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Più qualità di vita per i pazienti talassemici ed emoglobinopatici

Nasce una scuola di Alta Formazione sulle emoglobinopatie e la talassemia, esempio di collaborazione virtuosa tra la comunità scientifica e Novartis: obiettivo degli esperti, formare una nuova generazione di professionisti

Maria Rita Montebelli
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La qualità di vita dei pazienti talassemici passa non solo dall'evoluzione dei trattamenti ma anche dalla formazione multispecialistica dei medici e dal consolidamento della rete dei centri di cura. In occasione della Giornata mondiale della talassemia, che si celebra l'8 maggio, alla Triennale di Milano specialisti in ematologia e pediatria hanno fatto il punto sullo stato dell'assistenza e sulle prospettive di cura, condividendo, come obiettivo prioritario, la necessità di fornire una formazione avanzata e specialistica nella prevenzione, nella diagnostica, nel trattamento e nella gestione delle emoglobinopatie, con un focus sulla talassemia. Per questo partirà a giugno la prima Scuola di Alta formazione sulle Emoglobinopatie (Masterclass Management of Hemoglobinopathies), un percorso Masterclass che ha ottenuto il patrocinio di SITE (Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie), AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica) e realizzato con la collaborazione scientifica e didattica di SDA Bocconi. Il Masterclass, organizzato da Edra, coinvolgerà 20 medici e sarà tenuto da una faculty di docenti che operano nei migliori centri italiani per la cura delle emoglobinopatie oltre che da docenti di SDA Bocconi che hanno un expertise specifico in management sanitario. A rendere possibile l'iniziativa Novartis, azienda farmaceutica protagonista nell'area della talassemia, patologia per la quale ha contribuito alle importanti evoluzioni delle terapie negli ultimi anni. Le sindromi talassemiche rappresentano una parte consistente tra le forme di anemia ereditaria e sono legate a difetti di produzione delle catene globiniche che costituiscono l'emoglobina. Si dividono in due gruppi: Alfa e Beta talassemie, dal nome delle due catene proteiche dell'emoglobina che possono essere affette dall'errore genetico. Sono diffuse in tutto il mondo, in particolare nel Sud Est asiatico, in Medio Oriente e nelle zone del Mediterraneo. L'Italia è inclusa tra le zone ad alta prevalenza, in particolare le isole e le aree costiere, a cui si aggiunge la Grecia e in parte minore la Spagna, anche se lo scenario epidemiologico sta cambiando a causa delle recenti migrazioni. Nel bacino del Mediterraneo è più diffusa la beta talassemia, che si manifesta già nel primo anno di vita. Per il trattamento della patologia, che in Italia conta circa 6 mila pazienti con talassemia severa e che ancora necessitano di trasfusioni, risulta innanzitutto fondamentale un percorso multispecialistico. I medici specializzati, in un futuro prossimo necessiteranno quindi di una formazione che risponda appieno alle necessità del paziente e che non risulti frammentaria, come invece spesso accade. Ne parla il professor Antonio Piga, professore di Pediatria all' Università degli Studi di Torino: “L'obiettivo che ci siamo posti con il progetto del Masterclass non è dare informazioni sulla patologia, quanto fornire in modo trasversale tutti gli strumenti necessari e dotare i discenti di un quadro uniforme su tutti gli aspetti da tenere in considerazione nella cura del paziente. Inoltre, l'esperienza dei colleghi coinvolti nella faculty della scuola di alta formazione ci permetterà di spiegare in che modo affrontare le varie sfaccettature della patologia senza necessariamente essere degli esperti in tutte le specialità. Sapremo fornire tutti i tasselli del mosaico per la gestione di ciascun paziente, che va considerato nella sua unicità”. Le terapie negli ultimi quindici anni si sono evolute e sono state introdotte nuove soluzioni. Oggi si guarda al futuro. “Le forme più gravi di talassemia richiedono trasfusioni di sangue che però comportano un accumulo di ferro negli organi e necessitano di una terapia ferrochelante attraverso la quale si può rimuovere il ferro in eccesso accumulato negli organi – spiega la professoressa Maria Domenica Capellini, professore di Medicina Interna, Università degli Studi di Milano e Responsabile Centro di malattie rare Fondazione IRCCS ‘Ca Granda' Policlinico Milano -.  Fino a 15 anni fa c'era un solo farmaco ferrochelante disponibile e che per essere efficace doveva essere somministrato con una pompa sottocute per otto/dieci ore al giorno tutti i giorni. Negli ultimi dieci anni sono stati introdotti i chelanti orali che hanno migliorato l'aderenza alla terapia. Altro aspetto innovativo e salvavita è rappresentato dal trapianto di midollo e la terapia genica. In Italia la situazione è migliore rispetto ad altri Paesi, grazie al contributo fornito dai pediatri a partire da anni '80. Oggi però va ravvivata l'attenzione su queste patologie: è necessario proseguire l'aggiornamento ed è fondamentale la formazione di giovani medici che siano pronti a raccogliere il testimone degli specialisti che si sono occupati di queste patologie per anni”. Al centro rimangono i bisogni del paziente, la loro necessità di continuare a fare progetti nonostante la malattia e poter continuare a lavorare migliorando qualità e aspettative di vita. La maggior parte dei pazienti si aspetta di avere farmaci siano sempre più efficaci, sicuri e con minori effetti collaterali e di potersi rivolgere a centri di cura specializzati. “In Italia 10mila persone soffrono di emoglobinopatie e circa il 10% della popolazione italiana è portatrice sana di anomalie dell'emoglobina – aggiunge il professor Gian Luca Forni, responsabile del Centro della Microcitemia e delle Anemie Congenite dell'E.O. Ospedali Galliera di Genova e presidente SITE – Queste patologie hanno una richiesta sanitaria importante, perché, grazie alle nuove terapie, il tasso di sopravvivenza è cresciuto e l'età dei pazienti è sempre più alta. Per questo necessitano di una rete di centri di riferimento anche per la prevenzione e la gestione delle complicanze e che possano fornire un supporto continuo. La rete esistente negli ultimi anni ha perso vigore e va alimentata: l'Italia è infatti il Paese con la migliore gestione del paziente nel mondo, ma questo primato va mantenuto e il background degli specialisti va trasmesso per la formazione di una nuova generazione di specialisti; è questo l'obiettivo del Masterclass”.  Il professor Forni evidenzia anche l'importanza di conoscere e trattare le falcemie, emoglobinopatie che possono provocare crisi dolorose e si differenziano per caratteristiche di tipo qualitativo (globuli rossi a forma di falce): sono diffuse in Italia ma anche nei Paesi Sub Sahariani. “Nei prossimi giorni verrà pubblicato un press release della rivista scientifica Blood su uno studio di un team italiano che riguarda l'importanza della diagnosi precoce di questa patologia, anche a fronte dei recenti fenomeni migratori”, conclude Forni. “L'impegno di Novartis nelle emoglobinopatie – sottolinea la dottoressa Carina Fiocchi, Therapeutic Area Head della direzione medica di Novartis Oncology Italia - si è concentrato da anni, insieme alla comunità scientifica, nella ricerca di soluzioni terapeutiche innovative che potessero rispondere alle necessità dei nostri pazienti in un contesto in continua evoluzione. Questo impegno continua e oggi Novartis riconferma la sua presenza accanto alle principali Società Scientifiche nel percorso multidisciplinare di cura di queste patologie, per consentire a ciascun paziente di vivere al meglio il presente guardando anche al proprio futuro”. “Novartis è presente nel settore delle emoglobinopatie da decine di anni, periodo nel quale è aumentata, fortunatamente, la sopravvivenza dei pazienti, grazie all'eccellente lavoro dei clinici e grazie alla presenza, in Italia, di grandi scuole che si occupano di queste patologie – conclude il General Manager Oncology di Novartis Italia, dottore Luigi Boano - Allo stesso tempo l'azienda ha portato nuove soluzioni terapeutiche per questi pazienti, le cui esigenze sono evolute nel tempo: ad esempio oggi è necessario gestire anche le comorbilità che insorgono nel tempo. Per questo Novartis sostiene il progetto con l'obiettivo di rispondere alla necessità di formare nuovo personale specializzato sempre più vicino alle esigenze dei pazienti, guardando al futuro e fornendo da subito risposte tangibili”. (EUGENIA SERMONTI)

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