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Reddito di cittadinanza, basta pagare gente per fare nulla

Iuri Maria Prado
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Che cosa oppongono le opposizioni a chi sostiene - guardando ai fatti, non alle retoriche poveriste- che così com' è il sistema del reddito di cittadinanza è una vaccata provvidenziale, una istigazione al progressivo sottosviluppo parassitario del Paese? La realtà è che i partiti del voto di scambio sul reddito di cittadinanza, Pd e 5Stelle in prima fila, insorgono sulla base di un presupposto inconfessato quanto evidente: e cioè che quella pioggia di sussidi debba non già porre rimedio alla mancanza di lavoro perché il lavoro non c'è e finché non c'e, bensì remunerare il non-lavoro, il fatto di non lavorare trasfigurato in diritto di non lavorare. Non hanno più nemmeno per finta carattere indennitario, quei soldi: sono proprio uno stipendio con cui lo Stato, cioè il contribuente, paga qualcuno per non far nulla.

 

 

 

 

Ma non si capisce in grazia di quale principio lo Stato, e cioè il contribuente, dovrebbe dare soldi a qualcuno senza che questi faccia qualcosa a corrispettivo.
Inutile dire che se non può lavorare, perché è invalido, malato, eccetera, non gli si può chiedere di ripagare quel che riceve: ma altrimenti? Altrimenti quei soldi se li deve guadagnare, e qualcosa da fargli fare c'è sicuramente.

Pulisce le strade, toglie le cartacce e la plastica dalle spiagge, tiene a posto i boschi e i giardini, porta la spesa agli anziani, insomma fa una delle tante cose di cui ha bisogno la società che gli passa quel denaro. E invece no. Perché presso i paladini del diritto acquisito (e remunerato) a non lavorare, quel minimo equilibrio di dare/avere sa di punizione, sa di angheria, sa di sfruttamento. E il sospetto che quei soldi siano cavati dalle tasche di chi non li ha ricevuti in regalo, evidentemente, non li preoccupa, anzi neppure ce l'hanno. Ovviamente la responsabilità non è di chi percepisce quel reddito spesso indebito: è di chi gliel'ha promesso e glielo vuol garantire non ostante sia indebito. 

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