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Piantedosi, ong e servizi segreti: "Regia più alta? Non lo escludo"

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"Io uomo di destra? Se mi descrivete come tale, non mi offendo". E' sempre più centrale il ruolo di Matteo Piantedosi, ministro degli Interni del governo di Giorgia Meloni. E intervistato dal Foglio il capo del Viminale, da tecnico, rivendica con orgoglio l'investitura politica dell'esecutivo.

 

 

 

"Che la Lega ritenga di volersi fregiare della mia lealtà, non può che farmi onore. Ma devo dire che, finora, riscontro una medesima piena condivisione di vedute e d'intenti con tutti i partiti della coalizione di governo: sono equivicino, semmai". "Nelle mie funzioni sono autonomo - ha sottolineato l'ex prefetto -. Un futuro in politica? Se la politica mi vorrà... Non può esistere un ministro non politico. L'azione di un ministro, ovviamente ancorata a valori condivisi come rispetto della Costituzione e la salvaguardia degli interessi della nazione, è sempre apolitica. Tanto più che in un governo come quello di faccio parte. La politica è un'arte nobilissima. Ma qui, credetemi, è già difficile pensare a cosa dovremo fare domani mattina, quindi pormi problemi sul mio futuro remoto sarebbe velleitario. Dopodiché bisognerebbe sempre vedere se la politica vuole me". E ancora: "Non credo serva depoliticizzare il Viminale, anzi. Voglio essere il ministro dei territori, non solo della lotta all'immigrazione. Per chi ho votato? Al proporzionale per il centrodestra, di più non vi dico".

 

 

 

 

E proprio sul fronte dell'immigrazione, il ministro la definisce senza mezzi termini "una faccenda difficilissima da gestire. Perché il fenomeno, almeno in queste proporzioni, è relativamente recente, perché è sempre cangiante, perché richiede convergenze e intese a livello internazionale e si scontra spesso, però, con la divergenza degli interessi dei vari stati coinvolti". In merito alla polemica con le Ong e su possibili interferenze dei servizi segreti, aggiunge: "Francamente, di fronte alla pervicacia della volontà mostrata da alcune Ong di forzare le regole e le leggi dello Stato, di porre sotto stress le relazioni tra paesi amici, di adottare condotte che vanno di gran lunga oltre i meri intenti umanitari, non mi sento di escludere fino in fondo che possa esserci una regia più alta che risponde a disegni più ampi. Ma in Italia si finisce presto, poi, col lasciarsi suggestionare dalle trame occulte, dai servizi deviati. Quindi meglio non alimentare queste narrazioni".

 

 

 

 

Inoltre, continua, "non c'è, da parte del governo, alcun tentativo di criminalizzare queste organizzazioni. Purché, però, la loro azione non sia tesa deliberatamente a configurarsi come un'azione contro il governo. In quel caso non possiamo restare passivi. Le accuse che ci vengono rivolte sul piano umanitario sono, devo dirlo, quelle che trovo più disdicevoli. Ma a dimostrazione che non è quella della criminalizzazione, la nostra bussola, posso anticipare che nel prossimo codice di comportamento per le Ong, che contiamo di definire nelle prossime settimane, abbiamo l'ambizione di procedere a rafforzare le sanzioni amministrative anziché perseguire la via penale, com'è stato fatto nel recente passato".

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