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Enrico Letta "scortato": se lo disturbano arriva subito la Polizia. E la Meloni?

Pietro Senaldi
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C’è il comizio della Meloni in Campania e il ministro Lamorgese, benché sollecitato dalla leader di Fdi a farlo, non ferma i contestatori che si intrufolano tra la folla dei sostenitori della candidata premier della destra. La polizia, se c’era, dormiva, e ha continuato a farlo anche quando Giorgia, dal palco, ha puntato l’indice sulla titolare del Viminale, accusandola non velatamente di favorire lo scontro, o di non fare nulla per scongiurarlo, allo scopo di mettere in cattiva luce il centrodestra. Se però a Napoli arriva Letta, la polizia viene schierata in assetto da guerra per proteggere il leader Pd dai contestatori ed evitare che la protesta degeneri. Perché, se la comparsata del segretario dem finisse in rissa, non ci sarebbero fascisti da accusare. Quelli che si sgolavano per mandare Enrico al diavolo infatti erano compagni che sbagliano, o forse fanno giusto, gente di sinistra, probabilmente grillini o elettori di Fratoianni o Rizzo che dubitano che il leader Pd incarni il sol dell'avvenire. Quindi meglio evitare scontri, perché altrimenti si scoprirebbe che, al di là dei proclami, la violenza abita a sinistra, lì stanno quelli dell'inginocchiati o ti sparo. Le cartoline campane che ci regalano gli ultimi due giorni non devono stupire. La partecipazione alla vita democratica del Paese è un diritto mutabile, cambia a seconda delle opinioni politiche. Se sei di centrosinistra e ti infili sistematicamente nei comizi dei leader della parte avversa per contestarli, sei un cittadino attento, sensibile e responsabile che esercita liberamente il proprio diritto di critica. Salvo diventare uno da fermare con agenti e manganelli se scendi in piazza per contestare il Pd. Se invece sei di centrodestra, a meno che tu non sia un masochista, normalmente abitudine e rispetto dell'avversario ti scoraggiano dall'andare ai raduni di Letta, Conte e Fratoianni a fare azione di disturbo. Nei rari casi in cui lo fai, diventi un fascista, violento e provocatore che non esprime il diritto a manifestare il proprio pensiero ma semplicemente vuole tappare la bocca alla sinistra e mettere le basi per l'avvento di un regime antidemocratico.

 

 

 

RISCHIO ESCALATION

Funziona così l'Italia dei due pesi e delle due misure e delle diverse narrazioni che ne fanno i media, per cui uno stesso gesto è stimabile o deprecabile, coraggioso o vigliacco, democratico o liberticida a seconda di chi lo fa e del giudizio che a priori è già stato dato sull'autore dal circolino degli intellettuali rossi. Queste ultime settimane sono state contraddistinte da assalti ai banchetti della Lega e di Fratelli d'Italia, manifesti dei leader del centrodestra strappati e, come denunciato dalla Meloni domenica scorsa, comizi del centrodestra nei quali si infiltravano indisturbati contestatori che la leader della destra considera agenti provocatori. «Ignorateli» ha detto Giorgia dal palco, perché il giochino è chiaro, non aspettano altro che qualcuno gli inveisca contro, magari gli dia una spinta, per gettarsi a terra con la stessa teatralità di un centravanti che simula un rigore. Il tema è la latitanza a corrente alternata del ministro dell'Interno in tutto questo, sebbene i leader del centrodestra lo abbiano chiamato direttamente in causa. Che gioco fa la Lamorgese? Forse la pensa anche lei come Letta: i disturbatori progressisti sono democratici se attaccano la destra, salvo diventare da tenere sotto controllo se attaccano il Pd; quelli di destra invece sono sempre fascisti, e allora così si spiega perché il Viminale non interviene a mettere in sicurezza i comizi di Meloni e Salvini. Occhio però, se accadrà qualche incidente a un raduno di Fratelli d'Italia o della Lega, l'indice va puntato sul Viminale, non su chi sta sul palco e ha lanciato allarmi inascoltati. 

 

 

 

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