Le piazze di domani e quelle di dopodomani. Altro che “autunno caldo”, l’opposizione – politica e sindacale - punta a una mobilitazione continua. Dalle proteste pro-Pal e contro la legge di bilancio all’inevitabile referendum contro la riforma della giustizia della prossima primavera. Un passo alla volta: prima del “cessate il fuoco” a Gaza c’erano state le piazze pro-Pal; questa settimana toccherà alla piazza della Cgil contro la manovra economica fresca di presentazione da parte del governo; poi toccherà di nuovo al «grande movimento per la Palestina libera» dell’Usb – quelli dello sciopero generale del 22 settembre - intenzionati a fare il bis a novembre. Non c’è soluzione di continuità tra le sigle politiche e quelle sindacali. Il filo conduttore è la lotta contro l’esecutivo di Giorgia Meloni. Accusato dal senatore del Pd Andrea Giorgis, capogruppo del partito di Elly Schlein in commissione Affari costituzionali, di compiere passi da gigante nientemeno che «verso la democrazia totalitaria», quella «secondo cui chi vince può tutto». Già sottosegretario alla Giustizia, Giorgis usa questa espressione per anticipare la mobilitazione del Pd in vista del referendum contro la separazione delle carriere e la riforma del Csm.
Ai dem serve cavalcare l’onda lunga delle proteste nelle piazze per sperare di spuntarla in primavera. E qui entrano in ballo i sindacati e la loro agenda di mobilitazioni. Il primo step lo compirà, sabato prossimo, la Cgil di Maurizio Landini. A Roma, con concentramento alle ore 13,30 in piazza della repubblica, è in programma la manifestazione nazionale su “democrazia al lavoro”. Dentro c’è un po’ di tutto, basta dare un’occhiata alla piattaforma di rivendicazione: «Per aumentare salari e pensioni»; «per dire no al riarmo»; «per investire su sanità e scuola»; «per dire no alla precarietà»; «per una vera riforma fiscale». La destinazione finale del corteo sarà piazza San Giovanni, dove prenderà la parola Landini. «Mobilitiamoci per la pace e per un modello di sviluppo sostenibile. La strada intrapresa dal governo peggiorerà le condizioni di vita e di lavoro della stragrande maggioranza delle persone», sostiene il “sindacato rosso”. Landini, che a proposito di toni da abbassare è reduce dall’appellativo di «cortigiana» rifilato alla premier Meloni, ha un obiettivo ambizioso: «Saldare la lotta al riarmo» – fronte estero col traino pro-Pal – «con quella per il lavoro» (blocco tradizionalmente sindacale in tempi di manovra finanziaria).
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Un paio di giorni fa Giancarlo Giorgetti ha detto di credere ai miracoli. Il termine è forse un po’ esagera...In questo percorso, però, deve guardarsi dalla concorrenza dell’Usb, il sindacato di base che gli ha rubato la scena con lo sciopero generale dello scorso 22 settembre. E che a tornare nelle retrovie non ci pensa proprio. Sabato 1° novembre, una settimana dopo lo show della Cgil, i delegati dell’Usb riuniranno l’assemblea nazionale a Roma per mettere a punto le prossime mosse. Parole d’ordine: «Contro la finanziaria di guerra, verso un nuovo sciopero generale». Agitazione che il sindacato nelle scorse settimane ha promesso di proclamare «senza preavviso». Anche in questo caso c’è un filo rosso che collega la protesta per Gaza con quella contro «la legge di bilancio che il governo Meloni si prepara a votare», accusata di essere «fortemente influenzata dalla scelta di alzare clamorosamente la spesa militare, acquistare e produrre nuove armi, investire nella conversione del sistema produttivo all’industria di guerra».
La piattaforma di rivendicazione è fatta apposta per far salire ulteriormente la tensione: «L’Unione sindacale di base si prepara a promuovere una nuova stagione di lotta in tutto il Paese per fermare questa folle corsa al riarmo». Le piazze pro -Pal sono state solo la prova generale. Premessa: «Il grande movimento per la Palestina Libera e contro lo Stato terrorista di Israele ha scosso il Paese e gli scioperi del 22 settembre e del 3 ottobre hanno dimostrato che il movimento dei lavoratori quando si mobilita su obiettivi chiari può cambiare il clima generale». Da qui l’annuncio dell’allungamento della «lotta. Non dobbiamo abbassare la guardia». L’obiettivo è Palazzo Chigi: «La Palestina è stata la miccia, il problema che abbiamo si chiama Governo Meloni». Nell’attesa, venerdì prossimo, a partire dalle ore 18, i militanti di “Blocchiamo tutto per cambiare tutto” proveranno a raggiungere la Festa del cine madi Roma- partendo da piazza Verdi- «per bloccare l’ambasciata israeliana e dire chiaramente che vogliamo l’espulsione immediata dell’ambasciatore dalla nostra città e dal nostro Paese». L’intento è quello di supportare «il boicottaggio d’Israele al Festival. Israele continua a rappresentare uno Stato terrorista e pericolo per il mondo, oggi è necessario continuare a mobilitarsi, bloccare ancora il paese e portare avanti la lotta».