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Da Saviano a Rula Jebreal, le "brigate Fabio Fazio" in crisi di nervi

Alessandro Gonzato
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Tremate, tremate, le brigate Fazio sono infuriate. Armate di rabbia fino ai denti. Schiumano. Cariche di accuse e veleni contro il governo. Mitragliano. Ta-ta-ta-ta. Giù le mani dal compagno Fabio. «Esattamente come un estremista rivendica un attentato», spara su Twitter Rula Jebreal, «un ministro e vicepremier della Repubblica rivendica lo spoils system della Rai... Inizia l’era del neo maccartismo, post verità e post vergogna». Matteo Salvini come uno stragista, comunque un oppressore, colpevole d’aver ironizzato sull’uscita dalla Rai del milionario Fazio («Belli Ciao!», rivolto anche a Luciana Littizzetto) che di milioni andrà a guadagnarne un’altra decina in quattro anni a Discovery, su Il Nove per intenderci. Stando ai conti del Codacons, l’associazione che difende i consumatori, il Che tempo che fa di Fazio in cinque anni, di milioni, ne è costato cento, soldi pubblici. Nostri.

 

 

 


LE AVANGUARDIE

Sono oltremodo agguerrite, le brigate F. L’italo-israeliana filo palestinese Rula è stata spesso ospite del programma, dove ha esploso colpi contro i sovranisti, i nemici della democrazia, scariche addosso alle destre, nel mirino nazisti immaginari, fantomatici suprematisti, fascisti su Marte. Rula è solo l’avanguardia. Il capo brigata è Roberto Saviano, che da Fazio è di casa. Mister Gomorra e Cachet. Din-din-din, il rumore dei soldi. Inizia con le armi leggere, lo scrittore napoletano, ma già stravolge la realtà. «Fabio Fazio lascia la Rai», parte sui social. «Non è così: Fazio viene cacciato dalla Rai. Questa è la verità. Fazio in Rai ha sempre svolto il suo lavoro come pochissimi professionisti avrebbero saputo fare». Poi, il maître à penser dei progressisti prende le munizioni di calibro superiore: «Fazio viene cacciato dalla Rai perché del suo spazio questa destra xenofoba ha bisogno. Non per imporre la propria egemonia culturale, ma la propria egemonia. Di culturale questa destra xenofoba», continua Saviano, «non ha proprio nulla. Evidentemente sono state troppe le promesse fatte in campagna elettorale e ora vanno mantenute».

 

 

 

 

Ta-ta-ta-ta. Saviano prende fiato e intanto s’incensa: «Ringrazio Fabio che mi ha consentito di parlare di infiltrazioni criminali nel tessuto imprenditoriale del Nord, di disambiguare la comunicazione che alcuni quotidiani campani, premiati ad Atreju da Giorgia Meloni, fanno, come quando hanno insinuato che Don Beppe Diana fosse stato ucciso perché nascondeva armi (...). Ringrazio Fabio che mi ha consentito di raccontare le prodezze calcistiche di Leo Messi», e insomma altro che Gianni Brera, serviva l’oracolo di Spaccanapoli. «Abbiamo raccontato la storia d’amore tra Mina e Piero Welby affrontando il tabù dell’eutanasia. Miracoli che solo la televisione che adempie alla sua missione può fare». Fazio il Messia. Saviano il missionario di democrazia. Il compagno Roberto passa alle molotov: «Questo governo è il peggio che ci potesse capitare. A Salvini mi sento di dire: non è che, perché uno parla di libri, deve starle per forza antipatico. I traumi personali ognuno deve elaborarli da solo. E, ministro, non immagina nemmeno quante persone “Bella ciao” aspettano di poterla cantare quando presto, per le vostre scelte d’incompetenza, cadrete». L’anatema del Divin Saviano. Attenzione, Fazio che diceva di non voler fare il martire ha cambiato idea: «La politica tutta si sente legittimata dal risultato elettorale a comportarsi da proprietaria nei confronti della cosa pubblica con pochi riguardi per il bene comune e con una strabordante ingordigia», questa l’anticipazione di Oggi in edicola giovedì. «Nessun vittimismo e nessun martirologio: detesto entrambe le forme di autocommiserazione. Non è proprio il caso». Già. Va avanti, Fazio: «Ho sperimentato cosa vuol dire essere usato come terreno di scontro senza alcuna possibilità di difesa se non quella dei risultati del proprio lavoro.

La sensazione di essere merce pericolosa e non una risorsa della propria azienda non è gradevole. Per fortuna incontro ministri ed esponenti di partito solo in trasmissione». Ecco Chiara Braga, capogruppo del Pd alla Camera. Messaggio diffuso a Radio Immagina: «Abbiamo assistito a leggi contra personam per cambiare assetti e guida della Rai. In nessun altro Paese in cui c’è un’informazione libera si assiste a uscite come quella di Salvini». Enrico Letta che dopo aver lasciato la guida del Pd qualcuna ne aveva azzeccata torna all’antico: «Che tempo che fa è stato uno dei migliori prodotti culturali della tivù. La destra al potere che sceglie di privarsi di Fazio fa un danno alla tv, alla cultura e all’Italia».

 

 

 

 

LA RESISTENZA

Per il presidente dell’Anpi (i partigiani) Gianfranco Pagliarulo «il non rinnovo del contratto a Fazio e Littizzetto è l’evidente avvio di una epurazione». Lamentele anche da Giuseppe Conte. Michele Serra apre il fuoco su Repubblica: «La Rai senza Fazio sarà una Rai un po’ meno Rai». «Fabio Fazio ha fatto benissimo ad andarsene, anche per una questione di dignità personale». Ma come? Non era stato cacciato? Serra prosegue: «Da suo amico di lunghissima data è da due mesi che suggerivo caldamente a Fabio di levare il disturbo». Qualche riga prima: «A Discovery troverà un pubblico ringiovanito e un ambiente nel quale si parla del prodotto, non si compulsano ogni mezz’ora gli smartphone per sapere cosa hanno deciso a Roma (...)». Evviva! Finalmente Fazio è libero. Le Brigate non hanno dovuto neanche chiederne il riscatto.

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