Povera Schlein, da lunedì sera avrà qualche problema in più, perché neanche stavolta le riuscirà la spallata al governo Meloni. Sognava il 5 a 1, poi ridusse le sue pretese al 4 a 2, ora sarà grasso che cola se porterà a casa un pareggio 3 a 3. La sfida delle Marche sarà stata quella decisiva a consentire al centrodestra di uscire indenne da un assalto politico-mediatico di rara potenza. Hanno tentato di tutto per vincere a sinistra, ma finora hanno tenuto solo in Toscana, con la coalizione di governo vittoriosa anche oltre le Marche con Acquaroli, come ha dimostrato la Calabria, dove la sinistra sognava invano di far fuori Occhiuto.
Domenica prossima si profila l'affermazione del successore di Zaia in Veneto, il giovane Stefani della Lega, e poi ci sono le partite di Puglia e Campania (quest'ultima abbastanza combattuta nelle ultime previsioni della vigilia). Ma se anche l'opposizione si affermasse nelle due regioni del sud, tutto finirebbe in parità. Tanti strilli per nulla. Eppure, Elly Schlein tenta gli ultimi colpi al megafono della propaganda rossa: «Dalle Regioni partirà il riscatto di un'Italia che vuole finalmente mandare a casa questo governo». Lo vede solo lei.
Schlein, il retroscena: "L'ha presa come una imboscata", qua esplode il Pd
Nella vita ma soprattutto nella politica il problema sono sempre "gli amici", più che i nemici. E infat...Ma le cose stanno molto diversamente. Anzitutto per le divisioni interne al Pd, che emergono ogni giorno di più. L'ala riformista non è più disponibile a farsi logorare, facendosi mettere in ombra ovunque. Nell'unica regione conquistata finora in questo turno elettorale, la Toscana, si è manifestata una leadership abbastanza prepotente che ha messo in secondo piano le componenti non allineate nel partito. Resta anche il fatto di non avere comunque candidati propri nelle varie regioni, il che pone la Schlein in difficoltà su quest'altro versante. Un gran pasticcio, insomma, in cui si alimenta la confusione.
Poi, la politica delle alleanze. Quella con le Cinque stelle non funziona come Elly sperava. Troppi flop nel territorio da parte pentastellata minano ogni possibilità di vittoria ed emerge come l'elettorato postgrillino non sia affatto entusiasta di dover votare assieme al Pd. E infatti, aldilà dei proclami di vittoria che servono solo per la vigilia, proprio la segretaria dem ha dovuto ammettere che «le regioni non saranno un test nazionale» ma che «ogni regione fa storia a sé». Così limitando la retorica di una “vittoria nazionale” come trampolino, perché potrebbe non esserci un effetto sistema: vincere alcune regioni non significa automaticamente avere un'onda nazionale.
Probabilmente, nel cerchio magico del Nazareno si riflette sui commenti di molti osservatori che percepiscono una leadership debole o troppo “ideologica”. L'agenda di Schlein è sempre più virtuale. E questo succede proprio perché le ricette dem non risultano affascinanti per l'elettorato. Se le parole d'ordine sono sempre le stesse; se si continua a negare la bontà delle politiche di governo in campo economico; i cittadini se ne accorgono. Non c'è un'alternativa chiara neppure per quanti possono essere scontenti del governo e si rifugiano più nell'astensione che tra le braccia della Schlein. Tipico dei messaggi programmatici che cadono nel vuoto per assenza di concretezza.
E non sarà certo casuale che anche tra i sostenitori disponibili verso la sinistra, si affacci piuttosto la leadership di Giuseppe Conte rispetto a quella naturale della segretaria dem. Insomma, siamo di fronte ad un ribaltamento dei ruoli, un po' più di un anno dalle elezioni politiche. La rivincita sperata non porta frutti a quella che sembrava la naturale aspirante alla premiership, che rischia di vedersi scippare il bottino dall'alleato-rivale. Ma è anche conseguenza di una politica massimalista che ha finito per allontanare gli elettori da sé.




