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Intervista a Matteo Salvini: "Io sto con l'Ucraina. Per guidare la Ue c'è anche la Lega. E ora conosco Giorgia"

Mario Sechi
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In Parlamento si vota la mozione di sfiducia, lui, Matteo Salvini, ministro, leader di partito, nemico pubblico della sinistra, sfodera buon umore. Ha accettato di parlare a tutto campo, senza rete, di questi tempi è un buon segno per un politico di lungo corso.

Davvero il ministro Matteo Salvini è tranquillo?
«Assolutamente, è una giornata piena. Quella di oggi è la rappresentazione plastica della sinistra che vive sulla luna. Stanno cercando quello che non c’è, un processo su un accordo - peraltro negli organismi internazionali da cui i russi erano stati espulsi, dunque avrei collaborato solo con me stesso - che fin dall’inizio della guerra in Ucraina abbiamo detto che era stato annullato. Avevo stima di Putin come uomo di governo fino all’invasione dell’Ucraina? Sì, come ce l’avevano Berlusconi, Renzi, Prodi, come tutti i capi di governo che si sono succeduti. Io Putin l’ho visto una volta nella vita, mentre altri ci hanno fatto accordi commerciali, economici, ripeto, giustamente. Il problema non è il popolo russo, il problema è aver scatenato una guerra senza senso di cui il mondo avrebbe fatto volentieri a meno. Quindi è chiaro che se fino al giorno prima tutti avevano una certa opinione di Putin - e ripeto, altri ci hanno fatto accordi commerciali da miliardi, io ci avevo fatto un accordo culturale - nel momento in cui scateni una guerra passi dalla parte del torto, punto. Non c’è niente da disdire, perché non c’è niente in essere. Altro paio di maniche è, come anche oggi ha ricordato il Santo Padre, lavorare per la fine di questa guerra. Spero che il 2024 in questo senso sia per il bene di tutti l’anno della pace e non dell’inasprimento».

La preoccupano le voci sulle difficoltà crescenti dell’esercito ucraino?
«Organizzo il primo G7 la settimana prossima a Milano, dall’11 al 13 aprile, con americani, britannici, giapponesi e l’invitato esterno è il ministro ucraino delle Infrastrutture, perché il primo punto del dossier sarà la ricostruzione dell’Ucraina. Mentre si discute di mozioni di sfiducia surreali in Parlamento, il pericoloso russofilo Salvini ha invitato il collega ucraino al tavolo con i potenti del mondo per parlare di ricostruzione. E quindi la ricostruzione prevede la cessazione delle ostilità. Spero che arrivi prima e in ogni caso attendo con ansia le elezioni americane di novembre, perché la svolta repubblicana significa un ritorno all’equilibrio, alla moderazione e alla pace. Spero in notizie positive, senza tracolli militari prima di novembre».

Lei è d’accordo con Marine Le Pen che qualche giorno fa ha elogiato la resistenza del popolo ucraino?
«Assolutamente sì, sono d’accordo con Le Pen. Chi viene aggredito ha il diritto e il dovere di difendersi. E a maggior ragione inorridisco quando Macron, per recuperare terreno in Francia (con scarsi risultati), ipotizza l’invio di truppe europee a combattere e morire in Ucraina. Su questo il governo italiano si è espresso chiaramente, penso che agli italiani faccia più piacere l’atteggiamento di Le Pene non quello di Macron».

Sente il suo partito più vicino all’Ucraina rispetto al Pd e ai Cinque Stelle?
(Ride). «Non faccio la morale ad altri. La Lega ha sempre votato tutti i provvedimenti in difesa dell’Ucraina aggredita. Senza però additare l’intero popolo russo come un nemico da abbattere. Un conto sono le gerarchie e i governi, non condivido l’estremismo di quelli che per combattere Putin vietano i balletti, i concerti, boicottano gli sportivi, questo è assurdo».

Dunque l’accordo con il partito di Putin non c’è più.
«Assolutamente. Calenda aspetta la raccomandata con la ricevuta di ritorno, manderò una pec a Putin. $ chiaro che è malafede, come quella di chi ha cercato per anni fondi russi, mai chiesti, né visti né dati».

C’è uno strano clima in Europa, Von der Leyen ha un problema con un’indagine sui vaccini, è tornata anche l’inchiesta sulle influenze russe. Siamo alle grandi manovre prima del voto.
«E una volta tanto noi della Lega non ci siamo. Ci tirano sempre in mezzo in campagna elettorale. A questo giro si saranno distratti...».

Il caso Von der Leyen?
«Il mio no a Ursula von der Leyen non è personale. Penso che in Europa abbiamo perso cinque anni e che non possono essere i protagonisti in negativo a essere i protagonisti di domani. Guardi all’immigrazione (e Von der Leyen si è ricordata di Lampedusa nell’ultimo anno di mandato), agli agricoltori, alle follie green sulla casa. Qualcuno queste cose le ha approvate. Non la Lega. Tanto per fare un esempio: oggi in aula sono intervenuto, c’è un paese membro dell’Unione europea, l’Austria, che blocca gli ingressi al Brennero e mentre Bruxelles se ne lava le mani e rinvia tutto a data da destinarsi, ho promosso un ricorso alla Corte di Giustizia europea contro un paese membro, è la prima volta nella storia».

Come andranno le elezioni europee per la Lega e il centrodestra?
«Sono molto fiducioso, la Lega crescerà. Il centrodestra andrà bene in Italia e in Europa, e la mia impressione è che tutti e tre i partiti cresceranno, perché stiamo lavorando bene. Il mio obiettivo è che tutti insieme andiamo avanti e aumentiamo i consensi. In Europa il clima è positivo in tanti paesi, in Francia, in Austria, in Olanda, in Portogallo, in Germania, è chiaro che c’è un’avanzata, la mia speranza è che nessuno ponga veti. Perché se qualcuno, penso ad esempio a Forza Italia, dice “mai con la Le Pen”, allora ammette di preferire l’accordo con la sinistra e mi sembrerebbe strano».

Il suo rapporto con Tajani resta positivo?
«Sì. Non è una questione personale, ma di prospettiva politica. E' la prima volta nella storia dell’Unione europea che abbiamo l’occasione di essere maggioranza nel Parlamento europeo».

Sta seguendo la parabola di Stellantis?
«Mamma mia. Ringrazio Libero, perché altri mi sembrano smemorati e distratti su un’azienda che agli italiani è costata miliardi. Quanto sia rimasto di italiano è da vedere, la cosa fondamentale è mantenere un piede nel nostro Paese. Sono d’accordo con le politiche del governo».

Porte aperte ad altri produttori di automobili?
«Certamente. Lo vedo dal mio ministero, che fortunatamente attrae l’interesse degli investitori di tutto il mondo. Sul Ponte di Messina abbiamo avuto manifestazioni anche dalla Cina, ma ovviamente io conto sulle potenze occidentali, sulle democrazie, sulle economie di mercato e non su altri. Per esempio, penso che Elon Musk possa dare un contributo fondamentale all’Italia proprio sull’automobile, le connessioni, l’intelligenza artificiale, la ricerca spaziale».

Che impressione le ha fatto Musk?
«Persona affascinante. Perché è arrivato prima di altri, mettendosi in gioco e facendocela. Non entro nel merito del caso Tim, ma da ministro delle Infrastrutture mi farebbe molto comodo avere un soggetto come Starlink nelle aree attualmente sconnesse. Avere uno come Musk che investe in Italia è importante. E per l’Italia è un bel momento».

Musk parla molto di natalità e immigrazione.
«Condivido totalmente quello che dice. E' quello che mi allontana dalla sinistra, il nostro governo vuole aiutare gli italiani a investire sul futuro, chiaro che non vedi i risultati subito, ma i frutti arriveranno. Gli immigrati che vengono per lavorare sono benvenuti, ma non si ripopola l’Italia con barchini e barconi. E non ci devono essere cedimenti culturali, come la chiusura per il ramadan nella scuola. Bene ha fatto il ministro. Musk di questo parla».

Lega. Questione settentrionale. Dicono che l’abbia trascurata, che si sia dimenticato del Nord.
«Oggi è stata calendarizzata l’autonomia, va in aula il 29 aprile. Io ho fatto la mia tessera della Lega nel 1990, 34 anni fa. Dopo tanti coerenti e onesti tentativi, con la secessione, la devolution, il federalismo fiscale, oggi abbiamo un punto importante. Ma la cosa bella è che è vista come un’opportunità anche per il Sud. Non è finita, è l’inizio di un percorso. E uno dei primi dossier che ho trovato sulla scrivania e abbiamo rivitalizzato è quello delle Olimpiadi Milano-Cortina, miliardi di investimenti e milioni di turisti. Anche Umberto Bossi lo diceva, se non cresce tutto il Paese, l’Italia non ce la fa».

Lei si sente in discussione? Ha detto: «Non sono attaccato alla poltrona».
«Io mi sento sempre in discussione. Il giorno in cui mi alzassi senza voglia, senza stimolo, senza entusiasmo, senza sorriso, smetterei. Ritengo di aver fatto e dato qualcosa, di aver commesso sicuramente degli errori, ma ho ben chiaro il ruolo della Lega nei prossimi anni in Italia e in Europa. Poi, detto questo, nella Lega abbiamo 500 sindaci, 100 parlamentari, governatori e ministri in gamba, se domani i marziani dovessero rapirmi, sicuramente il movimento avrebbe chi lo porta avanti. Però non sono stanco, ho entusiasmo e le idee chiare. Certo, alcuni passaggi degli anni scorsi ci sono costati, ma stiamo riuscendo a ottenere di più in questo anno e mezzo con l’8%, con un governo omogeneo e credibile, che non con i grillini quando avevamo il 30%».

Come vanno i rapporti con Giorgia Meloni?
«Bene. Non ci eravamo mai conosciuti e frequentati fino a questo governo, avevamo fatto scelte diverse. Meloni è rimasta all’opposizione e per noi è stato estremamente problematico, ma noi l’abbiamo fatto per non lasciare l’Italia alla sinistra. Detto questo, la frequentazione oggi c’è, non solo a Palazzo Chigi, ci vediamo in altre occasioni, è nato un rapporto diverso. Come accadde con Berlusconi, all’inizio fu diffidente, vide un ragazzo, con jeans, barba e orecchino, non sempre in giacca e cravatta, poi nacque un’amicizia vera».

Le manca Berlusconi?
«Sì, mi manca, ci manca. Oggi sarebbe prezioso per gli equilibri europei, per gli Stati Uniti e la Russia, non dimentichiamo che portò al tavolo Bush e Putin».

Torniamo a Meloni.
«In questo anno e mezzo abbiamo costruito un rapporto di comunanza politica, i destini sono incrociati, perché se va bene lei vado bene io e se vado bene io va bene lei. Diciamo che non sempre alcuni nostri reciproci rappresentanti sui territori sono alimentati dallo stesso spirito di collaborazione. Ma anche oggi su autonomia e premierato, pur venendo da due culture politiche diverse, noi federalisti e loro con un forte senso dello Stato centrale, siamo d’accordo».

Candidature. Il tormentone Vannacci?
«Lo stimo, lo conosco, ne condivido buona parte delle idee e del progetto. Non tutto, mi chiedono se gli omosessuali sono un problema e io rispondo: no, quando mai, siamo nel 2024, sono per la libertà di pensiero, di parola, di impresa e di amore. Ma un uomo del suo valore, linciato dalla sinistra per aver scritto un libro, mi piacerebbe che condividesse le nostre battaglie a Bruxelles, è un uomo libero. Manca ancora qualche giorno al deposito delle liste, sarà un valore aggiunto».

Salvini, ma lei si sente di destra?
«No. Onestamente no. Sono antifascista, sono anticomunista, userei la categoria liberale, ma sono tutte categorie superate. Credo in alcuni valori, la famiglia, la patria, la difesa dei confini».

Colpo di scena in Confindustria: Edoardo Garrone si è ritirato, Emanuele Orsini è destinato alla presidenza. Cosa si aspetta dall’associazione degli industriali?
«Ho apprezzato la scelta di Garrone, che ha preferito l’unità, Confindustria può e deve recuperare centralità. Orsini lo conosco e stimo da anni, è una bella persona, sono certo che creerà una squadra equilibrata, bilanciata come settori e aree geografiche, sarà critico quando serve, ma soprattutto sarà propositivo, da ministro delle Infrastrutture mi fa piacere avere una Confindustria forte».

Piano casa. Dicono che lei voglia fare il Fanfani.
(Risatona) «Magari. Fanfani diede casa a centinaia di migliaia di famiglie. Noi stiamo cercando di sistemare centomila appartamenti. Stiamo lavorando sulle norme vecchie di 50 anni che stanno bloccando il mercato. Domani mattina (oggi, ndr) ho una riunione con tutti i soggetti interessati, dove presenterò alcune proposte - la sinistra farà una polemica gratuita - tra cui la regolarizzazione di tutte le difformità interne delle abitazioni. Riguarda milioni di italiani».

Diranno che è un altro condono edilizio.
«Ripeto la parola: “interne”. Sto parlando milioni di pratiche che bloccano i Comuni, solo a Roma ci sono 150mila pratiche giacenti. “Interne”, chiaro? Chi ha costruito la casa abusiva, gliela abbatti, ma se uno non riesce a comprare o vendere la casa per 30 centimetri di soppalco, bagno o cameretta, ha più senso che paghi per liberare il bene».

Ponte di Messina. A che punto siamo?
«Da lunedì prossimo ci saranno due sportelli informativi per spiegare a tutti come funzioneranno gli espropri. La prima conferenza dei servizi è stata convocata per il 16 aprile. Lascio agli altri le polemiche. Io mi porto dietro due numeretti: 20 miliardi, il valore aggiunto per il Paese Italia; 120 mila, i posti di lavoro diretti e indiretti stimati. Sarà un orgoglio italiano, una grande opera».

Diga di Genova, l’opposizione protesta.
«Su un’opera da loro avviata. Fineremo nei tempi e costi previsti».

Dicono che lei abbia scritto un libro.
«Sì, finora ne ho scritto solo uno otto anni fa, sono più lento di Renzi, ma ci tenevo a raccontare la mia storia, la speranza è di farlo uscire a fine aprile».

Si intitola “Controvento”. Ma sarà anche un libro intimo?
«C’è una persona dietro il ministro».

Tradimento. Perdono. Lealtà. Vendetta. In quale parola si riconosce?
«Vendetta mai. Sono permaloso, ma non vendicativo. Certo, una volta che mi deludi, è molto molto molto difficile riannodare. Ho perdonato, parecchie volte, in politica, in amore, nella vita. Ho tradito, ahimè, capita. Lealtà, è un filo conduttore, se ho sempre la stessa tessera dello stesso partito nella stessa tasca da 34 anni, con gli alti e con i bassi, significa che per me la parola ha un valore. E in questo governo mi trovo finalmente a mio agio».

Confessi. Chi voterebbe alla presidenza della Commissione Ue? Von der Leyen no, l’abbiamo capito. Mario Draghi?
«No, grazie. Ho già dato».

Faccia il nome.
«Non lo dico, lo indagherebbero subito!».

Qual è la persona a cui deve di più?
«Se siamo qui a fare questa intervista, è perché 35 anni fa mi affascinò Umberto Bossi».

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