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M5s, i veri numeri del ribaltone. Quanti sono i grillini pronti a tradire: equilibri sconvolti

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Caterina Spinelli
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Solo gli sciocchi non cambiano idea. E i Cinquestelle forse sono un po' sprovveduti, ma fessi no. Da quando hanno capito che la crisi poteva trascinarli in un baratro chiamato urne anticipate, i grillini hanno smesso di fare gli schizzinosi. Fino a un mese fa Luigi Di Maio diceva «mai con il Pd». Ora quel «mai» è diventato un «perché no». Sono saltati i pregiudizi anti-dem un po' a tutti i livelli. A partire da Davide Casaleggio fino alla base parlamentare che, in un' alleanza con la gauche, vede l' opportunità di salvare seggio e indennità. Almeno per sei mesi. Ma, se va bene e funziona l' asse giallo-rosso, anche per qualche anno. Certo, rimane il pregiudizio verso Matteo Renzi e i suoi. Tanto che l' apertura dell' ex premier è stata rigettata rapidamente dal capo politico pentastellato. Però Nicola Zingaretti è un' altra cosa. Dario Franceschi, Pietro Grasso, Graziano Delrio: tutti galantuomini con cui si parla amabilmente. Gli interlocutori, insomma, non mancano. Il voto di martedì al Senato, con cui è stato respinta l' accelerazione leghista alla crisi, ha aperto la strada a una collaborazione che andrà avanti. Da qui al 20 agosto, quando Conte si presenterà in Parlamento per dire la sua sulla dissoluzione dell' asse gialloverde, i pontieri al lavoro in queste ore potrebbero gettare le basi per aprire una nuova fase politica da presentare al Colle come soluzione per mandare avanti la legislatura. Con un nuovo premier e nuovi ministri. La base parlamentare c' è. Secondo l' Adnkronos ci sono cento deputati grillini disponibili ad aprire all' alleanza con i democratici. Una cinquantina avrebbero già aderito al progetto. «L' intenzione», spiega un deputato 5 Stelle, «è quella di fissare una linea chiara e sottoporla a Di Maio». Verrà stilato un documento da far firmare a tutti i portavoce grillini. L' idea è quella di proporre ai nuovi alleati un "accordo programmatico". Guai a chiamarlo "contratto", parola tabù, visto come è andata a finire con la Lega. Per lunedì 19 agosto è stata convocata un' assemblea congiunta dei gruppi. Quella sarà l' occasione per prendere una decisione. Ma se in passato l' alleanza a sinistra era soltanto un desiderio di una parte minoritaria dei pentastellati, adesso sono tutti convinti. «Il 90% del gruppo Camera vuole andare avanti con Pd, senza se e senza ma», dice un parlamentare M5S all' AdnKronos. L' unanimità c' è anche a Palazzo Madama, dove «il 97-98% degli eletti vuole andare avanti coi dem». Gli unici big che hanno sostenuto apertamente il ritorno alle urne sono stati Paola Taverna e Manlio Di Stefano. Gli altri sono stati molto prudenti. «Dopo la distanza di questi anni dal Pd», spiega Giorgio Trizzino, deputato grillino considerato vicino a Sergio Mattarella, «non possiamo aspettarci che tutto venga sanato. Bisogna andare lentamente verso una ricomposizione. Sono convinto che buona parte dei nostri valori siano condivisi dal mondo riformista dem. C' è un problema di salute pubblica», aggiunge, «da quello che ho potuto percepire, c' è un sentire comune in tutto il Pd. Sta maturando l' esigenza di chiudere con questo passato polemico con M5S e aprire una nuova dimensione di confronto. Il nostro ex alleato ha dimostrato di non essere attento all' interesse dell' Italia. Nutro molta fiducia nelle forze sane di questo Paese. Sono convinto che non si lascerà nulla di intentato». di Salvatore Dama

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