Ogni promessa è debito; quelle del Movimento Cinque Stelle sono un moltiplicatore di debiti. L’aveva promesso: il reddito di grillanza, non è voto di scambio, solo onore alla parola data. Dalla Toscana alla Campania, a ciascuno secondo il bisogno. Se Eugenio Giani se la caverà staccando per nove mesi massimo assegni da 500 euro a undicimila bisognosi del Granducato, per il suo neo eletto collega partenopeo l’impresa sarà proibitiva.
La Campania fa oltre cinque milioni di abitanti, il 43% dei quali è vulnerabile, secondo il dossier della Caritas. Quando il reddito di cittadinanza è stato tolto, dal governo del centrodestra, la regione attualmente amministrata da Roberto Fico faceva la parte del leone: riceveva il 28% dei trattamenti, con circa 700mila beneficiari, diretti e indiretti. Un costo per lo Stato di due miliardi e mezzo, a fondo perso visto che i famosi navigator non sono riusciti a immettere nel mercato del lavoro praticamente nessuno dei percettori. Dove troverà il governatore i soldi per mantenere la sua promessa?
La risposta è semplice e drammatica. Il governatore proverà a fare le nozze con il fico secco. C’è chi giura che, per finanziare il reddito di grillanza partenopeo, saccheggerà i fondi di coesione europei assegnati alla sua terra: dovrebbero servire da investimento, come leva per far decollare l’economia, saranno spostati sull’assistenzialismo, della popolazione e della politica grillina, che di questo vive parimenti ai poveri. D’altronde, non stiamo parlando del partito della decrescita? Ma anche questa è in fondo un’ipotesi ottimistica.
Se si torna indietro a quello che disse appena eletto Fico, tremano i polsi. «Ci opporremo in tutti i modi all’autonomia», tuonò. Atre settimane di distanza, è lecito il dubbio: non è che il bellimbusto vagheggia di farsi pagare il reddito di grillanza campano dallo Stato, ovverosia dai soldi delle tasse delle altre Regioni? I grillini in fondo sono così: uno vale uno, e il solito fesso paga per tutti.
Le disgrazie comunque non vengono mai da sole. Il barbuto Che Guevara di Posillipo si è appena riservato la delega sulla Sanità e l’Agenas, l’agenzia che valuta i servizi ospedalieri territoriali, ha appena fatto sapere che 51 strutture campane non garantiscono un’assistenza sufficiente ai pazienti e che la sua regione è quella messa peggio. Per onestà, bisogna aggiungere che altre cinquanta strutture sono state invece giudicate di alto livello. Tempo al tempo: il dottor Fico le farà declassare in un batter d’occhio, non potendo alzare lo standard delle altre. Peraltro nel settore si annuncia una guerra civile nel campo largo. Prima di lasciare, Vincenzo De Luca ha blindato la sanità con nomine di sua strettissima fiducia. Fico o farà il burattino o andrà allo scontro, che in una zattera che fa acqua come la sanità campana, significa andare al naufragio.
SPRECOPOLI
La fortuna del centrosinistra è che gli effetti degli strampalati governi regionali del campo largo, appena eletti, non si saranno dispiegati in tutto il loro disastro quando si andrà al voto per le Politiche. Le prime mosse però suonano sinistre, e non solo per la partigianeria. Governare con M5S comporta decisioni irresponsabili e che, sfasciando i conti, distruggono anche il tessuto sociale che le elargizioni grilline millantano di voler rafforzare. Matteo Salvini lo capì e appena possibile provò a far saltare Giuseppe Conte e riportare l’Italia al voto. Le manovre del Pd tennero in piedi l’avvocato del popolo. Per tornare nei palazzi del potere, i dem hanno venduto l’anima ma soprattutto svenduto i denari pubblici al peggior offerente. Dal grande, 230 miliardi di super bonus truffe comprese, al piccolo, il bonus perfino per comprarsi un monopattino: dove sono passati gli unni pentastellati sono rimaste solo macerie.
Ricacciati nelle Regioni tradizionalmente rosse, i grillini sono tornati a imperversare e devastare le finanze. Il dem Giani, che governa una regione relativamente ricca, è riuscito a contenerli. Ma chi fermerà Fico prima che sia troppo tardi?




