Come sappiamo la politica estera non è al primo posto negli interessi degli italiani. Desta, però, una certa impressione vedere come le manifestazioni di protesta popolare in corso in Francia (ma anche in Israele) vengano accolte in Italia. Imbarazzo è il termine più appropriato: dai grandi giornali ai partiti si fa fatica a parlarne.
Da noi il dibattito si infiamma sui “valori” (veri o presunti): Dio, Patria e Famiglia a destra. Gay, migranti, antifascismo a sinistra. Si tratta di un dibattito tutto casalingo ma sulla realtà politica internazionale le contrapposizioni finiscono. Trasversale è la condivisione per le posizioni euro-atlantiche, la Nato, l’Ue(con la linea economica già dettata da Draghi). Il comune silenzio sulla vicenda francese, però, ha motivazioni molto diverse.
I partiti di governo tacciono per “ragioni istituzionali”, la sinistra semplicemente perché non sa cosa che dire. E c’è da capirlo. Sotto accusa il presidente Macron considerato un punto di riferimento per la sinistra europea, a partire dal PD. Ma in piazza contro il presidente francese c’è oggitutta la Francia a cominciare dalla CGT, il sindacato rosso che guida la rivolta contro il tecnocrate dell’Eliseo e si ribella a una riforma pensionistica che lede anche i principi democratici. Paradossale che la contestazione delle politiche neoliberiste di Macron sia guidata proprio da quella sinistra che lo ha fatto rieleggere un anno fa. Come in Italia anche la sinistra francese è vittima dell’ossessione antifascista. A permettere la riconferma del presidente francese è stato Jean Luc Melenchon. Il leader del partito di sinistra “La Francia Indomita” è arrivato terzo nella sfida per l’Eliseo con il 22% dei consensi. Voti “girati” al ballottaggio a Macron e determinanti per la sconfitta di Marine Le Pen (42% dei voti contro il 58% del rivale) e motivati dal “pericolo fascista”.
Macron, le foto spinte della sua ministra su Playboy
Mentre il popolo scende in massa nelle strade chiedendo un aumento del salario minimo e protestando contro la riforma de...Oggi Melenchon, la sinistra, i sindacati piangono lacrime di coccodrillo e scendono in piazza, insieme agli elettori della Le Pen, per contestare la riforma e difendere la democrazia. In parlamento il governo macronista si è salvato da una mozione di censura per appena otto voti. La nuova normativa entrerà in vigore a settembre, con l’età pensionabile che passa da 62 a 64 anni, ma per approvarla si è ricorsi all’articolo 49.3 della Costituzione che prevede il varo di una legge senza voto parlamentare. Un esplicito attacco a quei principi democratici di cui la sinistra si dice ovunque paladina. Siamo al cortocircuito ma anche se le opposizioni dovessero far cadere il governo non ci sono possibilità di far sloggiare l’inquilino dell’Eliseo per i prossimi quattro anni, che si annunciano pessimi. Rieleggere Macron è stato un errore: la “fascista” Le Pen mai avrebbe potuto affrontare il nodo pensioni in modo così violento e antipopolare. Diceva Spengler: «La sinistra fa sempre il gioco del grande capitale. A volte anche senza saperlo». Parole profetiche in Francia come in Italia.




