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Pd e tangenti, l'inchiesta nel Lazio che scuote il partito

di Daniele Priorigiovedì 4 dicembre 2025
Pd e tangenti, l'inchiesta nel Lazio che scuote il partito

3' di lettura

La Procura di Roma indaga su finanziamenti illeciti al Partito Democratico del Lazio. Torna così nell’occhio del ciclone il sistema di potere (tutto di centrosinistra) che per quasi vent’anni ininterrotti, a Roma, ha guidato la Regione. A finire nel mirino è in primo luogo il partito oggi guidato da Elly Schlein che nel Lazio, dove tuttora il Pd governa la Capitale, ha avuto come ultimo segretario, nel decennio di Nicola Zingaretti a capo della giunta regionale, il defunto senatore Bruno Astorre, morto suicida nel marzo 2023, esattamente un mese dopo le elezioni perse dal centrosinistra che hanno visto alla Pisana il cambio di maggioranza. Tragico epilogo tuttavia in nulla collegabile con le vicende oggetto dell’inchiesta.

A finire sotto la lente dei magistrati sono in particolare fondi legati alla gestione di appalti pubblici. Unico destinatario delle indagini al momento, stando a quanto riportato ieri dal quotidiano La Repubblica, sarebbe l’imprenditore Mirko Pellegrini, famoso a Roma e dintorni con l’emblematico soprannome di Mister Asfalto. Secondo l’accusa, sostenuta dal pm Lorenzo Del Giudice, Pellegrini avrebbe foraggiato per anni l’area dem laziale con una pioggia di denaro quantificabile in 300mila euro in nero, questa la cifra che emerge dalle carte degli inquirenti.

Sempre secondo la ricostruzione della Procura, il sistema era rodato: controlli alleggeriti nei cantieri, fatture gonfiate, flussi di denaro che si smaterializzavano tra società collegate e pagamenti mascherati. Il tutto per generare un fondo cassa da “girare” poi ai vertici dell’area dem di Roma e del Lazio. Un do ut des tale da creare un clima di mutua convenienza che, per i magistrati romani, garantiva all’imprenditore un clima assai favorevole negli appalti pubblici. Tanto che non si esclude il coinvolgimento nell’inchiesta di funzionari di aziende regionali o dello stesso Campidoglio.

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IL MECCANISMO
Il meccanismo, infatti – a quanto si legge - sarebbe andato avanti per anni. Dietro la patina burocratica, spiegano gli investigatori, corroborati dal nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme Gialle, si nascondeva un sistema privo di trasparenza basato su costi che lievitavano, su lavori spesso più di un passo dietro la regolarità e non da ultimo su una rete di contatti politico–amministrativi capace di aprire porte e chiudere occhi. Gli inquirenti, forti anche di intercettazioni e documenti contabili, parlano di una «catena di passaggi finanziari» studiata per far perdere le tracce sulla provenienza del denaro e sulla sua destinazione finale, fino a condurre a figure vicine all’area politica di riferimento. Che il Pd a Roma e nel Lazio sia da sempre un partito pieno di correnti e malevoli spifferi, lo ricordano certamente anche storie recenti come quella legata ad Albino Ruberti, altro gran commis del potere capitolino (dal 1998 al 2017 a capo della potentissima Zètema, municipalizzata romana che si occupa di eventi culturali, poi a capo del gabinetto di Zingaretti, quindi del sindaco Gualtieri). Vicenda che, sempre in prossimità di un turno elettorale particolarmente sfortunato per il centrosinistra, le ultime elezioni politiche, nel bel mezzo dell’estate del 2022, fece sospettare autentiche faide anche violente interne al Partito Democratico di Roma.

Salta alla memoria il video (senza ulteriori compromissioni giudiziarie) in cui l’allora city manager del Campidoglio rivolgendosi a un altro esponente del Pd, Francesco DeAngelis e al fratello di quest’ultimo li intimava con parole non proprio di zucchero. «Vi dovete inginocchiare a chiedere scusa, o vi sparo».

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LA SCENEGGIATA
Una sceneggiata nella quale rimase coinvolta, nel ruolo di fallita paciera, anche la moglie di Ruberti, la consigliera regionale eletta nel Pd a Frosinone, Sara Battisti. Lite che se da un lato ha portato alle dimissioni dell’allora capo di gabinetto dagli uffici del Campidoglio, dall’altro, non avendo avuto ulteriori conseguenze, fu derubricato a “scazzo” tra tifosi delle due opposte sponde capitoline. Fatto sta che, giusto un anno fa in autunno, ad appena due anni dalla celebre lite, Ruberti in seguito al mini-rimpasto della giunta Gualtieri è tornato a varcare le porte del palazzo senatorio, riprendendo il suo ruolo fiduciario nello staff del sindaco. Ora non resta che vedere quante e quali direzioni prenderà la nuova inchiesta sul Pd del Lazio, da sempre un reticolo a maglie fitte nelle quali, per chi frequenta quegli ambienti, specie ai vertici, resta difficile non restare impigliati.

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