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Quando andare in coma ti può salvare la vita: tutto ciò che non sapevate. E sul risveglio...

Davide Locano
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Su dieci pazienti ricoverati nei reparti di Rianimazione, almeno cinque o sei vengono posti in una condizione di coma farmacologico, ovvero in un coma provvisorio, indotto artificialmente con potenti farmaci a dosi controllate, per mettere a riposo il cervello e favorirne il recupero. Nel caso specifico infatti, si tratta di un coma "artificiale" e soprattutto reversibile a comando, provocato dai medici su un malato ancora cosciente o già incosciente, per addormentarlo profondamente, ridurre le risposte riflesse allo stress, la sensibilizzazione al dolore, diminuendo quindi l' attività dell' encefalo e dell' intero organismo, allo scopo di accelerare e migliorare la ripresa da una serie di lesioni. Il coma farmacologico si rende necessario infatti per proteggere il cervello, riducendo il suo metabolismo ed il suo consumo di ossigeno in caso di lesioni estese, di ustioni, di shock settico, di avvelenamenti e traumi cranici o fisici, e si induce come ultima risorsa solo in caso di assoluta assenza di risposta ai trattamenti farmacologici che non hanno generato miglioramento delle condizioni generali, oppure se queste sono state fin dall' inizio giudicate gravissime. Leggi anche: Invidia, ecco perché è il motore del mondo Dopo gravi traumi infatti, può non essere ottimale, dal punto di vista clinico e terapeutico, avere un organismo molto attivo che consuma energie vitali, e quindi si "addormenta" il paziente con farmaci ipnotici, quali barbiturici (pentobarbital o tiopental sodico), benzodiazepine o Profonol, in aggiunta ad analgesici oppiacei quali la morfina o il fentanyl, allo scopo di spegnere la sofferenza del dolore, sia che si tratti di traumi diffusi o di patologie cardiorespiratorie, e maggiormente se si è in presenza di lesioni cerebrali più o meno gravi. Il trattamento che si effettua in pratica è lo stesso di quello che si adotta per l' anestesia generale durante gli interventi chirurgici per causare sedazione ed incoscienza, e, come questo, è eseguito esclusivamente da anestesisti-rianimatori e neurologi esperti specialisti del settore. IL RISVEGLIO Durante il coma indotto, i barbiturici somministrati provocano quindi una riduzione dell' attività elettrica del cervello, del suo metabolismo e della sua richiesta di ossigeno, ed i pazienti vengono monitorati e valutati costantemente, 24 ore su 24 dai sanitari specialisti, i quali sono gli stessi che, allorquando certificano un miglioramento delle condizioni generali, riducono gradualmente i farmaci in atto somministrati, fino a far riprendere coscienza al paziente e quindi risvegliarlo. Il coma farmaceutico è lo strumento di depressione della coscienza ormai utilizzato in tutto il mondo, che ha radicalmente cambiato la prognosi di milioni di pazienti che arrivavano negli ospedali in condizioni gravissime o disperate, riducendone in modo importante la mortalità, e spesso ottenendo un recupero completo delle condizioni di salute, anche se comunque può verificarsi un danneggiamento cognitivo o mnemonico dopo l' uscita dal coma, di certo non imputabile alle terapie. Se infatti la causa per la quale un soggetto viene messo in coma è una lesione del cervello, anche se la ripresa fisica è totale, si può perdere il ricordo del momento del trauma, non averne più memoria, mentre se il coma viene attuato per altre patologie extracraniche, non stupisce che, una volta cessato l' effetto dei farmaci, ricompaia quella memoria che sembrava dimenticata, anche se ciò non si avvera regolarmente e, a causa dell' effetto ipnotico dei farmaci, dopo il risveglio molti riferiscono di essere stati vittime di incubi ed allucinazioni. Tutti i pazienti in coma indotto respirano con l' aiuto di un supporto per la respirazione (ventilazione meccanica) e vengono nutriti attraverso un sondino naso-gastrico, e la durata del coma varia da caso a caso, e dipende ovviamente dalla gravità della situazione che ne ha richiesto il ricorso, mentre la decisione di risvegliare il malato viene presa quando si ritiene che la patologia sofferta sia migliorata a tal punto che il coma indotto non sia più necessario. LA RIABILITAZIONE Se il coma è stato di lunga durata, spesso è necessario ricorrere ad interventi riabilitativi sia fisici (fisioterapia) che psicologici (psicoterapia) in quanto il buco mnemonico subìto spaventa sempre pazienti e familiari. Diverso è il caso dello svezzamento dalla sedazione in seguito a lesioni cerebrali gravi e accertate, per le quali sono necessarie anche settimane per ottenere il risveglio in modo graduale, e la valutazione dei danni neurologici e delle eventuali possibilità di recupero, possono essere fatte solo a paziente vigile e "sveglio", il quale dovrà seguire poi un programma di neuro-riabilitazione. Naturalmente non tutti i danni cerebrali sono curabili, guaribili ed a portata di riabilitazione, ed è meno probabile recuperare un danno cerebrale quando la lesione è estesa, o quando interessa aree decisive per il corretto funzionamento del cervello, ed i più problematici sono i danni estesi che colpiscono il tronco encefalico o la corteccia cerebrale, le aree deputate alla coscienza e alla relazione con il mondo esterno, (come accaduto per esempio al campione del mondo Michael Schumacher). Per tali motivi è comprensibile la cautela dei medici sul futuro di qualunque paziente traumatizzato al cranio, perché solo al termine della sedazione, una volta cioè esaurita l' effetto dei sedativi e degli ipnotici, si può fare una valutazione neurologica attendibile, chiara e precisa, si possono vedere i reali effetti di quel trauma sul sistema nervoso centrale, sullo stato di coscienza ed osservare come quel malato risponde agli stimoli, oppure non risponde affatto. di Melania Rizzoli

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