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Berlusconi, "due no sono troppi": frase rubata contro Meloni, alta tensione

Salvatore Dama
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Un stallo messicano. Che Silvio Berlusconi viene a monitorare da vicino, anticipando di un giorno la sua trasferta romana. Il Cavaliere è a Villa Grande, dove incontra i vertici di Forza Italia e poi, per una mezz' ora, Matteo Salvini. Nessuna riunione è risolutiva. Nel centrodestra si resta sospesi. Un martedì che passa senza colpi di scena, in attesa del vertice tra leader, che potrebbe celebrarsi oggi. Necessariamente. Perché poi domani si inizia a votare per le presidenze di Camera e Senato. E al giorno dell'inaugurazione del nuovo Parlamento bisogna arrivare con un accordo.

Per il momento, però, le parti si sono arroccate. Dall'Appia antica, dove ha sede la dimora romana del leader azzurro, trapela «preoccupazione per lo stallo», ma anche l'invito (l'ennesimo) a un «impegno comune» per raggiungere presto «un accordo complessivo» capace di «sbloccare le Camere e il governo». Berlusconi vuole Licia Ronzulli in consiglio dei ministri. Perché è la persona di cui si fida di più. E sta cercando di far capire a Giorgia Meloni che non si tratta di un capriccio, ma di una scelta politica. Il fatto è che ieri i due non si sono parlati, se non attraverso la mediazione di Salvini, e quindi queste cose non se le sono dette.
Intanto, in via della Scrofa, c'è stato un incontro tra dirigenti. Nella sede di Fratelli d'Italia c'erano i centristi Maurizio Lupi, Lorenzo Cesa e Antonio De Poli. Per Fdi Ignazio La Russa e Francesco Lollobrigida. Per la Lega Roberto Calderoli e per Forza Italia proprio Ronzulli e Alberto Barachini. «Credo si possa dire che si vada verso una presidenza del Senato a FdI e della Camera alla Lega», fa sapere in serata Lupi, intervistato da Porta a Porta.

 

 

Dunque la spunterebbe La Russa su Calderoli. Ma è una disfida interna in cui Fi è spettatrice. Perché Berlusconi sta puntando tutte le sue fiches sul governo. Le richieste azzurre sono note e restano invariate: due "poltrone pesanti" per Antonio Tajani e Ronzulli. Più altri due ministeri di fascia A e uno senza portafoglio. Totale cinque. Finora, tuttavia, Silvio non ha avuto certezze dalla premier in pectore Giorgia Meloni. E la pazienza berlusconiana sta per avere cedimenti. Soprattutto al Cav non piace questa cosa che i "Fratelli" mettano il naso nelle scelte altrui. Come hanno fatto con il veto (da loro smentito) su Ronzulli. «Ma quando mai Forza Italia si è permessa di dettare regole in casa d'altri?», sarebbe stata la domanda (retorica) rivolta da Berlusconi ai suoi (e a Salvini). Voci su strappi e appoggi esterni restano voci. Il leader forzista non intende arrivare ai ricatti, ritiene sia ancora possibile risolvere la questione con il buonsenso. E comunque in FdI non ci credono in un ammutinamento azzurro: «Figurarsi se non votano la fiducia...».

 

 

 

Al momento le certezze (poche) sono queste: Antonio Tajani sarà il capodelegazione di Fi al governo. Assumerà la guida del ministero degli Esteri. L'ipotesi di un cambio dell'ultimo minuto con il Ministero dello Sviluppo economico viene smentita dai berluscones. E comunque il Mise è stato opzionato dal partito di Meloni. Che in realtà vorrebbe anche il Turismo, delega invocata da Berlusconi per Ronzulli una volta evaporata l'ipotesi (sempre per il niet meloniano) che la senatrice prendesse in mano il ministero della Salute. Il fatto è che, nell'ottica berlusconiana, un no (Salute) ci può stare. Due (Salute e Turismo) sono troppi. «Avete fatto un casino per niente». Così ieri Licia ha risposto ai giornalisti che, fuori Montecitorio, le chiedevano un commento sul presunto veto di Fratelli d'Italia nei suoi confronti. Alle domande su una sua ipotetica carica ministeriale, Ronzulli ha tirato dritto: «Nessuno ha mai parlato di questo».

 

 

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