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Piantedosi, il piano del Viminale: "Seimila agenti in più per città più sicure"

Matteo Piantedosi

Fausto Carioti
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Per una di quelle stranezze che capitano in politica, nei giorni scorsi il lavoro di Matteo Piantedosi e del suo ministero è stato apprezzato dal sindaco di Milano, il pd Beppe Sala («Il ministro è molto attento, molto sul pezzo, segue con attenzione quello che sta succedendo...»), ma non dal governatore lombardo, il leghista Attilio Fontana («Se il ministro ritiene che il calo dei reati in Stazione Centrale sia un buon risultato, andiamo avanti così. Io dico di no»). Ma il ministro dell’Interno assicura che non c’è alcun caso aperto. «La sintonia con il presidente Fontana è piena e totale, come lui stesso ha precisato», dice Piantedosi a Libero. «Condivido con lui progetti importanti, come quello che riguarda la sicurezza dei trasporti lombardi. Dal primo giorno di insediamento ho dedicato una particolare attenzione alle maggiori aree metropolitane, per curare i problemi della loro sicurezza. Milano, ma anche Roma, Napoli e tutte le altre».

Molto passa perla collaborazione con i sindaci. Com’è il rapporto con loro?
«Li ho incontrati più volte e da quel confronto hanno poi preso avvio, con il loro contributo essenziale, una serie di azioni per garantire ai loro territori migliori condizioni di sicurezza. Abbiamo realizzato numerose operazioni interforze ad “alto impatto” nelle principali città metropolitane, concentrandoci in particolare presso le stazioni ferroviarie e le aree a maggiore affluenza di persone. Dal 16 gennaio sono stati impegnati in queste attività 21.042 operatori di polizia».

Con quali risultati?
«Risultati concreti e misurabili: 180.466 persone controllate, 457 arrestati, 2.411 denunciati, 519 stranieri espulsi, 275 misure di prevenzione personale adottate. Abbiamo segnali tangibili dei primi effetti positivi che ci incoraggiano a proseguire. Perché se è vero che le statistiche fanno registrare delle flessioni, i reati sono ancora troppi e non dobbiamo sottovalutare la percezione di insicurezza dei cittadini».

Alla percezione di insicurezza contribuiscono i numerosi casi di violenze sessuali denunciati negli ultimi tempia Milano.
«Per effetto dell’intensificazione dei servizi nel quadrante della stazione centrale di Milano, nel primo quadrimestre di quest’anno l’indice di delittuosità è sceso del 3,7% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Le violenze sessuali, in particolare, sono diminuite del 24%. Se poi confrontiamo i primi quattro mesi del 2023 con lo stesso periodo del 2019 – l’anno precedente alla pandemia- la flessione del numero dei reati è del 39%. Ma so bene che, anche se sul piano statistico si attesta un evidente calo dei crimini, a Milano si sono verificati episodi molto gravi, in particolare le aggressioni sessuali che ricorda lei. I cittadini ne sono preoccupati, ma devono avere fiducia nelle istituzioni».

Perché?
«Perché si è riusciti ad assicurare alla giustizia la totalità degli autori di questi gravi episodi. Con l’intensificazione dei servizi, anche se non tutto si riesce a prevenire, gli autori dei reati vengono comunque in poco tempo arrestati e neutralizzati. Proseguendo in questo modo, riusciremo ad ottenere maggiori risultati anche in termini di prevenzione. Siamo di fronte a una sfida complessa che deve essere affrontata ogni giorno con impegno rinnovato e con il coinvolgimento di tutte le istituzioni competenti».

Si poteva e doveva fare di più, come dice Fontana?
«Si deve fare di più. E faremo di più. Ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte, a partire da me e dal mio ministero. Un ruolo determinante lo hanno anche gli enti territoriali, che localmente devono contribuire ad arginare degrado ed emarginazione e tutti i fattori che alimentano i fenomeni criminali. Noi stiamo fornendo loro tutto il nostro sostegno, anche con crescenti risorse finanziarie per la sicurezza urbana».

Il presidente Fontana le ha chiesto di ripristinare i presidi di polizia nei pronto soccorso degli ospedali. Il problema non riguarda solo Milano. È nel suo programma?
«Lo è stato sin dall’inizio del mio mandato e non solo per la Lombardia. Proprio l’altro giorno ho visitato a Lodi un posto di polizia da poco riaperto nel nosocomio cittadino, e abbiamo già riattivato o potenziato presidi di polizia nei principali ospedali di tutta Italia, incrementandoli ad oggi del 50%. Proseguiremo su questa strada e abbiamo approvato una disposizione legislativa che ci aiuterà ad implementare in tempi più brevi queste nostre iniziative. La sicurezza del personale sanitario è fondamentale anche perché concorre ad assicurare il diritto alla salute dei nostri cittadini».

Anche se i reati sono in calo, il fatto che molti cittadini la pensino diversamente è un problema serio per un governo politico. Come pensa di affrontarlo?
«Ho sottolineato io stesso il tema fondamentale della sicurezza percepita. Se qualcuno rinuncia ad uscire di casa per la paura di subire aggressioni, siamo di fronte ad una sconfitta della società e delle istituzioni.
Quindi stiamo lavorando per aumentare la presenza delle forze di 115polizia in tutti i luoghi ad alta frequentazione, convinti che la visibilità delle divise sul territorio contribuisca non soltanto a prevenire i reati, ma anche a rafforzare il senso di sicurezza dei cittadini».

Gli organici attuali delle forze di polizia, per numero ed età media, sono adeguati a questi suoi programmi o servono nuove assunzioni, oltre a quelle previste?
«Per il solo anno in corso il nostro governo ha già finanziato l’assunzione di 6.000 agenti in più nelle varie forze di polizia. Si tratta di uno sforzo importante, ma abbiamo intenzione di investire ulteriormente per incrementare gli organici e assicurare cosi il ricambio generazionale delle nostre forze dell’ordine. Sono già in corso le prime assegnazioni di nuovo personale, che destineremo al potenziamento del controllo del territorio.
Sul fronte della sicurezza sui treni e nelle stazioni, inoltre, si aggiunge il piano del ministro Salvini per assumere nel gruppo Ferrovie dello Stato fino a 4.000 operatori nei prossimi anni». 

Il numero di immigrati senza dimora né lavoro nelle strade italiane è uno dei motivi per cui i cittadini si sentono spesso insicuri. Dall’inizio dell’anno sono sbarcati oltre 45mila immigrati; nello stesso periodo del 2022 erano stati meno di 13mila. Cosa state facendo?
«Viviamo un momento storico di epocali crisi politiche, economiche e sociali che alimentano una spinta migratoria da alcuni Paesi mai vista prima. Con l’ultimo decreto in tema di immigrazione sono state approvate disposizioni che, da un lato, rafforzano i canali di ingresso regolare sul territorio nazionale, anche attraverso sistemi premiali e, dall’altro, potenziano gli strumenti di contrasto all’immigrazione irregolare. Abbiamo inoltre già avviato numerose iniziative con i Paesi di transito e di partenza per arginare gli arrivi irregolari. Ed è chiaro che dobbiamo collaborare con quei Paesi anche perché lì ci sia una concreta prospettiva di sviluppo che renda meno attrattiva la via dell’emigrazione. Anche per questo, oggi sarò in Tunisia, con l’obiettivo di rinsaldare la collaborazione bilaterale».

Siamo sempre in attesa di un piano europeo per impedire le partenze dall’Africa? Perché se è così, rischiamo di aspettare a lungo.
«Certamente questa sfida può essere vinta soltanto in una dimensione europea. Grazie all’impegno della presidente Meloni e del ministro Tajani abbiamo rimesso il tema immigrazione tra i primi punti dell’agenda europea, ottenendo consensi crescenti. Sono processi complessi e talvolta lenti, ma confidiamo che i risultati non tardino ad arrivare.
Il nostro obbiettivo resta quello di fermare gli sbarchi, gli arrivi irregolari e le attività dei trafficanti. In attesa di riuscirci, stiamo lavorando ad una gestione più ordinata degli arrivi, che impatti il meno possibile sui territori».

Non tutti i governatori condividono la vostra linea. Quelli di Emilia Romagna, Toscana, Puglia e Campania non hanno votato l’intesa col governo che delibera lo stato d’emergenza per fronteggiare l’immigrazione.
«Sono procedure che abbiamo proposto a beneficio dei loro territori, mi spiace che non abbiano aderito».

Ha fatto discutere la sua proposta di usare l’intelligenza artificiale e il riconoscimento facciale mediante telecamere nei luoghi pubblici a scopi di prevenzione e di indagine. Pochi gradirebbero l’idea di essere riconosciuti e catalogati in un database mentre passeggiano.
«In risposta a una domanda specifica ho semplicemente rilevato un dato di fatto, ossia le straordinarie possibilità offerte dal riconoscimento facciale sul piano della prevenzione e dell’individuazione di responsabili di reato. E allo stesso tempo ho sottolineato l’esigenza di trovare un punto di equilibrio tra diritto alla sicurezza e diritto alla privacy. Nessuno vuole vivere sotto l’occhio di un “grande fratello”. Il presidio di garanzia della magistratura e delle autorità indipendenti può consentire un utilizzo adeguato e bilanciato di tutte le opportunità che le innovazioni tecnologiche offrono alla sicurezza dei cittadini».

Si è molto scritto dei suoi rapporti con l’ex capo della polizia, Lamberto Giannini. Come stanno le cose tra voi?
«Ho piena stima personale e professionale del prefetto Giannini, del quale ho apprezzato il lavoro svolto in carriera, da ultimo come capo della Polizia. Ora è chiamato a ricoprire un incarico prestigioso come prefetto di Roma, acuitengo molto per averlo svolto proprio io prima di diventare ministro. Il prefetto Giannini, anche in prospettiva, è un’importante risorsa delle istituzioni dello Stato e sono certo che farà la differenza anche in questo nuovo, importante incarico».

Al posto di Giannini, al vertice della polizia è arrivato Vittorio Pisani.
«Persona straordinaria e funzionario di grande esperienza e capacità. La sua storia professionale dice tutto». 

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