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Navalny, ora la sinistra vuole impedire a Salvini di contestare Putin

Matteo Salvini

Corrado Ocone
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È meglio diffidare dei “veri democratici”. Spesso può capitare che in nome della democrazia essi si ergano a giudici, censori, a rigidi interpreti della più antidemocratica delle pratiche politiche: l’esclusione.

Ne stiamo avendo una prova in queste ore ove proprio coloro che si dicono alfieri dell’europeismo e del liberalismo, dichiarati nemici del “sovranismo”, vogliono che la fiaccolata unitaria per Navalny di stasera in Campidoglio tenga fuori chi non è considerato tanto “puro” da essere degno di parteciparvi. A sfoderare le armi è stato per primo il leader di “+Europa”, Riccardo Magi, il quale, credendosi in diritto di dare patenti e certificazioni di dirittura morale, ha protestato contro la partecipazione della Lega alla manifestazione romana, dimenticandosi che il partito di Salvini è al governo di uno Stato democratico e non ha mai fatto mancare il suo appoggio alle scelte di politica internazionale compiute dall’Italia nel quadro dell’Alleanza Atlantica.

Strana e paradossale parabola per chi proviene dalle fila di un partito come quello radicale che si è sempre considerato garantista e libertario. E strana e paradossale l’accusa di ipocrisia rivolta da Magi al leader della Lega. «La fiaccolata per Navalny», ha detto Magi, «non può trasformarsi nel festival dell’ipocrisia delle anime belle della Lega perché per noi di +Europa sarà anche un momento per condannare tutte le ipocrisie, le complicità più o meno oscenamente ostentate come ha fatto e continua a fare la Lega con il regime di Putin».

 

 

GIACOBINISMO - Ora, non è forse l’ipocrisia una categoria morale e non politica, un valore che se trasporato indebitamente nell’agone politico finisce per sfociare nel più pericoloso e antidemocratico dei mali politici: il giacobinismo? E “anime belle” non sono forse proprio quelle che, in nome della “purezza” e del “moralismo”, non applicano proprio quell’etica della responsabilità che sempre dovrebbe accompagnare l’agire politico? A parte il fatto che, a furia di epurare, il “puro” troverà presto sulla sua strada qualcuno che si presenterà come più “puro” di lui e che a sua volta lo epurerà. Spesso però è proprio quella “purezza” una vera e propria ipocrisia, un velo nemmeno tanto sottile che copre interessi molto concreti e certamente “impuri”.

Con che diritto si possono accusare gli altri di giocare più parti in commedia, quando non si è in grado di lanciare la prima pietra sull’altare della coerenza? E ci si può porre su di un piedistallo più alto e da lì includere o escludere a proprio piacimento, o, come in questo caso, escludere in nome di un ideale che a parole si dice inclusivo? La fenomenologia del moralismo e del buonismo è fin troppo conosciuta per insistervi qui ulteriormente. Più interessante è però osservare come alle parole di Magi abbiano fatto subito seguito quelle di Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato, il quale ha non solo rilanciato la conventio ad excludendum del collega ma ha voluto addirittura raddoppiare. Perché escludere solo Salvini e non anche Conte?

Ecco il testo del commovente addio di Yulia Navalnaya, la moglie dell’oppsoitore di Putin ucciso in prigione, postato sui social media: «Tesoro, con te tutto è come in una canzone: tra noi ci sono città, luci di decollo di aeroporti, tempeste di neve blu e migliaia di chilometri. Ma sento che sei vicino ogni secondo e ti amo sempre di più» «Se non vogliamo trasformare un’iniziativa come quella di domani (oggi, ndr) in una fiera dell’ipocrisia», ha affermato Borghi, «occorre che ciascuno si assuma le responsabilità di quello che dice e di quello che fa. Vale tanto per le reticenze e i silenzi imbarazzati di Salvini su Navalny, quanto per Conte che passa le giornate a dire di non inviare le armi in Ucraina invocando non meglio precisati tavoli di pace che Putin non vuole».

 

 

ÉLITE VIRTUOSA - Insomma, la fiaccolata in Campidoglio sembra perdere strada facendo proprio quel valore simbolico di unità democratica che si era riusciti a realizzare. E che lo stesso Carlo Calenda, che l’aveva organizzata, aveva giudicato un «ottimo segnale». Invece di essere soddisfatti di partecipare ad una manifestazione sulla cui piattaforma si è realizzata la massima convergenza, e i nostri apostoli della “vera democrazia” vorrebbero che a dimostrare fossero solo in quattro gatti per poi autoproclamarsi “élite virtuosa” di un Paese che invece sarebbe diventato semifascista. Suona poi abbastanza assurdo, anzi, ridicolo accusare Salvini per quello che diceva anni fa, cioè quando quasi tutti qui in Occidente non avevamo contezza fino in fondo di ciò che fosse diventata la Russia. E quando, anzi, i nostri stessi governi facevano affari, stringevano collaborazioni, omaggiavano, quel Putin che la rivista Time arrivò a proclamare nel 2017 “uomo dell’anno” per aver stabilizzato il proprio Paese (sic!) ed essere diventato l’uomo politico più influente e importante del mondo.

CACCIA ALLE STREGHE - Ed è giusto rinfacciare oggi al leader della Lega il richiamo alla pace e l’invito al realismo politico, intentandogli un processo alle intenzioni e vedendovi dietro chi sa quali reconditi interessi e complicità con l’uomo forte del Cremlino? Non è forse questa una vera e propria “caccia alle streghe” di indubbia fattura illiberale? È veramente triste vedere come gli immoderati” protagonisti di questa vicenda siano gli stessi che si richiamano a un fantomatico futuro “Grande Centro” moderato di cui loro dovrebbero essere gli alfieri. 

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