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Centrodestra, lunga notte di trattative: cosa sta per accadere in aula

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Sarà stata una lunga notte, questa, per i vincitori delle Politiche. E se non avrà portato consiglio o negoziati, forse questa sarà anche una lunga mattinata. Almeno fino alle 10.30: quando la diciannovesima legislatura prenderà il via con il voto per le presidenze di Camera e Senato. Per trovare un accordo "quadro" o parziale, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno tempo fino a qualche minuto prima. In caso contrario centrodestra al primo giorno "da maggioranza" rischia la «falsa partenza», come ammoniva ieri Alessandro Sallusti. 

C'è chi in serata ha assicurato che un'intesa, anche in extremis, si troverà: ma le premesse per la coalizione, ieri, erano altre. Al momento in cui chiude l'edizione di Libero, infatti, l'indicazione su chi guiderà Camera e Senato - lo schema che avrebbe dovuto dare alla Lega lo scranno più alto di Montecitorio e FdI quello di Palazzo Madama - non è ancora definitivo, ma quasi.

L'appuntamento clou, il vertice dei tre leader, che doveva ufficializzare il via libera a Riccardo Molinari e a Ignazio La Russa è saltato, o meglio: è stato un vertice a due, Berlusconi e Meloni. La situazione, dicono i referti ufficiosi, si è incartata non solo sulle maggiori caselle dei due rami del Parlamento ma anche sul fronte di chi siederà nel prossimo Cdm. Ossia sulla richiesta di Lega e Fi di chiudere entrambi i dossier in una sola volta: istanza su cui si è irrigidito Fratelli d'Italia.

TUTTI AL TAVOLO
Riavvolgiamo il nastro. Al suo arrivo a Montecitorio Giorgia Meloni confermava ieri mattina l'intenzione di fare presto sul nodo delle presidenze di Camera e Senato: «La situazione dell'Italia non è facile, non possiamo perdere tempo». Risolutivo, secondo le sue parole, il vertice con Salvini e Berlusconi: «Ci vedremo più tardi», questa l'assicurazione su cui si è detta «ottimista».

Qualche ora dopo l'intesa sembrava a un passo. Ad annunciarla l'uomo più vicino alla premier in pectore, Giovanbattista Fazzolari: «Sulle presidenze non ci sono problemi, un accordo c'è». Nel frattempo la Lega ha annunciato un Consiglio federale per le 16. A ora di pranzo però qualcosa sembra iniziare a non quadrare. Lo si intuisce dalle parole di Ignazio La Russa: «Accordo raggiunto?

Fazzolari nega di avervelo detto, voleva dire che c'è la capacità di trovare una sintesi», questa la sua spiegazione con tanto di rimando al vertice a tre una volta concluso l'incontro del Carroccio.

COLPO DI SCENA
A metà pomeriggio Meloni e La Russasi recano a Villa Grande da Berlusconi. Un pre-vertice di chiarimento sui nodi Ronzulli, Mise e Giustizia, in attesa di Salvini? Niente da fare, spiegano fonti azzurre parlando di «insoddisfazione». E in parallelo giunge il colpo di scena dalle conclusioni della riunione leghista: sulla presidenza del Senato, con Calderoli, e sul Viminale il segretario «non molla».

«È il punto di partenza», conferma ai cronisti il vicesegretario Andrea Crippa. Dopo qualche minuto Meloni e La Russa lasciano Villa Grande senza dichiarare nulla. Segno che il vertice a tre è saltato. A questo punto la situazione si ingarbuglia: anche se si verrà a sapere che, prima di recarsi dal Cav, Meloni ha incontrato Salvini. Da qui in poi la storia si tinge di giallo: c'è chi parla di tensioni in casa FdI per gli «ostacoli piazzati dalla Lega»; chi invece della disponibilità del Carroccio ad accettare lo schema Molinari-La Russa con delle garanzie per la rappresentanza leghista; e infine c'è anche chi sostiene che il vero ostacolo per l'intesa restino le caselle da assegnare a FI (inclusa quella a Licia Ronzulli). Intercettato fuori dal Palazzo, Giancarlo Giorgetti è cauto sullo stato dei lavori: «C'è ancora tempo per un accordo ma non troppo». In serata, dai rispettivi quartier generali, le nuvole nere sembrano diradarsi. Da via della Scrofa indicano una Meloni «ottimista e tranquilla: aspetta la votazione in Senato». Del resto per un'intesa c'è tempo. Fino alle 10.29.

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