranza di prendere in mano lui il Movimento quando, ridimensionato nei numeri ma con un' identità più chiara, tornerà a essere tanto di sinistra e poco o nulla di governo. Se si tiene in disparte però è anche perché ha un' allergia profonda verso Salvini, la Lega e sul governo gialloverde non vuole mettere non solo la faccia, ma neppure un' unghia. È più coerente dell' amico Luigi, e anche più puro e meno interessato al potere; per questo è stato scartato quando si sono fatti i giochi. Quel che nessuno sa, né può sapere, è che intenzioni ha il nostro eroe per quando smetterà di fare l' indiano e tornerà da queste parti. Lui sostiene di voler far politica. Di questo nessuno dubita, perché quattro cose si sono capite in questi anni di Di Battista: non sa quasi nulla di politica estera, non capisce nulla di economia, gli piace arringare le folle e parlare soprattutto delle cose che ignora e non ha nessuna voglia di lavorare, tanto meno di aiutare il padre a gestire l' indebitata azienda di famiglia. Sono caratteristiche perfette per avere un futuro garantito in politica. di Pietro Senaldi

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